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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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07/09/2014

Palenzona, la politica, i giovani, l'economia

A palazzo Monferrato si incontrano in molti. Alcuni fanno politica di partito come i democrat in larga maggioranza, ma Palenzona ne gela molti. La terza via della politica o... la guerra. Una riflessione di Piercarlo Fabbio

   

Palenzona, la politica, i giovani, l'economia

Che cos’è il rasoio di Occam? Un ragionamento logico per il quale le entità non sono da moltiplicarsi oltre le loro stesse necessità. In parole povere: se una cosa non conta o se non è necessaria, non considerarla nei tuoi ragionamenti. È il principio che ha applicato Fabrizio Palenzona, ieri in Alessandria a palazzo Monferrato invitato da un laborioso Agostino Gatti, chiamato a ragionare sulla politica, davanti ad un pubblico purtroppo monopolizzato da una “ingombrante” presenza di simpatizzanti, iscritti, dirigenti del PD, con tanto di segretario regionale, provinciale, sindaco del capoluogo, presidente della Provincia scadente e chi più ne ha più ne metta. “Razza padrona” si sarebbe detto pochi anni fa. Non so oggi che termini si possano usare per indicare un’occupazione così imbarazzante delle istituzioni da parte di un solo partito a cui dovremmo aggiungere almeno il presidente della Regione e il Presidente del Consiglio, che poi è anche segretario del PD. E il cerchio si chiude. Non per Fabrizio Palenzona, che ha tradizionalmente autonomia di pensiero sufficiente a “rasoiare” l’invasione PD delle istituzioni e della sala che aveva di fronte.
Pur se presenti vi fossero molti ex democristiani, ex PPI, ex margheritini (oggi incredibilmente aderenti al PSE), non è sfuggito ai più attenti, che, mentre i democrat – anche i più giovani – si ostinano a non includere nelle ideologie del passato il comunismo, Palenzona ha di fatto dato la stura al ragionamento partendo dal fallimento su scala planetaria del comunismo, senza lesinare, però forti critiche al capitalismo in crisi ed evidenziando come la ricerca della terza via sia oggi così indispensabile da essere vera alternativa ad un’incipiente, quanto inarrestabile guerra. Una considerazione cinica fin che si vuole, ma realistica: o la politica trova soluzioni nuove e l’economia segue a ruota o diventa inevitabile risolvere le contese fra ricchi e poveri del mondo con un altro infallibile sistema, cioè il conflitto su larga scala. Ecco perché la necessità di una terza via, che può trovare una ragione d’essere proprio in spezzoni di ideologie sepolte forse troppo frettolosamente, che in una sorta di melting pot ideale saldino valori non negoziabili con le istanze di chi meno ha. Il cattolicesimo democratico, al quale Palenzona è iscritto fin da giovane, ha in sé i germi di tale orientamento.
L’operazione è però tutt’altro che facile. Incamminarsi alla sua ricerca, come Diogene, è però già un segno di percorso. Tra le mille strade possibili, tra gli interessi di bottega di chi gestisce il potere, tra le variabili incommensurabili che gli uomini trasportano nelle loro relazioni, un cammino verso una nuova dimensione della politica è già più di una flebile indicazione.
Ma la politica deve poter recuperare non tanto un primato, quanto una vera dignità. Oggi il politico, trasformato erroneamente in una categoria (come gli idraulici, gli ingegneri o i taxisti) deve potersi richiamare al suo vero obiettivo: stare dalla parte di una società che cerca un continuo equilibrio tra ricchezza e povertà. Anzi, Palenzona che banchiere è, si spinge sul piano politico a dichiarare che la politica non interessa ai ricchi (per i quali se non vi fosse sarebbe quasi meglio), ma è indispensabile per i poveri, per chi meno ha. Proprio sulle ceneri di questo popolo – andato ad ingrandirsi a dismisura negli anni di crisi, risucchiando anche quel ceto medio che problemi economici non aveva avuti da tempo e che oggi invece ha – si è impostata una campagna denigratoria della politica in sé, che ha finito per autodemolire proprio chi della politica aveva maggiore necessità. La perfidia tattica dei poteri forti è giunta al punto di inserire nella società violente critiche sistemiche alla politica, volendo loro disegnare nuovi assetti e preordinare un consenso diffuso verso gli stessi da parte di chi – il popolo – questo consenso ha come patrimonio connaturato in democrazia.
Ma la politica deve riuscire a scrollarsi di dosso questa spada di Damocle, pena la sua definitiva morte e quindi, di fatto, la consegna dell’ordine mondiale – ma anche solo nazionale – nelle mani di chi proprio della politica non ha bisogno. Da questo punto di vista guardare alle ultime riforme (il Senato, le province) come sottrazioni di istituzioni vincolate al consenso e quindi al popolo, non è sbagliato. Il pericolo che abbiamo sotto gli occhi è forse quello che riusciamo a vedere meno.
Proprio le riforme – qui Palenzona è stato netto e tranciante – che faticosamente si mettono insieme, finiscono per essere ben poca cosa. Non possono esserci riforme se non vi sono fondi per finanziarle. Le riforme a spesa invariata sono redistribuzione, ma non reale incidenza sulla mutata realtà delle nostre strutture.
Così il valore dei giovani in politica, i costi e le prerogative, non i privilegi, le regole rigide dell’Europa, la necessità di una fluttuazione delle norme tra valori raggiungibili, la fallacità della tecnocrazia e il suo bisogno e tanto altro ancora sono stati i temi su cui si sono svolte le considerazioni di Palenzona.
Molte condivisibili e da mettere all’ordine del giorno di una politica che vuol cambiare non solo nelle forme. Segno inequivocabile che quando si alza il livello e la si smette di parlare di posti e di nomine, mentre siamo agli ultimi giorni di Pompei, le convergenze di alcuni possono aiutare i molti a migliorare la loro esistenza. Nel pieno raggiungimento della vocazione che la politica ha.

 

 

Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria