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14/09/2011

10 regole per le missioni di pace

In Cittadella ne hanno discusso il gen. Claudio Graziano, il min. Giovanni Brauzzi e l'on. Guido Crosetto. Moderatore il prof. Alessandro Politi. Galleria fotografica e video di Matteo Forcherio

   

10 regole per le missioni di pace

Nella seconda giornata di convegno sul Peacekeeping in Cittadella, particolare interesse ha suscitato il dibattito fra il Generale C.A. Claudio Graziano, capo di gabinetto del Ministro della Difesa, il Ministro Giovanni Brauzzi, ministro plenipotenziario Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza, e l'on. Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa. Ha moderato la discussione il Prof. Alessandro Politi, docente presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale. Durante il lavoro è stato presentato un decalogo, che pubblichiamo di seguito, sulle azioni da condurre nelle Operazioni di Pace. Una carta importante, che mette a fuoco una serie di questioni di grande rilevanza in materia.

 

 

Un decalogo concettuale per le PKO negli anni 2000


1. Operiamo in contesti di sovranità e potere diffuso. Non esiste più l'antico monopolio della violenza e quindi vanno ristudiate le lezioni dell' era premoderna per quel che riguarda qualità della decisione, flessibilità nell'approccio, apertura culturale e determinatezza nell'agire. De facto il comandante deve riapprendere politica, diplomazia, arte del governo e del compromesso, oltre all'impiego efficace e parsimonioso della forza.
 

2. Non ci sono più gli attori di una volta. Non basta ottenere il consenso dei soliti noti nel teatro d'operazioni, è necessario cercare altre leve 'di appoggio sociale e politico. Bisogna guardare oltre le convenzioni: donne e giovani, anche se disarmati, sono un fulcro molto più importante di prima.
 

3. Il n'y a plus d'argent. Il fattore più importante del calo della conflittualità mondiale è dovuto alla necessità di misurare finanziamenti scarsi, sia legali che acquisiti con un' economia criminale. Ridurre i costi logistici è la condizione per durare più a lungo dei propri avversari. che in genere hanno una ridottissima impronta finanziaria.
 

4. I vecchi parametri del passato sono saltati. È inutile illudersi che ci sia un ordine mondiale da cui attendere soluzioni. C'è un sistema di riferimenti mobili (come il G20) che vale senza impegno ed una serie di organizzazioni più o meno funzionali ed utili. I paesi impegnati sono spesso insieme a compagni di strada pronti a dissociarsi nelle difficoltà.
 

5. Con comunicazioni pervasive, il decisore resta solo. Il suo staff ha un peso ed una responsabilità senza precedenti, deve filtrare i flussi comunicativi riservati e pubblici e non può comunque tenere sotto controllo tutte le variabili. Il decisore deve usare la solitudine come una risorsa) senza per questo restare isolato.
 

6. You delegate, you survive. Nonostante in altri ambiti vi sia un forte centralismo, nel teatro d'operazioni la delega è l'unico mezzo efficace per avere un controllo fluido sugli eventi. Anche una squadra di persone può influenzare il corso di una campagna e dovrà spesso decidere senza ausili superiori. La delega è un metodo che si apprende.
 

7. Senza intelligence prima, non si va da nessuna parte e non si conclude nulla dopo. L'intelligence tattica in corso d'operazioni finisce per essere tanta, ma irrilevante per il successo politico della missione. L'intelligence strategica (cioè di contesto complessivo) è essenziale per decidere se impegnarsi, con chi e contro chi agire, cosa si vuole raggiungere e cosa sta cambiando.
 

8. Non esiste il rischio del mission creep: è una costante storica. Le attività dove ci sono antagonisti politici armati non sono astrattamente prevedibili. L'iniziativa può essere in mano nostra o avversaria ed il mission creep è comunque insito in una gestione dinamica della crisi. Se la missione resta statica o la posta del conflitto è poco importante o si sta sbagliando condotta delle operazioni.
 

9. La rotazione semestrale è un problema. Tutti sanno perché si fa e per quali buone ragioni, ma se non c'è un nucleo quadro che resta un anno con appropriati incentivi e conforti si perde tempo, ranno e sapone.
 

10. Peacekeeping - Sitzkrieg. Non è la guerra lampo, è la guerra-ferma. In queste situazioni vince la tartaruga, per cui bisogna preparare decisori ed opinione pubblica ad assumersi le responsabilità necessarie in un lungo arco di tempo.


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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria