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Sabato 18 gennaio 2025

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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30/03/2008

Una fredda campagna elettorale di Primavera

Don Chisciotte monitorizza la competizione. Tranne i due leader dei due grandi partiti, poco si muove e poco si sa. C'è il rischio di un forte astensionismo a fronte della sfiducia nella politica e nella sua capacità di risolvere i gravi problemi del Paese

   

Una fredda campagna elettorale di Primavera

Siamo a poco meno di due settimane dal voto con una campagna elettorale che si trascina stancamente con scarsi entusiasmi.

Sarà per la gravità di una situazione economica che le famiglie italiane vivono nella crescente precarietà; sarà per il permanere di un giudizio negativo sulla casta della politica vissuta come sempre più distinta e distante dai problemi quotidiani della gente. Ciò che si constata è un clima generalizzato di sfiducia e disinteresse.

Grazie ad una legge elettorale che assegna ai segretari di partito e ai leader di coalizione la scelta dei candidati, quelli che vengono eletti, eliminato il voto di preferenza, sono degli “unti dal signore”, ossia dei cooptati ai quali basta sapere in quale posizione sono stati inseriti nella lista per avere ampia certezza del proprio destino: assolutamente tranquilli quelli sicuri e, dunque, senza obblighi di corsa, mentre quelli certi di non esserlo sono figuranti frustrati e rancorosi ben lontani dall’affrontare un’inutile caccia all’elettore.

Ed è cosi che, tranne per le comparsate televisive complicate da un’assurda legge sulla par condicio, i pochi dibattiti organizzati nelle città e nei paesi dove un tempo ferveva la partecipazione democratica, sono caratterizzati dalla pressoché nulla presenza di candidati e di elettori.

Si salvano solo le grandi manifestazioni organizzate dai gruppi e dalle associazioni di interessi corporativi con l’invito e la presenza ai loro convegni dei due principali leader delle coalizioni che si contendono il primato: Berlusconi e Veltroni.

Di qui la rabbia degli esclusi, tra i quali eccellono Casini e Di Pietro. Il primo, vittima della sua stessa legge e di un’incomprensibile strategia politica sostenuta da una tattica al limite del suicidio, il quale oramai punta tutte le sue carte sul risiko dell’8% da raggiungere in almeno tre regioni per poter partecipare alla distribuzione dei seggi al senato, con la speranza di diventare ago della bilancia nella formazione del futuro governo che già auspica possa essere quello dei “migliori”.

Meno comprensibile il secondo che, coalizzatosi con il Partito Democratico, ogni giorno rivendica uno spazio autonomo minacciando a destra e a manca l’utilizzo dello strumento di cui sa disporre a meraviglia: la denuncia alla procura dell’avversario di turno, pensando di risolvere per via giudiziaria ciò che non gli riesce di fare sul piano del confronto e della battaglia politica.

C’è da sperare che, esaurita la vis polemica del comico Grillo, stranamente resosi del tutto silente, l’elettorato sappia reagire e non abbandonarsi allo sconforto totale. La situazione grave in cui versa il Paese, dal debito pubblico gigantesco, dal divario sempre più netto tra Nord e Sud, da un differenziale tra salari e prezzi intollerabile e con un carico fiscale insopportabile, richiede una forte e netta indicazione di governabilità. Se è abbastanza certa quella che uscirà per la Camera, è al Senato che si gioca l’equilibrio futuro dell’Italia. L’astensionismo degli sfiduciati e/o i voti dispersi su formazioni destinate a difficili sopravvivenze e che producessero ingovernabilità al Senato non farebbero bene né a quel bipolarismo politico semplificatorio verso cui sembra volersi orientare l’Italia, né alla soluzione delle gravi emergenze economico-sociali e politiche che la situazione richiede.

Don Chisciotte

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria