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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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05/04/2009

Benedicta 65 anni dopo... dovremo ritornare ancora

Il saluto di Piercarlo Fabbio. Il recupero di una tradizione cattolica anche nella liberazione e il riscatto come tentativo di presentare un'idea diversa di nazione al mondo

   

Benedicta 65 anni dopo... dovremo ritornare ancora

Saluto di Piercarlo Fabbio, sindaco di Alessandria, alla Benedicta
Bosio, 5 aprile 2009

Passano gli anni, ci si ritrova quasi reduci della nostra memoria, ma resta la ferita. Non la si riesce a far rimarginare, tanto è il dolore che ancora provoca. Comprendo chi non voglia perdonare, ma il perdono – non l’oblio – è uno strumento in mano all’uomo e alla sua intelligenza.
Ogni tanto cerchiamo di annegare il dolore nelle braccia amiche della storia, ma non ci riusciamo ancora. La memoria non vuole e non deve lasciarci. Non è una questione di commemorazione, né di commiserazione per l’uomo che non riesce a superare le sue debolezze. È questione connessa ad un dolore mai rimosso.
Penso ai più giovani, a quelli come me che giovani non lo sono più, ma che hanno già imparato dai racconti della storia. A coloro che non sono testimoni del tempo, ma recano il testimone del tempo.
Saremo in grado di comprendere la profondità del dolore, dell’ingiustizia, della violenza o li annegheremo nel contesto storico? Saremo capaci di comprendere che per la democrazia, per la libertà – oggi finalmente saldi pilastri del nostro vivere nella comunità nazionale – si può dare in cambio ciò che pensavamo avesse un valore sovrastante, cioè la vita?
Bene, quando vengo alla Benedicta, queste domande mi pervadono, quasi mi ossessionano e non sempre trovo le risposte adeguate. Devo venire ancora per comprendere, insieme a voi, se saremo in grado di spiegare il dramma nei prossimi anni o se dovremo ancora patire il dubbio.
E dire che il regalo alle generazioni seguenti è stato immenso, il sacrificio incredibile, straordinario… Eppure…
…Eppure esiste un percorso storico, che ogni tanto l’uomo sospende con l’innegabile sprezzo della sua stessa identità, a cui occorre guardare con maggiore intensità, pena il non comprendere le ragioni del suo diniego e del suo superamento.
Uno di questi obnubilamenti, uno di questi nascondimenti è da ricercarsi nelle ragioni che reggono per un ventennio il fascismo al potere, nella sua caduta quasi improvvisa, nel progressivo distacco degli italiani dalla sua guida. Forse solo capendo questo, anziché cancellarlo, si riuscirà a carpire il senso della straordinaria azione dei partigiani, si potrà tentare di riconoscere i motivi di una guerra nella guerra, di un paese diviso in due, di italiani che decidono strade diverse, che si combattono aspramente con un odio che solo un conflitto biblicamente fratricida può scatenare.
E allora gli eccidi, le stragi, i supremi sacrifici potrebbero apparirci conseguenze naturali di situazioni create da un potere ormai cieco, poi corrette dal basso. Allora anche la storia deve essere letta dal basso e per questo la ragione va consegnata ai vincitori e i vinti accolgano le ragioni dei primi.
Possiamo dunque vantarci dell’eredità che questo luogo ci lascia. Possiamo individuare un significato sempre più profondo all’identità della nostra città, Alessandria, a nome di cui io parlo, ricordando il martirio della Brigata Autonoma Partigiana Alessandria e della Brigata Garibaldi Liguria. Possiamo ricordare il ruolo della nostra secolare cultura cattolica, che ancora ci parla tra i ruderi dell’abazia benedettina, le cui strutture avevano garantito il riparo.
Possiamo gloriarci di poter vivere la libertà e la democrazia, perché sorretti dal grande impulso che quei giovani, male armati, braccati dal rastrellamento, incalzati dalla superiorità numerica degli avversari, ci tramandano ancora, con le loro voci portate dal vento, con i loro sguardi scolpiti nella pietra, con i loro valori che ci è bastato vivere e praticare, ogni giorno, come omaggio continuo alle loro scelte verso la parte del “Riscatto”.
Ecco forse questo è l’insegnamento più grande, quello che ci trascina in modo più netto ad individuare che il movimento partigiano, in connessione con gli alleati, ha garantito a molti altri, anche a coloro che avevano scelto una diversa speranza, di delineare un futuro differente per l’Italia, riscattando gli errori del passato, consentendoci di presentarci agli occhi del mondo come coloro che avevano sinceramente percorso un cammino di catarsi, pagando l’alto prezzo dell’odio, della violenza, del dramma, del sacrificio delle vite umane da parte di un’intera generazione di giovani.
Eppure questo non basta. Ancora non basta a placare le nostre domande sull’uomo, sui suoi valori, sui suoi errori, sulle sue debolezze.
Dovremo ritornare. Ancora

Piercarlo Fabbio


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