5 righe… di giornata
 

di Piercarlo Fabbio

La tempesta di Natale non è stata solo meteorologica, ma anche istituzionale: Prefetta e Sindaca si sono accapigliate per bene. Anche se in questo caso tengo per la Prefetta, potevano evitarselo, ma si sa chi comincia è certo il più colpevole nella gazzarra. Ma una cosa mi ha colpito sfavorevolmente: il modo di comunicare - tardivo e fallace - della sindaca alla cittadinanza, durante l'allarme fiumi. Gestita dall'immarcescibile ufficio stampa del Comune ormai trasformato in supino portavoce della prima cittadina, la cosiddetta comunicazione di pubblica utilità è diventata un'occasione per creare il mito. Abbiamo saputo ben poco dello stato della piena, della sua dinamica e soprattutto dei suoi sviluppi (che sono quelli che più interessano chi è in ansia, proprio perché non ha certezze su ciò che potrà succedere), ma moltissimo sui movimenti della sindaca, la sua partecipazione a riunioni, le sue insoddisfazioni sul nuovo sistema di coordinamento istituzionale, la sua insuperabile abnegazione. I comunicati, anzichè iniziare con Tanaro o Bormida, iniziavano con il nome e il cognome della sindaca. Quello era l'aspetto più importante, visto che il pericolo era largamente controllabile specialmente dopo gli ottimi lavori di AIPO, studiati dopo che il modello in scala del Tanaro in città ha permesso di ragionare non solo sul fiume "Tuono", ma anche su un'ipotesi bidimensionale che comprendesse pure la Bormida, ponendo così rimedio agli studi e correggendo gli interventi di sicurezza degli anni '90. In questo percorso di progettazione, finanziamenti e realizzazione (non ancora completamente terminata) occorre ringraziare - tra gli altri - le tante associazioni che si sono battute per migliorare i margini di sicurezza e che oggi vengono premiate per la loro utilissima perseveranza. In caso contrario avremmo dovuto leggere un comunicatino lieve lieve che più o meno avrebbe declamato così: "il sindaco M.R.R., approssimatasi alla confluenza di Tanaro e Bormida, ha levato il bastone patriarcale al cielo e ha diviso le acque assumendosi la responsabilità di tale compito, che invece sarebbe stato di tal Mosè, funzionario misconosciuto del popolo di Israele".

(171) Alessandria 28 dicembre 2013