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Nuovo incontro
settimanale con 'La Mia Cara Alessandria', il programma condotto da
Piercarlo Fabbio tutti i martedì su Radio Bbsi e disponibile nelle
sezioni podcast dei siti
www.fabbio.it e
www.ritrattidallalba.it.
La trasmissione di martedì 8 settembre si apre sulle note della colonna sonora
della versione 1956 de 'Il Giro del Mondo in Ottanta giorni', liberamente
tratto dall'omonimo libro di Jules Verne. Una musica che spiega come con
la fantasia si possa viaggiare nel tempo e nello spazio, senza impedimenti.
Oliata la cigolante 'macchina del tempo', ferma da qualche mese, Fabbio chiude
gli occhi e riparte verso un nuovo, antichissimo mondo, facendosi largo tra
nebbie e acquitrini…
C’erano una volta due Alessandrie, l’una viveva sulla sponda destra del
Tanaro, l’altra su quella sinistra. Ora l’una c’è ancora, l’altra no, ma nel suo
tempo, dal 1168 in avanti, può rivivere. Affidandosi alle parole di uno storico
di vaglia, Girolamo Ghilini, annalista, autore di un poderoso volume di
oltre 1600 pagine: “(…) la città, fu divisa nelle sue contrade, che dal volgo
si chiamano quartieri, cioè di Gamondio, Marengo e Rovereto, alle quali dopo
poco tempo fu aggiunta la quarta di Borgoglio, separata dalle altre,
scorrendovi per mezzo il fiume Tanàro. (…) Borgoglio (…) è sempre stato nel suo
primiero e vecchio luogo, e questo fu quasi tutto dalla pianura del colle vicino
trasportato in quel sito dove ora si vede, cioè dì là dal Tanaro dietro alla
riva verso la parte di Rovereto.” (Girolamo Ghilini, Annali di Alessandria,
Milano, 30 aprile 1666, pag. 21, edizione del 1903 annotata da Amilcare
Bossola).
In queste parole c’è
la prima rivelazione. Mentre si fonda e si organizza la città nuova, che verrà
chiamata Alessandria, Borgoglio o Bergoglio sembrerebbe già esservi. Il Ghilini
lo dice senza indugi: “il suo primiero e vecchio luogo”. E' necessario
quindi andare alla ricerca di qualcosa di preesistente. Un borgo, una
fortificazione, un qualcosa che però non è neppure tutto lì oppure lì ci è
arrivato nel tempo. Forse scendendo dalla collina delle odierne Valmadonna e
Valle San Bartolomeo, per abbarbicarsi al fiume in un luogo assai importante.
Fra poco sorgerà uno
sgangherato ponte di legno, ma forse già prima vi è qualcosa che permette il
passaggio da una riva all’altra: un guado, qualche imbarcazione, un insieme di
tavole scalcagnate che almeno tentano di non far bagnare totalmente i piedi a
chi vuole attraversare il fiume, solo quando è calmo. Bisogna cercare meglio. E
soprattutto dare credito al grande storico che ci fa pensare a uno spostamento
di qualche cosa in tempi vicini alla fondazione di Alessandria.
Ancora una volta una leggenda, che consente di intravvedere la verità. Bisogna
ricorrere alle 'Gesta Karoli Magni imperatoris' contenute nella
'Cronica imaginis mundi' di Fra Jacopo da Acqui, che racconta come
Carlo Magno, per meglio combattere i saraceni, costruisse un gran ponte sul
Tanaro presso i borghi non ancora eretti di Bergoglio e Roboreto. La tecnica
costruttiva dell’epoca in realtà non consentiva di gettare un ponte in muratura
così lungo, cioè circa 200 metri. Ma se c’è leggenda, c’è anche un pizzico di
verità e quindi si deve pensare che in quel luogo vi fosse almeno un guado o un
porto fluviale e che inverni molto rigidi permettessero comunque già il
passaggio di carri e masserizie sulle acque gelate del fiume. Ciò fornisce
ulteriore conferma di come i romani avessero posto un accampamento in regione
Bergolium, e un castrum poco distante dalla collina, per proteggere l’importante
passaggio. Ed in ciò il Ghilini avrebbe visto giusto.
Se si parla, più o meno realisticamente di Carlo Magno, si discorre di un tempo
compreso fra il 700 e l’800 d.C.. Se invece si fa riferimento ai romani, basti
dire che l’impero romano d’occidente cade convenzionalmente nel 476. Siamo
comunque ben prima che Alessandria nasca.
Qualcosa, anzi più di
qualcosa c’è anche se proprio non è lì, a ridosso del Tanaro e soprattutto non è
ancora gemello con qualche cosa d’altro che sta sulla riva destra, cioè
Rovereto. Tanto vale avviarsi verso la collina, sapendo comunque che i
romani avevano un centro di riferimento sempre sul Tanaro, ma più a sud-ovest,
cioè Forum Fulvii, l’odierna Villa del Foro. Io, però mi incammino dalla
parte opposta.
La cosa che stupisce
di più è che il sistema di strade che solca la zona in cui secoli dopo sorgerà
Alessandria è più o meno lo stesso di oggi. La via Emilia Scauri passa dalla
vicina Tortona, dove si incrocia con la via Fulvia che porta a Forum Fulvii
passando da Marengo, ma è probabile che rasenti anche una corte, con una
torre di avvistamento al di là del Tanaro. E’ il primo nucleo di Rovereto. La
via Fulvia prosegue verso Asti (Hasta) e raggiunge Torino (Augusta Taurinorum).
Passa il Tanaro con un ponte a Forum Fulvii, raggiunge Solero. In questo tempo,
Villa del Foro fa le veci della non ancora nata Alessandria, e già il luogo è
caratterizzato da un incrocio significativo di vie, che hanno mantenuto fino ai
nostri giorni gli stessi percorsi.
Sentiamo Plinio il
Vecchio, lo scrittore romano nato quando Cristo aveva 23 anni, e che amava
vedere le cose di persona: “L’Appennino (è) grandissimo monte d’Italia (…)
dall’altro lato su fino al Po ricchissimo fiume d’Italia, ogni cosa riluce per
le nobili città, Libarna, Colonia, Derthona, Iria, Barderate, Industria,
Pollentia, Carrea, Forofulvio che si chiama anche Valentino”.
Siamo in riva sinistra e anche qui possiamo percorrere una strada che porta
verso Valenza. La usano i militari e la chiamano “Muntà”, probabilmente
perché sale verso la collina… proprio ciò che cercavamo. Anche questa strada è
assai simile al percorso dell’attuale via Pavia.
Nel camminare, con il
Tanaro alla destra e ampi infrascamenti alla sinistra, ci si chiede come i
romani facessero le strade, visto che molti scavi ce le hanno restituite quasi
intatte. E come oggi utilizziamo gli stessi percorsi solo ricoperti
dall’asfalto. Perché erano così resistenti? Non c’erano le buche anche allora?
Forse, dirà qualcuno, perché non c’era ancora il Comune di Alessandria. Beh, la
battuta è carina ma non c’entra… almeno non ancora.
I romani costruivano
le strade affinché durassero il più possibile, ma curavano anche la loro
manutenzione. Camminando verso la collina non si trovano manutentori all’opera.
Ma qualcuno ha detto che ci sono squadre specializzate che quotidianamente
lavorano sulla via Fulvia, una strada assai importante, paragonabile alle nostre
autostrade. Lì si può vedere lo spaccato di una strada romana, carpire i suoi
segreti. E’ composta da uno scavo largo da 4 a 6 metri e profondo anche fino a
due… ma lasciamo ad Alberto Angela il compito di spiegarci il seguito
della lavorazione: “si comincia poi a riempirlo con tre strati di pietra: in
basso un livello di grandi massi arrotondati, segue verso l’alto uno strato di
ciottoli di dimensioni medie, infine il livello più superficiale costituito da
ghiaia mista ad argilla. (…) Questa stratificazione dei ciottoli (…) è il vero
segreto delle strade romane: come un filtro, porta via l’acqua piovana dalla
superficie, impedendole di ristagnare”. Oltre all’argilla si usava anche la
calce e in molti casi, come a Libarna, si usavano frammenti di tegole e vasi
pieni di malta in luogo della ghiaia.
Il cosiddetto
“nucleus”, come ricorda Giovanni Cellè, ottimo storico locale,
descrivendo le strade intorno a Libarna. A ciò si aggiungeva il manto
stradale, cioè grandi pietre (basoli) messe a scaglie di tartaruga. Erano molto
spesse, più simili a grossi cubi, che a semplici lastre. Con il loro peso
stabilizzavano la strada e la rendevano percorribile anche da pesanti carri.
Come la via Fulvia. Lontano dalle città, però questo ultimo strato veniva
tralasciato in quanto molto costoso, e si rimaneva al terzo, cosparso di ghiaia
sottile, che rendeva sì le strade compatte, ma assai polverose con discreto
scorno dei viaggiatori.
Scoperto anche questo segreto grazie alle buone relazioni con gli abitanti del
luogo, non sfugge che la via Muntà è percorsa da carri che arrivano da Valenza e
vanno verso Valentinum, cioè Villa del Foro. Il traffico non è solo militare,
dunque, ma anche commerciale. Poco più in là s'incrocia una strada, che già
allora si chiamava della Cerca e poco più su una ancora più importante,
che collega i due grandi centri di Mediolanum (Milano) e Augusta Taurinorum
(Torino), passando per Montecastello, che in questo tempo tutti conoscono per
Pontianum. E’ strada della Serra, una via di crinale che è percorsa
molto di più che le strade di pianura. E’ più sicura e meno acquitrinosa,
nonostante sia più disagevole il cammino per le diverse altimetrie.
Nel Medioevo verrà
usata tantissimo dai romei, i pellegrini che vanno a Roma a piedi.
La meta sembra
vicina, perché la strada Cerca interseca un agglomerato di costruzioni, rade, ma
fortificate. E’ il castrum che cercavamo, in regione Autini proprio sulle
prime pendici del Bricco Sant’Antonino. E’ il castrum Burguliae? Possiamo
chiederlo in una 'popina' o una 'caupona', una locanda che dà anche alloggio.
Oggi la chiameremmo 'wine-bar', ma fino a ieri la si appellava osteria. La
costruzione è di legno, puntellata da più parti, malsana quanto basta e sporca,
ma pare l’unico luogo ospitale in questa zona popolata da militari. Sembra che
noi moderni non abbiamo inventato granché in questa plaga… Passeremo la notte,
poi domani cerchermo di capire meglio se veramente siamo arrivati a Borgoglio.
Tornano naturalmente
con la ripresa delle trasmissioni dopo la pausa estiva le rubriche. Le
'Reclame d’annata… però' propongono 'La Grande Lotteria nazionale
italiana' e 'Pastiglie Duprè' da 'Noi e il Mondo'.
'Strà per strà'
porta in via dei Guasco, che va da spalto Rovereto a piazza della
Libertà, parallelamente a via Mazzini. Dal 1400 al 1550 si chiamava rugata de
Carmelo; alla fine del 1700 strada del Carmine; dal 1800 al 1814 rue Brissac;
dal 1815 via del Carmine; dai primi anni del 1900 via Guasco, nobile famiglia
alessandrina, proveniente da Bergoglio, poi Solero, ma originaria della Francia.
Molti furono i suoi figli che si distinsero nella storia di Alessandria. Famoso
Scipione Guasco, che viene ricordato da Torquato Tasso nel suo
poema cavalleresco 'La Gerusalemme liberata'. In effetti Scipione
partecipò a una Crociata, distinguendosi nella conquista del Santo Sepolcro.
Ma molti furono -
come detto - i valorosi appartenenti a questa famiglia che si distinse per
l’attaccamento alla città e per opere di beneficenza in suo favore. Come la
costruzione del convento e della chiesa di Santo Stefano. Più volte si
distinsero nella difesa della città, minacciata dai nemici. Ma alcuni dei suoi
membri furono anche uomini di lettere e artisti come Carlo Giovanni Guasco
di Solero oppure mecenati come Filippo Guasco. O ancora alti prelati come
il vescovo Ottaviano Guasco o Perpetuo Guasco. Appartiene alla
famiglia una parte del Palazzo sito nella via. Una parte venne donata al Comune
di Alessandria per farne sede di istituzioni culturali.
'L’almanacco del
giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria' ricorda
che oggi la Chiesa celebra la Natività di Maria Vergine.
Si chiude, come da
tradizione, con la playlist musicale della settimana che propone le atmosfere
vellutate anni Sessanta di Alessandro Cagnoli. Quante volte vi è capitato
di ascoltare una inconfondibile canzone anni Sessanta e non saperla riconoscere?
Non ne conoscete il titolo, né l’interprete. Sapete solo che l’epoca di quel
brano è distinguibilissima. L’obiettivo di Cagnoli – sottratto alla sua eterna
ricerca di musica di alta qualità e riportato in trasmissione dopo un lungo
periodo di collaborazione con Roberto Cristiano, che ritornerà presto con
le sue scelte – è riprodurre un’atmosfera musicale, lasciando a Fabbio l’ingrato
compito di spiegare titoli, interpreti e carriere, nonché connessioni artistiche
o altro ancora possa piacere agli ascoltatori, possa farli, cioè, scoprire che
quella musica così familiare ha autori, interpreti, esecutori, poco noti ma che
sono entrati nella mente. Apre Boris Gardiner con 'Loves been good to me';
seguono 'That's all' dei The Midniters, Maybellene Marty Robbins, 'As I watch
you walk away' Martha Smith Northern soul girls rock, 'Can't take my eyes off
you' Frankie Valli and The 4 Season, 'Since I don't have you' The Skyliners,
'The best is yet to come' Cy Coleman, 'Comin home baby' Mel Tormé, 'Green
onions' Booker T & the MG's, 'The captive' Boris Gardiner.
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