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Non appena si toccano
alcuni nervi scoperti, connessi agli interessi più che ai valori delle forze
politiche di maggioranza, è inevitabile l’incrinatura del faticoso equilibrio su
cui regge il governo dei tecnici.
È emersa netta nei giorni scorsi, quando un inopinato incontro tra il ministro
della giustizia Severino con Bersani e Casini, aveva fatto sorgere il dubbio di
accordi privilegiati a possibile danno del Pdl.
Aver aggiunto il rischio di dover affrontare questioni collegate a frequenze e
nomine RAI, ossia il cuore del conflitto di interessi irrisolti del Cavaliere,
non poteva sfociare che nella rinuncia del giovane Alfano a partecipare
all’incontro dei tre capi partito con il presidente del consiglio.
Sono i primi scricchiolii di una maggioranza tenuta insieme dall’emergenza
economico finanziaria la cui durata, ahimè, è destinata a protrarsi ben oltre il
termine di questa legislatura.
Un debito pubblico astronomico cresciuto di quasi 600 miliardi di euro dal 2000
che ha segnato un aumento del 46% in una decade.
Nel 2011, nonostante tre manovre correttive (due del governo Berlusconi e una
del governo Monti) , il debito ha continuato ad aumentare rispetto alla fine del
2010 di 55 miliardi di euro.
Uno studio della casa d’analisi Mazziero Research, “Italia 2011”, ha calcolato
il peso del fardello dei conti pubblici italiani: 31.190 euro per ciascun
abitante, compresi “i 4 milioni e 895 mila stranieri che vengono comunque
inclusi in questo calcolo”.
Per essere precisi anche sul piano delle responsabilità, lo stesso studio
evidenzia che il 43,5% del debito si è formato nel corso della Prima Repubblica,
sino all’insediamento del primo governo Amato del 1992, mentre il restante 56,5%
“è frutto della Seconda Repubblica”.
E, d’altronde, gli impegni assunti con la firma del patto fiscale europeo nei
giorni scorsi a BXL da parte del Presidente Monti, costringeranno l’Italia a
continue manovre correttive per quasi 50 miliardi di € all’anno per almeno i
prossimi 10-15 anni!
In queste condizioni e con i partiti totalmente allo sbando, tanto sul piano
della rappresentanza degli interessi che su quello dei valori, non potevano che
assumere la guida formale del governo i cosiddetti “tecnici”, molti dei quali
divenuti oggetto delle attenzioni interessate dei vecchi capi partito.
La crisi economica e finanziaria e la conseguente crisi sociale accompagnata da
fenomeni diffusi di ribellismo, fortunatamente ancora non strutturati in maniera
sistemica, sta alla base di un’anomia politica, culturale e morale, di rara
gravità.
È tempo di ricomposizione nella rappresentanza degli interessi e dei valori. Si
tratta di superare le frammentazioni di potere e delle istituzioni che si sono
create tra la prima e la seconda repubblica, attraverso una rifondazione
costituzionale che richiederà inevitabilmente un governo politico di larghe
intese.
È tempo di ricostruire una presenza politica di ispirazione democratico
cristiana al nord e al centro-sud in grado di ricomporre in una struttura
federale la realtà delle quattro-cinque grandi macroregioni in cui dovrà essere
rifondata la struttura istituzionale del Paese.
È un compito da affidare alle nuove generazioni con l’aiuto dei più anziani che,
dalle grandi culture riformiste di ispirazione cattolica, liberale, socialista e
nazionale, hanno saputo conservato la passione civile e l’onestà di intenti che
la situazione reclama.
Noi democratici cristiani lo faremo quanto prima, tentando di “chiamare alla
stanga”, al Nord come al centro e al Sud dell’Italia, uomini e donne, giovani e
anziani disponibili per questa nuova e grande avventura.
Ettore Bonalberti
Presidente ALEF
(Associazione Liberi e Forti)
Venezia, 8 Marzo
2012
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