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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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15/05/2013

Andreotti e lo sport: meritato il minuto di silenzio allo stadio

Mario Bocchio polemizza con Gramellini e gioca un po' sull'ironia come faceva il Divo Giulio. Ma come, proprio lui, torinista che non si allea con un romanista antijuve?

   

Andreotti e lo sport: meritato il minuto di silenzio allo stadio

Siamo rimasti fortemente sorpresi nel leggere il recente contributo di Massimo Gramellini, che nella sua ormai famosa rubrica ha voluto porre l’attenzione e l’accento sul minuto di silenzio in memoria di Giulio Andreotti prima del fischio d’inizio di Toro-Genoa.
Ci chiediamo: era presente allo stadio, oppure ha artatamente raccontato solo una parte di verità? Perché se è vero che nella curva Primavera è andata in onda una discutibile forma di protesta, fortemente strumentalizzata, dalla Maratona e dal resto dello stadio si è levato un assordante rumore di fischi.
Che ha finito per non essere rispettoso anche dei poveri morti nella tragedia del porto di Genova, ricordati assieme a quello che è stato e rimane il più importante uomo politico italiano.
Ma non è stato bello e civile perché, al di là delle legittime convinzioni personali, è stata violata quella pietas per i morti che fu propria anche di schieramenti assai contrapposti come gli Ateniesi e gli Spartani.
Ma d’altronde l’Italia continua ad essere la terra dei conflitti civili, e nemmeno il calcio si sottrae a questa regola perversa.
La morte del Divo Giulio ha dunque scatenato i cosiddetti professionisti del cordoglio ma non ha nemmeno fatto tacere chi lo aveva criticato in vita. Del resto è probabile che un uomo pieno di ironia come lui fosse per cultura contrario ai santini post mortem.
Il garantismo democratico impone di accettare innocente colui che è stato definitivamente assolto dalle accuse, e lui lo è stato.
Lo sport italiano a Giulio Andreotti deve parecchio. Prima di tutto perché da sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport (a soli 28 anni, nel 1947, da pupillo di De Gasperi) inventò il Coni relativamente autonomo dalla politica che è arrivato più o meno fino ai giorni nostri. Di fatto nazionalizzò il Totocalcio e ne fece gestire i proventi a Giulio Onesti (lo storico presidente del Coni, famoso anche per la definizione “ricchi scemi” affibbiata ai patròn del calcio), con il mandato di non finanziare solo gli sport più popolari ma di dare spazio un po’ a tutti. Da quella scelta intelligente, magari anche dettata da tornaconto elettorale, nacque un’ Italia in grado di mettere in campo squadre almeno decenti in quasi tutte le discipline, invece di concentrarsi su quelle più popolari.
A questo proposito, Andreotti fu sempre avversario dell’invasione di stranieri nel campionato di calcio, ritenendola negativa sia per i bilanci che per l’identità nazionale.
E ci ha particolarmente sorpreso il fatto che a fischiarlo siano stati soprattutto i tifosi del Toro, visto che, da autentico sostenitore della Roma, si è sempre battuto per contrastare lo storico strapotere della Juve.
Fu soprattutto vicino ai giallorossi di Dino Viola, che fece eleggere senatore per Democrazia cristiana e al quale sconsigliò la vendita di Paulo Roberto Falcao.
Combattere con gli Agnelli di quell’epoca non era facile. Forse sì, davvero Andreotti aiutò Dino Viola, il presidente dello scudetto di Liedholm, nelle grandi manovre per la Roma. Tutti sapevamo come andava sempre a finire con la Juve, tutti ricordiamo ancora adesso il gol annullato a Turone al Comunale, il 10 maggio 1981, che di fatto fece perdere lo scudetto alla Roma a vantaggio della Juve del Trap. La dice lunga la battuta, sintetica ma caustica di Andreotti: “Da credente quale sono, purtroppo mi rendo conto che le vie del Signore sono finite, mentre quelle di Agnelli sono infinite!”.
Si sente tanto parlare di giudizi storici, come se la storia fosse esente da pregiudizi, basti pensare al circo mediatico di ogni 25 aprile, ma quello sull’Andreotti sportivo non ha bisogno di aspettare tanto tempo: lo sport italiano può dire grazie a Giulio Andreotti, che in questo campo il suo minuto di silenzio se l’è ampiamente meritato.
Mentre Gramellini dovrebbe provare vergogna come cittadino italiano, ma soprattutto come tifoso granata.

 

 

Mario Bocchio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria