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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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04/12/2005

Il lavoro unisce, lo sfruttamento no!

Prime considerazioni di Fabbio dal Congresso Nazionale di MCL, tenutosi a Roma, Hotel Sheraton, nei giorni 2, 3 e 4 dicembre.

   

Il lavoro unisce, lo sfruttamento no!

Il Presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, Carlo Costalli, ha iniziato la sua lunga ed articolata (così si dice al minimo) relazione al X Congresso Nazionale di MCL (Roma 2, 3, 4 dicembre 2005) con una domanda: il lavoro separa o unisce?
Bella idea per avere risposte non immediate e difficoltose. Cioè per condurre l’uditorio alla necessità di una riflessione profonda ed intensa.
In una società come la nostra, globalizzata si suol dire, dobbiamo scontare subito un paradosso: l’uomo consumistico è a “taglia unica”, il lavoro dell’uomo è a taglia differenziata.
Mi spiego: dopo la caduta del Muro di Berlino, si è pensato che un mondo tagliato in due potesse essere unificato non dai vincitori (il capitalismo occidentale), ma da uno dei loro prodotti: il consumismo. E per far ciò si è dovuto necessariamente omologare i beni, la loro offerta, le loro caratteristiche, uniformandole sui mercati mondiali. Ma soprattutto si è cercato (le malefatte riescono sempre!) di piegare interessi, di omogeneizzare tradizioni e radici, di modulare predisposizioni personalissime verso quelle offerte conformate che la produzione era in grado di offrire al minor costo, sfruttando le migliori economie di scala possibili, che erano poi quelle planetarie.
Ne è conseguito un tipo umano che “non solo consuma per esistere, ma che esiste per consumare”, come ben ha scritto Giulio Tremonti.
Oggi un consumatore francese compera lo stesso prodotto hi-tech di un suo simile giapponese; un compratore romano ha le stesse opportunità di scelta di un abitante di qualche altra parte recondita del mondo. Potersi permettere l’acquisto di quel bene è dunque solo un problema di reddito o di scelte individuali di consumo.
E per il lavoro? Non è avvenuto lo stesso fenomeno. Anzi il lavoro è stato lo strumento attraverso il quale rendere più redditive le intraprese produttive su base globale.
La Cina è entrata nel WTO l’11 dicembre 2001 e le nostre imprese hanno incominciato a delocalizzare i loro opifici verso l’est asiatico. Per tutti gli anni Novanta, il fenomeno si era qualificato in direzione dei Paesi dell’est europeo.
Perché le imprese lasciavano luoghi ove avevano sinergie, relazioni consolidate, servizi avanzati, know-how diffuso? Perché i costi del lavoro, in quelle aree, erano più bassi. Largamente più bassi.
Oggi, con l’Asia, il fenomeno si è aggravato, perché la Cina non è un Paese che accolga passivamente la localizzazione di imprese occidentali. Si è fatta essa stessa motore produttivo e attraverso i suoi dumping si propone concorrenzialmente sul mercato mondiale. Sono i dumping ambientali, monetari, lavorativi (in termini di costo).
Il lavoro dunque è ancora oggi, incredibilmente, sfruttamento. Uno sfruttamento più subdolo, perché camuffato dalla politica dei bassi costi dei prodotti al consumo. Eppure l’intuizione “fordiana”, per la quale le auto passarono in un battibaleno da beni per elites a beni di consumo di massa, è ancora davanti ai nostri occhi.
La risposta al quesito del Presidente Costalli, quindi, è negativa: il lavoro oggi disunisce, anche se sarebbe meglio dire che è lo sfruttamento del lavoro a farlo. E il lavoro degli sfruttati è ancora tematica di attualità. La necessità che si creino all’interno del lavoro processi di solidarietà atti a rimuovere al più presto tali condizioni è di assoluta indispensabilità. E questo è il compito prima di tutto culturale di organizzazioni come l’MCL.
Chiedo solo a MCL una cosa (e quindi la chiedo a me stesso): di ragionare su questi temi non solo in termini di stretti confini dello Stato, ma di aprirsi a visioni più globali, se è vero, come è vero, che l’Italia è uno Stato a sovranità limitata: il governo monetario sta a Bruxelles, le politiche economiche a Maastricht o al WTO. All’Italia però spetta garantire il Welfare, di cui il lavoro certo fa parte. Ma si sappia fin d’ora che non si può solo parlare di spesa, se mancano o si assottigliano i cespiti di reddito prodotto da un’impresa. E che non si può vivere – dopo l’ubriacatura post industriale – di solo terziario avanzato.

 

Piercarlo Fabbio
Presidente prov. MCL Alessandria

 

 

L'articolo è pubblicato anche sul sito ufficiale di MCL (www.mcl.it) all'indirizzo: http://www.mcl.it/headlines/articolo_view.asp?ARTICOLO_ID=4044

 


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