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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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28/03/2016

LMCA: muore Borgoglio, nasce una Cittadella

A spasso tra le vie del Borgo, dove ti raccontano del Priore di San Pietro protagonista di una vicenda boccaccesca. Ma sono gli ultimi istanti della storia del Quartiere

   

LMCA: muore Borgoglio, nasce una Cittadella

La fine di Bergoglio

La puntata de 'La Mia Cara Alessandria' di martedì 13 ottobre (144esima), condotta da Piercarlo Fabbio sulle frequenze di Radio Bbsi e disponibile nella sezione potcast dei siti www.piercarlofabbio.it e www.ritrattidallalba.it, si apre sulle note della celebre 'Aria sulla IV Corda' di Johann Sebastian Bach che rimanda immediatamente gli ascoltatori nel periodo tra fine Seicento e inizio Settecento, ormai all'epilogo del lungo viaggio dentro Borgoglio, 'la città dentro Alessandria' che sta per conoscere gli ultimi suoi giorni.

Prima che sia tutto finito, però, facciamo un giro per il Borgo. Qualche secolo fa l'abbiamo dovuto interrompere causa fatti bellici e lotte fratricide tra concittadini Guelfi e Ghibellini. Ora speriamo sia la volta buona. Del resto gli spagnoli, che sono qui stabilmente dalla metà del 1500, un po’ di prosperità e tranquillità l’hanno portate. Salvo i soliti fatti ed episodi che non ci fanno pensare a interminabili periodi di pace. Perché proprio la guerra è una delle attività preminenti della politica e dell’economia del tempo. Borgoglio è ormai in piena maturità. Le mura hanno un perimetro di circa 2,5 chilometri e per proteggere la fortificazione occorrono ben 1500 fanti. Ma sono proprio gli Spagnoli e il loro imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V a imporre il catasto degli stabili. Servirà anche quello per girare le vie rettilinee del Borgo, antico retaggio del castrum romano, con quegli angoli a 90 gradi che lo fanno sembrare assai diverso da Alessandria.

E anche da questo punto di vista continuiamo a trovare forti differenze. Le due città non sono neppure lontanamente paragonabili fra loro in termini urbanistici. Ma non perdiamo più tempo e mettiamoci in cammino. Siamo entrati dalla porta che affaccia sul ponte Tanaro e ci troviamo in piazza d’armi. Dallo slargo si dirama la via Maestra. Qui ci stanno le case dei Guasco, agli albori del 1600 ancora signori incontrastati del borgo. Vi è la casa di Annibale e poi subito dopo una piazza dedicata a Santo Stefano, perché vi affaccia proprio la chiesa intitolata al primo martire cristiano.

Quello che stupisce è la densità di chiese nel quartiere. Pochi passi dopo troveremo quella di San Giovanni decollato e poi quella di Santa Maria della Neve, o meglio 'ad Nives', come viene chiamata in quest’epoca. Un passante ha detto, non senza un risolino, di andare a visitare la chiesa di San Pietro che, girando a destra da contrada Maestra, sta due isolati più in là. Poco prima di San Giovanni decollato vi è il palazzo del Marchese Guasco.

Lì Fabbio ricorda - pur se la struttura sembra ampliata rispetto a qualche secolo prima - di aver dormito durante uno dei suoi 'viaggi nel tempo' ospite di Gabriello Guasco, un avo dell’attuale Marchese.

Svoltiamo in contrada di San Pietro per andare a visitare l’omonima chiesa. Non ci vuole molto ad arrivare perché le distanze non sono proibitive; i cognomi dei proprietari delle case che costeggiamo sono familiari. Come nel caso dei Fratelli Ratassi, di Donna Barbara Pertusati, di Caniggia, dei Villa, tanto per fare alcuni esempi. Cognomi che ritroveremo nella conoscenza, ma anche nella toponomastica dell'Alessandria dei nostri tempi.

Eccoci a San Pietro. Effettivamente è un complesso articolato. C’è la parrocchiale, ma anche una badia e – poco distante – persino un monastero, ma che vi sia così grande bellezza, al punto da dover lasciare il cammino per giungere qui, non pare valesse la pena. A un passante (che peraltro spiega essere uno dei componenti della famiglia Garbarino, Lorenzo, e di avere abitazione solo due isolati più in là) spieghiamo che ci hanno consigliato la visita, ma senza dirci quale sorpresa o quale monumento dovessimo cercare al di là della chiesa.

Nemmeno abbiamo capito il sorriso con il quale ha accompagnato il suo consiglio colui che abbiamo incontrato prima. Il Garbarino comprende e ci fa sedere insieme a lui su un pietrone che funziona come riposo per i passanti e, divertito, racconta una storia da pochissimo scoperta. Siamo nel 1607 e fino a poco tempo prima Priore della chiesa di San Pietro in Bergoglio è stato Giovanni Antonio Chiapponi. Ma è meglio dar voce direttamente all'informatore: “Il Priore, ora ex priore, valendosi del titolo (e dell’abito) aveva costituito una originale setta eretica, tramite la quale era riuscito a congiungersi carnalmente con alcune parrocchiane sempliciotte e credulone, spiegando loro, dopo la confessione, che così facendo, non solo non avrebbero commesso peccato, ma, anzi, “dopo” avrebbero acquistato “grandissimo merito presso Dio”” (Calorio, op. cit.).

Abbiamo spiegato a Lorenzo di aver già sentito fatti del genere da un novellista di Firenze, Giovanni Boccaccio, ma l'interlocutore ci aveva guardato un po’ stranito. La vicenda era terminata male per il Priore, in quanto, denunciato al Tribunale dell’Inquisizione, veniva arrestato, processato e condannato al carcere a vita.

Fra pochi anni, Borgoglio sarebbe stato investito, come Milano, di un’epidemia drammatica di peste, che era durata a tal punto che gli abitanti del borgo erano stati, come del resto tutti gli alessandrini, raggiunti da una tassa di scopo. In effetti con quelle risorse economiche si sarebbero dovuti costruire rastelli e palizzate per impedire l’accesso di estranei in città.

Il 1630 e la peste: proprio quella di manzoniana memoria. In città i morti saranno oltre 4mila. Gli spagnoli governano ancora per un settantina d’anni Milano e i suoi possedimenti, fra cui Borgoglio, ma anche questo periodo sta per finire. In Alessandria, infatti, è il 21 ottobre 1706, entrano le truppe imperiali guidate dal generalissimo Principe Eugenio di Savoia. Si capisce che la città dovrà sottostare a un nuovo ordine. Infatti nel 1714 viene sancito dal Trattato di Utrecht e Rastadt il passaggio sotto il dominio dei Savoia.

Intanto Borgoglio si è rafforzato anche strutturalmente. Sono state costruite nuove fortificazioni, la difesa è sempre più munita, tant’è vero che i baluardi sono ormai sette, le mura affacciano su un fossato, a sua volta presidiato da 8 baluardi. La guarnigione presente nel borgo raggiunge i 5400 fanti e i cavalli sono 300. Non c’è che dire, sembra proprio di vedere una cittadella…

 

La rubrica 'Reclame d’annata… però' propone 'Teindelys' e 'Parker', entrambe tratte da 'Noi e il Mondo' n. 11 Anno IX - novembre 1919.

Per i 'Proverbi' 'Lo jornu ca cantavanu li manu' cantata da Olivia Sellerio con Pietro Leveratto ci porta in un mondo di sentimenti quasi strazianti, che molti diranno cosa possa c’entrare con i nostri proverbi piemontesi addirittura tradotti in dialetto alessandrino. Non a caso queste esecuzioni sono state scelte per commentare gli episodi del “Giovane Montalbano”. E allora? Fabbio pensa che la malinconia, anche se non sempre scandita dalla musica, ma magari solo dalle parole, sia un codice comune alla cultura popolare italiana e che Sicilia e Piemonte, da questo punto di vista, facciano poche differenze. Ne avranno altre, ma la sofferenza del lavoro nei campi si trasmette anche al complesso mondo dei sentimenti. Così ecco il perché di questa scelta, diciamo, di identità nazionale. 'Chi cu sëmna quand ca l’è mol, o a l’è na bestia o a l’è fol' ('Chi semina quando è molle o è una bestia o è un folle'). Dunque ancora un proverbio sulla semina, visto che ad ottobre questo si fa nei campi. La scorsa settimana abbiamo già parlato dell'argomento, questo è solo un tassello che arricchisce una gamma di modi di dire praticamente illimitata, e niente di più. Ottobre è anche tempo di funghi. Se ne possono trovare nel piano, i prataioli bianchi con il caratteristico collare al gambo che ne indica la commestibilità, ma soprattutto i fungaioli vanno alla ricerca dei porcini nei boschi delle montagne dell’Appennino, meno in quelli delle Alpi Liguri. Come si sa il colle di Cadibona, tra Alessandria e Savona, passando da Acqui terme, divide le catene montuoso: lì finiscono le Alpi e lì iniziano gli Appennini. In piemontese fungo si dice “bolè”, ma in alessandrino si è sempre sentito dire “fons”, che probabilmente è parola radicata, visto che nel vocabolario piemontese “sacociabil”, cioè tascabile, è previsto anche il lemma “fonz”. La memoria di Fabbio – che porta a “fons” – è confermata dal “Disiunari du dialët lisandrén” di Antonio Silvani, che “bolè” proprio non lo cita. Al di là delle dispute sul vernacolo, speriamo che la stagione dei cercatori incalliti di funghi sia propizia. Chiamateli come volete, “l’impurtant è chi seu bon”.

“L'almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria” celebra San Edoardo III, re d’Inghilterra.

La playlist musicale della settimana, realizzata da Fabbio e Roberto Cristiano, è dedicata a Sergio Endrigo: 'Altre emozioni' poesia recitata da Carlo Stanzani; 'Lontano dagli occhi' Gianna Nannini; 'Adesso sì' Sergio Endrigo; 'Te lo leggo negli occhi' Dino; 'Io che amo solo te' Fiorella Mannoia; 'Girotondo intorno al mondo' Sergio Endrigo; 'Canzone per te' Il Volo; 'Ci vuole un fiore' Sergio Endrigo.

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria