5 righe… di giornata
 

di Piercarlo Fabbio

Grillo ha incontrato matteo-pardo e ne è uscito rumore. Ma quando il leader dei 5 Stelle è sortito dalla stanza resa trasparente dalla diretta streaming, tra l'immane quantità di parole e concetti, uno mi ha colpito in modo particolare: in Italia non si perde il lavoro, ma il reddito. È quest'ultimo che ti mette fuori gioco, ti fa vivere ai margini della società, ti rende un paria in quella stessa comunità ove vivevi fino a prima almeno con dignità. Allora la Repubblica non è fondata sul lavoro, ma sul reddito. Che è cosa ben diversa. Sembra una banalità linguistica e concettuale, ma non lo è. Il lavoro è dunque uno strumento per produrre reddito e null'altro, mentre sappiamo - o credevamo di sapere - che insieme al capitale è elemento indispensabile per far funzionare l'impresa. Per tanti anni ce la siamo presa con i padroni che miravano solo all'utile ad ogni costo e ci è sfuggito dal controllo che il lavoro è dignità, patto sociale che definisce la mia appartenenza alla società. Lo abbiamo lasciato involvere verso mero strumento per produrre reddito. Così il lavoro, valutato solo in termini economici, è possibile che lo esplitino le macchine, i computer o chi altro e la simbiosi lavoro-uomo è saltata. Ora un giovane ed un cinquantenne senza lavoro sono la stessa identica cosa: sono reietti in casa loro, tra i loro simili, tra la loro gente, nella stessa loro famiglia. Chi dice che quado il lavoro non c'è bisogna inventarselo probabilmente oggi sbaglia: bisogna inventarsi un reddito! Ma sapete come può essere devastante un'affermazione del genere? Quale forza dirompente genera? Quali masse potrebbe muovere verso l'ordine istituzionale? Pensateci e magari poi ditemi.

(180) Alessandria 19 febbraio 2014