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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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27/02/2011

L'eroismo di Bruno Pasino in nome della Patria

Il sindaco Piercarlo Fabbio ricorda la figura della Medaglia d'Oro trucidata dai nazifascisti nel gennaio 1945. Il dibattito dell'epoca e la consapevole convinzione dell'alessandrino nella difesa dei suoi compagni

   

L'eroismo di Bruno Pasino in nome della Patria

Autorità carissime, generale Turchi, sindaco Guaschino, signora Rosa, Vincenzo e Mario,

 

quando, qualche anno fa, insieme alla famiglia di Bruno Pasino si è deciso non solo di rendere onore alla memoria della Medaglia d'oro con la deposizione di una corona al cippo di Casalbagliano, ma anche di approfondire, di volta in volta, la storia di quei momenti, ci era chiara una cosa: non ci sarebbe bastato il racconto di un episodio; ci sarebbe, invece, stato particolarmente utile affrontare il quadro, il panorama entro il quale l’eroismo di Bruno Pasino veniva a descriversi.
Questo era probabilmente il compito che ci consegnava un eroe così grande.
Ma c’era un pericolo, quello del rito, cioè il timore di riproporre costantemente, pur a distanza di un anno, le stesse questioni e di non accogliere, invece, la lezione che Pasino ci indicava.
Quella scelta che sta nell’intrepida resistenza ai propri aguzzini, è qualche cosa che mette in moto la volontà di conoscere la storia e ci obbliga pure a ragionare sul dibattito dell’epoca.
Non si spiega, altrimenti, come un soldato, non solo decida di non aderire alle richieste della Repubblica Sociale Italiana, ma anche di passare alla Resistenza attiva. C'é qualche cosa di diverso che sta dentro all’animo umano. Non è solamente il senso della trasgressione a prevalere, ma la profonda conoscenza del dibattito che, in quegli anni, cresceva intorno a Bruno Pasino e al quale partecipa attivamente.
Se da una parte c’era il pericolo del rito, dall’altra c’era quello del mito, cioè del fatto che si volesse, in qualche modo, rendere sempre più retorica la nostra conoscenza di quell’episodio, di quei fatti, di quegli atti estremamente intrepidi. Ve ne sarebbero comunque state ragioni e argomenti.
Secondo me però c’è un eroismo ancora più grande, l'eroismo della scelta quotidiana: l'essere consapevoli, non essere spinti da nulla che non sia profonda consapevolezza.
In quegli anni infatti si rincorrevano ragionamenti l’uno diverso dall’altro, tutti peraltro con un difetto, quello di non riconoscere l'avversario.
Vi era un’interpretazione politica della guerra e della sconfitta utilizzata da Alcide De Gasperi, all’indomani della liberazione. Lo statista trentino utilizzò il concetto della parentesi di Benedetto Croce, ovvero il fascismo come parentesi della storia italiana. Ecco perché a volte parliamo di secolo breve.
De Gasperi tentò di fare una distinzione, che servì poi al tavolo della pace: quella tra italiani e fascismo.
Era questo, forse, il punto di riferimento di Bruno Pasino? Si sentiva un italiano così distante dal fascismo da combatterlo, oppure questa è una costruzione dialettica della politica che, vi ricordo, De Gasperi portò direttamente alla conferenza di pace di Parigi, il 10 agosto del 1946, quando iniziò il suo mirabile discorso con queste parole: "sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia è contro di me, e soprattutto la mia qualifica di ex nemico che mi fa considerare come imputato."
Bastava questo oppure c’erano altre interpretazione del fascismo?
Ce n’era una di Togliatti.
Nel 1935 Togliatti, durante le sue lezioni a Mosca, parla del fascismo come passaggio senescente del capitalismo. É una interpretazione marxiana, quasi necessitata: il capitalismo per morire ha necessità di passare attraverso questa fase. Togliatti giustifica la presenza del fascismo nella storia solamente perché vi è una speranza più grande che lo sta travolgendo. Oppure vi è anche in questa sorta di auto rappresentazione della vittoria dovuta al dibattito in campo, la posizione più radicale, quella di Francesco Saverio Nitti, quella di Giustino Fortunato, che cercavano le ragioni della nascita e della permanenza del fascismo in altra parte della storia patria. Fu probabilmente questa, in modo maggiore, l’interpretazione che stette dietro alla scelta di Bruno Pasino.
In ognuna di queste analisi c’è, però, una manchevolezza: il naturale riconoscimento dell’avversario.
Oggi, a distanza di tanto tempo, possiamo dire che ognuno di noi è grande se riesce a sconfiggere un avversario, che non gli venga sottratto dalla storia.
Io penso che Bruno Pasino avesse chiaro di avere di fronte un nemico, un avversario e che questi dibattiti politici, storiografici e concettuali fossero in qualche modo riduttivi rispetto alla grande scelta che Pasino aveva fatto. Forse a lui si possono attagliare le parole che Benedetto Croce, nella Assemblea Costituente del 1947, due anni dopo, pronunciò con enfasi quasi non riconoscendo la stessa teoria della parentesi che lui medesimo aveva dichiarato.
Diceva il filosofo italiano:
"Noi italiani abbiamo perduto una guerra, e l'abbiamo perduta ‹‹tutti››, anche coloro che l'hanno deprecata con ogni loro potere, anche coloro che sono stati perseguitati dal regime che l'ha dichiarata, anche coloro che sono morti per l'opposizione a questo regime, consapevoli come eravamo tutti che la guerra sciagurata, impegnando la nostra Patria, impegnava anche noi, senza eccezioni, noi che non possiamo staccarci dal bene e dal male della nostra Patria, né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte."
Queste parole sono determinanti, ci fanno capire come, nel momento in cui si resiste ai propri aguzzini perché non si vogliono rivelare informazioni che possono essere loro utili, si creano quelle condizioni di tutela di un tesoro grandissimo, che è certamente l’amicizia, la conoscenza di alcune azioni, è certamente qualche cosa che riguarda la congiuntura della lotta resistenziale dell’epoca, ma è sostanzialmente una cosa più grande se portata all’astrazione assoluta: l’amore per la patria; la patria prima ancora della libertà!
Gli eroi della scelta resistenziale vedevano questi valori piano, piano, a poco a poco, disciogliersi tra mani nemiche e ciò non potevano sopportare. A costo della vita avevano deciso di difenderli.

 


Il sindaco di Alessandria
Piercarlo Fabbio

Alessandria, sala Giunta, gennaio 2011

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria