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Intervento al
convegno “Le immagini per il clima”
Ringrazio per
l’invito il collega Massimo Passo, che mi ha fatto l’onore di potere stare
insieme a voi questa mattina, così come ringrazio il dottor Varaldo per la
dimostrata prudenza ambientalista, per questo suo neo-pessimismo cautelativo: ci
ha detto che in realtà non è tutto oro quello che luccica. Ed è proprio questo
il concetto che dobbiamo seguire.
Nel momento in cui si parla di fonti rinnovabili, noi ci facciamo trascinare
dall’entusiasmo in direzione di un grande ottimismo ambientalistico, senza
magari mai avere testato a fondo le nuove soluzioni ideate. Uno dei casi più
eclatanti è quello delle bio-masse da legno, che prevedono biodigestori da
alimentarsi con le piante e le loro ramaglie. Si pensi che ogni ettaro di bosco
dà circa una tonnellata di legno (possiamo raddoppiarla con il sottobosco e le
ramaglie) e che un bosco, per riprodursi, impiega circa 10 anni. Per produrre il
10% del fabbisogno annuo di energia (4Gw/a) occorrerebbero 120.000 Kmq di bosco.
In Italia ne abbiamo solo 45.000. E in un anno disboscheremo il paese.
Ci troviamo dunque di fronte alla necessità di una interpretazione diversa delle
fonti rinnovabili, probabilmente più basata sugli scarti delle nostre produzioni
che sull’attacco alla natura.
Addirittura mi è parso, in termini di premessa generale, che alcuni colleghi e
studiosi approfondissero la materia al punto da realizzare condizioni di
sfruttamento intensivo delle fonti naturali con la mera scusa di potere
utilizzare energia da fonti rinnovabili. Evitiamo questi errori per il troppo
ottimismo ed iniziamo a vedere quali sono le esperienze che si sono fatte in
questi anni, e che tipo di risultati esse possono dare.
Ultimamente la sensibilità ambientale è cresciuta. Alessandria è stata la prima
città ad avere un villaggio fotovoltaico costituito da 20 edifici e 298 unità
abitative costruite in parte dal pubblico e in parte dal privato. Tutti i tetti
di questo villaggio sono disseminati da pannelli fotovoltaici di prima
generazione che producono circa 2000 Kw/h di energia. Questa energia viene messa
in rete e dal contatore si prendono i kwh necessari per fare funzionare le parti
comuni degli stabili. In tutto ciò, vi è un aspetto più urbanistico che
ambientalistico: questi villaggi sono costruiti come dei grandi quadrati in cui
al centro vi sono o dei laghetti o strutture di recettività sociale. Questa è la
vera bellezza e saremmo potuti arrivarci anche senza l’approccio
ambientalistico.
Il progetto ha avuto grandi riconoscimenti perché è l’unico in I’Italia e oggi
iniziano a delinearsi le ragioni, o le non ragioni, di un atteggiamento troppo
ottimistico: quanto tempo ci vorrebbe per ammortare il costo di un pannello
fotovoltaico di prima generazione se non ci fossero i contributi pubblici? Dai
70 agli 80 anni, peccato che la vita media operativa di un pannello fotovoltaico
è di 20 anni. Bisogna guardare a queste tecnologie con la necessaria prudenza.
Nonostante tutto, noi riteniamo che il nostro piccolo granello di sabbia
all’interno del mare magnum del mondo, debba essere portato.
Il secondo progetto, assai interessante, in cui siamo unici in Italia –
Alessandria è il comune capofila - è un programma europeo del 2007 che si chiama
“Concerto”. Noi l’abbiano denominato Concerto AL piano. La comunità europea ci
aiuta in questo progetto con circa 2 milioni e mezzo di euro e noi ne rilanciamo
circa un trentina.
Dobbiamo capire che l’economia è strettamente interconnessa con l’ecologia. Le
condizioni di una crisi economica come quella in corso risiedono nel voler dar
troppo peso al presente a discapito del futuro, e le condizioni della crisi
ecologica sono le stesse: fare prevalere il presente rispetto al futuro. Ad
esempio, io non compro un appartamento che mi fa risparmiare 10kw/h per metro
quadro, ma compro un appartamento che costa un po’ di meno ma che però è almeno
oltre i 100 kw/h. L’ausilio del pubblico deve esserci per riuscire a regolare il
mercato nel caso in cui questo non è in grado di autoregolarsi. L’ecologia è uno
dei campi in cui l’intervento del pubblico è necessario per fornire delle linee
chiare di sviluppo.
“Concerto AL piano” si basa sull’utilizzo delle fonti rinnovabili. Noi abbiamo
impiegato un quartiere costruito negli anni ’60, quando si pensava che gli
immigrati andassero seppelliti e ghettizzati dal punto di vista urbanistico,
marcando il confine con la città. Operazione che si è tentata anche con l’ultima
immigrazione degli stranieri e che non ha funzionato perché le città non avevano
più espandibilità. Conseguenza logica: si sono affittati loro dei quartieri
interi. Errore urbanistico clamoroso, perché gli immigrati andavano integrati
all’interno della città. Ciò avrebbe favorito l’integrazione e l’acquisizione
della diversità come patrimonio comune da scambiarsi.
In questo particolare quartiere – purtroppo diventato luogo del disagio nel
corso del tempo - noi conduciamo la diagnosi energetica su tremila case cercando
di capire quanto un’abitazione consuma (circa 240 kw/h per metro quadro annuo).
Analizzando questi parametri si intraprende una serie di azioni per riuscire ad
abbattere tale costo. “Concerto AL piano” prevede anche il risanamento
energetico su 48.000 metri quadri di superficie e la riqualificazione energetica
di 299 abitazioni di edilizia economico – popolare.
Stiamo costruendo un nuovo eco villaggio che cerca di utilizzare anche le più
avanzate soluzioni che sfruttano il verde, come tentativo per abbattere i
livelli di global warming partendo dalle isole urbane di calore.
Le città sono isole di calore e riproponendo verde laddove c’è costruito,
riusciamo a contrastare tale produzione. Occorre trasformare il costruito in
modo che sappia accogliere il verde.
Vi faccio un esempio. Ad Alessandria, avevamo una piazza molto materica, senza
verde: piazza Marconi. Essa adesso accoglie circa 7/8 gelsi, che sono stati
messi in grandissimi vasi e non cresceranno molto perché sono dei bonsai
giganteschi. Tra le piante spunta ancora il costruito dell’uomo, il che vuol
dire che si può tenere insieme l’una e l’altra cosa.
In quali altri modi si posso contrastare le isole di calore? Per esempio creando
dei collegamenti tra le case, delle serre di verde, che possono abbattere, con
un particolare microclima, la necessità di riscaldamento delle parti comuni.
È una bella sfida per il risparmio energetico.
“Concerto AL piano” prevede anche misure per la rivitalizzazione sociale ed
economica.
Questo ci ha portato ad essere nel 2008, unica città italiana capofila di
progetto, città pioniera della Covenant of Major, cioè del cosiddetto Patto dei
Sindaci.
Il Patto ha in sé una incredibile novità. La Commissione Europea tiene i
rapporti con le nazioni. Le autonomie locali erano “cosa nostra” per le nazioni.
Gli Stati membri si occupano in via esclusiva delle autonomie locali. Con la
Covenant il Governo dell’Europa parla direttamente con le città, perché esse
sono le protagoniste del destino comunitario in termini ecologici ed energetici.
Quando noi firmammo nel 2008, come città pioniera, la Covenant of Major, in
Italia eravamo in sei: Alessandria, Torino, Venezia, Roma, Lodi e Milano. Adesso
siamo molti di più e dobbiamo seguire le condizioni che il Patto dei Sindaci ci
pone.
Perché siamo in vantaggio rispetto a tutte le altre città? Un po’ perché siamo
città pioniera e un po’ perché i nostri consulenti sono quelli che hanno fatto
nascere la Covenant of Majors per cui provano da noi: in realtà noi non siamo i
primi, siamo le cavie.
Il primo anno dovevamo fare l’istruttoria del Patto dei Sindaci, cioè vedere
effettivamente cosa chiedesse il testo da noi firmato.
La seconda azione era il Profilo dell’ambiente urbano, cioè come il nostro
ambiente è conformato.
La terza era il bilancio energetico urbano: la Covenant of Majors, di fatto, ha
l’obiettivo di ridurre del 20% le emissioni di Co2 entro il 2020, obiettivo
ambiziosissimo.
Finora siamo arrivati alla definizione del profilo dell’ambiente urbano e del
bilancio energetico urbano, poi affronteremo gli obiettivi di riduzione della
Co2 ed il piano della riduzione della Co2.
Come funziona e qual è il bilancio energetico di Alessandria? Noi abbiamo una
città di 95.000 abitanti, con una superficie di 170 kilometri quadrati, più o
meno grande come Marsiglia, più grande dell’area urbana di Milano.
I consumi sono stimabili in 562.000 tonnellate di Co2 annue. Noi dunque
produciamo 562.000 tonnellate di Co2 ogni anno, il che vuol dire che ridurrre
del 20% significa toglierne circa 100.000.
Il 32% è prodotto dal residenziale, il 12% da pubblico e terziario, il 38%
dall’industria e il 18% dai trasporti pubblici e privati (tutte queste battaglie
sul traffico, levano probabilmente poco, dovremmo fare più battaglie sui
bersagli grossi, come, per esempio, l’industria – 38% -, il residenziale – 32%
-: Su ciò dovrebbe esserci una forte tensione della nazione e, invece, ci
gingilliamo con la questione delle PM10. Importante, ma bersaglio minore, tutto
sommato. Peraltro noi siamo rientrati, pur residenti nella Pianura Padana,
all’interno dei livelli che la Comunità sollecita, 40 microgrammi per metro
quadro. Eppure questo non ci soddisfa perché abbiamo, molte volte, obiettivi
sbagliati rispetto a quello di cui ci sarebbe bisogno. Tra residenziale e
industria andiamo al 70%: Non è poco, lì si dovrebbe attaccare massicciamente.
Ecco perché “Concerto AL Piano”, ecco perché il Villaggio fotovoltaico, ecco
perché tutta una serie di interventi, per esempio, di cambiamento
dell’illuminazione pubblica.
Alessandria è la prima città in Italia dove sono stati installati impianti di
illuminazione pubblica a led.
Come va la cosa? A me piace, tanto è vero che il primo blocco è di 150 punti
luce e 120 sono già stati installati. Vuol dire due strade lunghe
complessivamente circa 3 km.
Ieri all’Assemblea dell’Anci c’era Enel Sole, che indicava le quattro città
italiane che hanno lavorato con loro per l’illuminazione a led: noi siamo stati
i primi. E i grandi pannelli dello stand erano dedicati anche ad Alessandria.
Abbiamo un po’ rischiato perché questi illuminatori non erano ancora in
produzione: quando abbiamo deciso avevamo un catalogo e qualche specifica
tecnica. Ho detto “Va bene”. Perché un illuminatore normale vale dai 150 ai 250
Watt e un illuminatore, di migliore intensità, a led, è di 84 watt: già vedete
dove vadano riduzione e abbattimento.
Peraltro, nelle strade in rifacimento con pavimentazione di un certo pregio,
posizioniamo illuminazione pubblica a led. La cosa funziona: la luce è più
bella, è più mirata, ha meno dispersione verso la volta celeste, c’è meno
dispersione sulle case. Non illuminiamo le case, illuminiamo la strada.
Illuminiamo ciò che serve.
I colori sono quelli veri, il che pone anche un altro problema alle città che
d’inverno città stanno più al buio che alla luce. I Piani colore debbono essere
virati su una tavolozza di colori un po’ più vivi, un po’ meno pastello perché,
forse, così, la sera, risaltano di più le facciate.
Da noi sono già venuti una decina di sindaci – facciamo ormai il lavoro di
promoter – per vedere come funzionano le installazioni a led e decidere il da
farsi.
Noi abbiamo un piano, nel prossimo anno e mezzo, per sostituire, con il gap
energetico 3.500 illuminatori sui 12.500 dell’intera città.
Il programma Concerto,di cui parlavo prima, vale 700 tonnellate in meno
all’anno: è un programma grande, 30 milioni di Euro, 700 tonnellate in meno di
Co2 all’anno, il che vuol dire che la strada per arrivare alle 100.000 è,
effettivamente, lunga.
Questa operazione, con i 3.500 illuminatori sostituiti, a regime, varrà 525
tonnellate in meno e siamo arrivati a un centesimo di quello che ci serve, con
queste due cose.
Questo vuol dire che c’è altro da mettere in campo.
Vi parlavo prima delle biomasse: se uso i rifiuti hanno un senso, se uso gli
alberi non hanno un senso.
Noi abbiamo dato il via alla costruzione di un biodigestore per fanghi da
depurazione delle acque: allora sì che il rifiuto mi serve per abbattimento e
energia.
Oggi tutto il Piemonte, non solo la città di Alessandria, prende i rifiuti da
depurazione delle acque e li porta, se va bene, in Lombardia, oppure, se va
male, in Germania o in Francia.
Quando la Lombardia chiuderà gli impianti, come ha già fatto circa un anno fa,
noi saremo costretti ad esportare.
Sapete quanto costa, alla tonnellata, conferire in un impianto estero? Circa
170/180 Euro. Sapete quante tonnellate produce una città come Alessandria?
Circa 7.000 tonnellate all’anno.
Lascio a voi svolgere l’aritmetica; arrivate a superare di gran lunga il milione
di euro; buttato via, non utilizzato. Prendiamo questo milione di Euro per i
prossimi 5 anni (in realtà portare in Lombardia costa meno – circa 120 Euro) e
potremo costruire un impianto che serva anche a un fabbisogno provinciale o
interprovinciale - perché è solo un problema di dimensionamento - con 4, 5
milioni di Euro. In 5/7 anni si ammorta ma, soprattutto, da quell’impianto
produciamo energia pulita e questa è un’altra azione che abbatte livelli di CO2
equivalente.
Volete che termini questo intervento facendovi sorridere?
La luce votiva dei cimiteri: fate sostituire le lampade con i led.
Il cimitero monumentale di Alessandria, che è molto grande, avendo sostituito
tutte le lampadine ad incandescenza con i led, consuma 13 kW. Una bolletta che è
poco più di tre volte quella che pagate nelle vostre abitazioni.. Poi, se sui
tetti delle strutture pubbliche, andate a far mettere dei pannelli fotovoltaici,
ammesso che qualcuno non veda che i tetti siano in brutto stato e, quindi,
decida di non metterveli, fate un altro passo in avanti.
Praticamente queste sono tutte piccole azioni che portano, poi, all’obiettivo,
ma sono piccole azioni: non vorrei che qualcuno avesse l’idea che energia
rinnovabile sostituisce decisamente il petrolio o il metano.
Un ultimo esempio.
La costruzione di una centrale a biomassa e il teleriscaldamento: questa è
un’altra delle grandi questioni.
C’è qualcuno che ha detto: “Io costruisco una centrale a biomassa, faccio
digerire un po’ di piante, disbosco mezza provincia di Alessandria per fare la
filiera corta – perché c’è pure il problema della filiera corta, mica posso
andarli a prendere in Croazia, devo disboscare da me - e, in primis, produco
energia, cioè faccio una centrale elettrica. L’acqua, che è un prodotto di
scarto, perché serve per il raffreddamento, viene messa in circolo fino alle
case dei cittadini. Il metano o altri combustibili verrebbero così sostituiti
dall’acqua calda.
Perfetto.
Ma chi paga?
La bolletta energetica ambientale, non quella reale, del passaggio dal metano al
teleriscaldamento, chi la paga?
Se la paga il pubblico, potrebbe essere giustificato da quell’idea, di cui vi ho
detto, che il pubblico deve autoregolamentare i processi che riguardano il
futuro.
Ma, oggi, la pagano le famiglie.
Una gestione a metano, di un ciclo integrato di riscaldamento vale 80-82 euro
per Megawatt. La stessa gestione, con il teleriscaldamento, non vale meno di 120
euro per Megawatt.
Questi 40 euro in più, indipendentemente dal fatto di aver ammortato gli
impianti e spaccato tutte le strade, chi li paga?
Per ora, le famiglie.
Sono bollette che, io, alle famiglie, non vorrei caricare, né vorrei produrre
energia attraverso il disboscamento.
Ultimissima questione: lo sfruttamento dei salti di pressione del metano.
Il metano ha dei salti di pressione perché, in rete, viaggia con pressioni più
alte che casa vostra. Bisogna utilizzare energia per abbattere la pressione:
bisogna riscaldare il gas, per abbattere la pressione.
Noi abbiamo un progetto per utilizzare i salti di pressione e, nello stesso
tempo, cogenerare energia. Qui si usa liberamente la filiera corta, rigenerando
le nostre produzioni agricole: intorno ad Alessandria si coltivava la
barbabietola da zucchero. Poi gli zuccherifici hanno chiuso e si sono dovuti
convertire i campi in coltivazione di cereali, grano e granturco
sostanzialmente, che sono risultati meno economicamente vantaggiosi rispetto
alla barbabietola da zucchero.
Noi potremmo, per esempio, utilizzare - ecco l’elemento regolatore dell’Ente
pubblico - il surplus di quello che produciamo pagando gli agricoltori affinché,
intorno a quegli impianti, possano coltivare soia e girasole, che a loro volta
ci consentono di produrre olio per far funzionare gli impianti.
Anche questo è un elemento di abbattimento del CO2: pezzo per pezzo, passo dopo
passo, briciola dopo briciola.
Non pensiate che l’immane necessità di energia di cui noi abbiamo bisogno
attraverso le fonti non rinnovabili sia oggi sostituibile.
Da una parte occorre un approccio positivo che consenta di verificare le
condizioni di non sostenibilità ecologica ed economica, e, dall’altra, veda le
città grandemente disponibili e straordinariamente protagoniste di questi
processi.
Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria
Serravalle Sesia, 10
ottobre 2009
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