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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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20/09/2002

L'Europa, incapace di agire, manda alla guerra gli Usa

Il terrorismo internazionale è mero sintomo di una malattia più grande? 16° puntata della rubrica "Non solo per panchine" su Radio BBSI

   

Il terrorismo internazionale è puro sintomo di una malattia più grande? E quale sarebbe la cancrena da estirpare? È questa la posizione di Franco Cardini che, nel presentare un lavoro da lui curato (La Paura e l'Arroganza) e dedicato ai fatti dell'11 settembre 2001, esplicita la tesi del terrorismo come conseguenza o come strumento. A guardare bene non ci sarebbe nulla da obiettare se non fosse che il terrorismo viene con tali ragionamenti depotenziato, pur se le sue azioni rimangono altamente drammatiche ed ingiustificabili. Del resto la condanna di Giovanni Paolo II è stata netta: non vi è alcuna legittima ragione che possa giustificare un'efferatezza come quella condotta contro alcuni obiettivi negli USA un anno orsono. L'elemento scatenante è dunque più profondo e con buona probabilità attiene al grande scontro - o al grande divario - tra mondo ricco e mondo povero, tra l'occidente che ha generato ricchezza e welfare con il suo modello di sviluppo capitalistico e il resto del pianeta a cui sono stati sottratti dalla storia modelli alternativi come il comunismo o altri basati sulla congiunzione tra stato e religione. Il mondo povero, per le ragioni più diverse, preme sul mondo ricco con sempre maggiore intensità e il terrorismo è probabilmente una delle modalità di questa tensione che si trasforma in tragedia. Se ciò fosse vero dovremmo completare il quadro in modo meno manicheo, perché l'obiettivo di bin Laden non è rivolto principalmente alla distruzione dell'America, pur se questa è simbolo del mondo occidentale inteso nel suo complesso al punto di diventarne guardiano. Secondo molti osservatori l'obiettivo essenziale dello sceicco del terrore è quello di sfruttare le frustrazioni delle masse islamiche, escluse dal benessere e dal potere politico nei loro paesi, per farle rivoltare contro i loro Governi, amici dell'Occidente, e prenderne il posto. Il miraggio dei signori della guerra non è dunque - o non sarebbe - l'immagine del permissivismo, del consumismo, della libertà, del benessere, ma l'indebolimento e il sovvertimento del fratello di uguale religione che mina la compattezza del fronte, che accentua quelle differenze fra mondi che si vorrebbero lenire. La grande coalizione che si è frettolosamente creata alla vigilia dell'attacco all'Afghanistan è sicuramente qualcosa di nuovo nel panorama planetartio abituato ai due blocchi, ma, nello stesso tempo ha il sapore della scoperta di una realtà ben conosciuta nel mondo arabo. Forse ben più conosciuta nel mondo arabo di quanto lo sia in Occidente. Poi i focolai sempre accesi, come quello del conflitto Israelo-palestinese o altri scontri regionali tengono aperte le porte di una tensione a cui il terrorismo pensa di dare una risposta bruciando i tempi della soluzione di un divario enorme. E l'Occidente? Deluso, disperato, incapace di sciogliersi dalla sindrome dell'invulnerabilità a cui si era abituato dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dell'Unione Sovietica, si accorge che le certezze a cui si era abituato non funzionano più. Anche l'intervento bellico è una scorciatoia che non sappiamo quali risultati potrà dare. Forse è una necessità per sancire una rappresaglia o un'azione, piuttosto che una soluzione... Forse è un tentativo per evitare che ci si faccia prendere la mano da un nuovo empito colonialistico nei confronti di quelle civiltà che non attendevano certo il governo dell'Occidente nei secoli scorsi. Forse non è l'agire sicuro e fermo che ci si attendeva, ma solo un operare per approssimazione che indica - ancora ve ne fosse bisogno - che nessun modello è perfetto, che nessuna civiltà è imbattibile. Nemmeno la nostra... Ah, alla prossima... Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria