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Domenica 19 gennaio 2025

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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06/12/2006

La volontà di distinguersi: sarà vera gloria?

Cosa c'è dietro la scelta di Casini di boicottare piazza San Giovanni e scegliere Palermo? L'opinione di Don Chisciotte...

   

La volontà di distinguersi: sarà vera gloria?

Oltre due milioni di persone in Piazza San Giovanni per manifestare contro il governo Prodi e l’iniqua finanziaria, per riconfermare alla grande la leadership di Berlusconi nella coalizione di centro-destra e per avviare senza indugi il nuovo partito della libertà.
FI, AN e la Lega hanno così preso atto di quanto emerge senza possibilità di equivoci nel popolo dei moderati: la volontà di andare oltre la Casa delle Libertà per costruire qualcosa di nuovo, in linea con il bipolarismo che è oramai entrato nella coscienza maggioritaria del Paese.
E l’UDC, per volontà della sua dirigenza, Sabato 2 Dicembre, diserta lo storico avvenimento che si andava a celebrare nella piazza cara alle sinistre e alle adunate sindacali, per affermare a Palermo, in un Palasport colmo di militanti cuffariani, la volontà di distinguersi, consumando, di fatto e simbolicamente, la rottura della Casa delle Libertà.
Se Berlusconi e Fini avevano usato toni distesi verso l’antico alleato (con Bossi che ostentava una malcelata indifferenza) giungendo ad evocare la metafora del figliol prodigo per il cui ritorno si stava ingrassando il vitello, Cesa e Casini, storditi dalle immagini e dalle notizie che giungevano loro in diretta da Roma, prima glissavano e, all’indomani, decisamente affermavano la fine della Casa delle Libertà e il superamento di vecchi riti e miti.
Insomma, se il 2 dicembre 2006 risulterà una data storica per la vicenda dei moderati italiani, questa stessa data coincide con un fatto politico rilevante: da un parte Forza Italia, AN e Lega si dichiarano pronti ad avviare il progetto del partito della libertà; dall’altra, l’UDC sente la necessità di voler ricostituire un grande centro in grado di raccogliere il consenso dei democratici cristiani sparsi qua e là nei diversi schieramenti politici.
Nostalgia di un passato che si intende far ritornare o semplice avvio di un’affannosa rincorsa al superamento di una leadership, quella del Cavaliere, che da anni si tenta inutilmente di scalzare? Proprio quel Berlusconi che, ancora una volta, vede riconfermarsi plebiscitariamente quale unico capo vero e carismatico del popolo dei moderati italiani.
Se fosse vera la prima ipotesi si dovrebbe dubitare dell’intelligenza politica di Casini e dei post democristiani. Infatti il furbissimo Mastella immediatamente offriva la sponda, dopo che solo alcuni giorni prima, si era dichiarato disponibile per il partito democratico di ispirazione prodiana, ma alla richiesta inevitabile di uscire coerentemente dal governo, votando contro la finanziaria al Senato, faceva spallucce lasciando nell’angolo le velleità dei centristi casiniani.
Credo sarebbe ora di lasciar perdere le nostalgie del passato e prendere atto che la scelta bipolare dell’elettorato italiano è irreversibile e attende solo che venga sancita dalla scelta del sistema elettorale più adatto a rappresentarla.
Se anche, ma ancora non è sicuro, il Parlamento votasse per una legge elettorale alla tedesca per la quale tifiamo da sempre e su cui Casini e C. sono decisamente orientati, non sarà il presunto 7 % dell’attuale UDC a garantire un più roseo futuro agli ex democratici cristiani.
Casini e Cesa dovrebbero prendere atto che la scelta a suo tempo fatta da Forza Italia di aderire al Partito Popolare Europeo e la volontà riconfermata da Berlusconi nel comizio di Piazza San Giovanni, di collegare il nuovo partito della libertà alla grande tradizione del partito del popolo europeo, rende stretta e pressoché inane ogni tentativo di differenziarsi per una presunta diversa identità. Meglio sarebbe concorrere, attraverso il passaggio della Federazione, alla costruzione del nuovo soggetto politico in cui giocare sino in fondo la propria capacità di proposta e di rappresentanza politica.
E, d’altra parte, con le amministrative alle porte e al governo in tutti i comuni, province e regioni in cui la Casa delle Libertà ha vinto, cosa pensano di fare i casiniani? Uscire dalle giunte Galan e Formigoni? mettere in crisi quella di Cuffaro e del Molise? E poi, come ci si presenta alle amministrative? Da soli, con la tafazziana tattica del vecchio Martinazzoli che ci portò alla disfatta? Fantascienza politica e scarsa conoscenza dei propri uomini e del proprio elettorato.
Certo lavorare per raccogliere i voti degli scontenti ex DC della Margherita è un ottimo proposito, stando attenti però che, ricercando le pecorelle smarrite non si finisca con il far scappare quelle che sono già nell’ovile…..
Una sola cosa è certa: aver disertato la manifestazione di Roma è stato un grave errore politico che è servito, certo, a marcare la distanza dai partners, ma facendo così, di fatto, solo il gioco della maggioranza. A questa, basita dallo straordinario successo dell’evento romano, non è parso vero di raccogliere l’insperato assist dell’UDC, tonificandosi immediatamente con la constatazione dell’intervenuta rottura dell’opposizione. Stavolta Casini è andato proprio contro gli interessi e la volontà di quel popolo dei moderati che a Roma ha richiesto unità. Semplice errore di valutazione o qualcosa di più sottile e malizioso?
Assai più probabile e prosastica, alla base della sua decisione, sta la questione del ricambio della leadership dei moderati, in vista della prossima scadenza elettorale politica.
Perseguita con ondivaga ma permanente insistenza dalla vecchia gestione UDC di Follini, causa non ultima della sconfitta elettorale del centro destra, essa riprende quota con il sostegno dei fedelissimi Vietti e Tabacci, l’abilità tattica di Cuffaro, pungolato dal vecchio Mannino, e con l’aperta ostilità di Giovanardi e Barbieri. Posizione difficile da tenere per questi ultimi che non potranno limitarsi a differenziarsi prima e dopo Palermo, nel momento in cui (e sembra assai presto) il processo della federazione e dei circoli della libertà lanciato da Berlusconi, partirà in tutte le contrade d’Italia.
Tuttavia, anche da questo punto di vista, grande è l’errore tattico e strategico di Casini. A Roma, dopo Berlusconi, si è visto un altro e un nuovo Fini che, con le sue parole ha saputo riscaldare il cuore dei moderati mettendo una seria ipoteca sul dopo Berlusconi, se e quando questo si verificherà.
A don Chisciotte pare che dopo Roma e Palermo, Casini sia all’angolo, senza prospettiva strategica (quella del nuovo centro che, come con la teoria dei due forni, potrebbe scegliere di stare indifferentemente con la destra o con la sinistra) e sconfitto sul piano tattico della leadership, condannato a candidarsi, in qualunque schieramento intendesse accasarsi… alla vicepresidenza del Consiglio.
Insomma, se negli anni scorsi avevo metaforicamente rappresentato i tre emiliani, Prodi, Casini e Fini con le maschere della mia bassa, oggi alcuni ruoli sembrano invertiti. Mentre Prodi resta il dr. Balanzone bofonchiante di sempre, stavolta il ruolo del furbo “Fasulein” sembra toccare a Gianfranco Fini, mentre al bel Casini ben si attaglia quello meno nobile del povero e sempre mazziato “Sandrone”, in attesa di un’assai probabile Canossa…

 

 

Don Chisciotte

 

 

dalla Mancha, 6 Dicembre 2006

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria