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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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08/03/2009

La Biblioteca civica intitolata a Francesca Calvo

Un breve ricordo del Sindaco Fabbio e il perché di una dedica alla prima cittadina donna di Alessandria

   

La Biblioteca civica intitolata a Francesca Calvo

Ricordo di Francesca Calvo in occasione dell’intitolazione della Biblioteca Civica di Alessandria – 8 marzo 2009

Concittadini, autorità

Ci apprestiamo ad un atto simbolicamente straordinario: appaiare il nome di un Sindaco a quello di un’istituzione storica della nostra città. E lo facciamo per un Sindaco donna nel giorno dedicato alla donna… altra epifania. Come altra manifestazione dovuta è quella di superare – o almeno tentare di farlo – la genericità dell’aggettivo “civico” (pur sempre indicante l’idea di comunità) con il nome ed il cognome di un grande personaggio della nostra storia. Quasi ci sforzassimo di estrarre una personalità dal novero dei nostri concittadini di ogni tempo e segnalarlo per sempre alla nostra memoria.
Già, la memoria. Forse qui troviamo la prima ragione: memoria di chi ha voluto e guidato nella prima fase la ristrutturazione e quindi il rilancio di quest’istituzione culturale; memoria di chi ha governato la città a cavallo di due secoli; memoria di chi ha avuto il coraggio, fra i primi, di far assurgere il tema della memoria collettiva ad argomento politico.
Penso che l’elenco del potere della memoria, direttamente legato alla figura di Francesca Calvo, potrebbe continuare ancora per un po’, così, in astratto. Meglio ricordare in concreto come, da Sindaco e da politica, aveva caratterizzato la sua azione.
Parto da un particolare magari insignificante: la “Signora Sindaco” (ci eravamo così accordati per non declinare al femminile il titolo e, nello stesso tempo, rimarcarne il genere. Per l’epoca era una novità anche questa) aveva disseminato la sua scrivania, nell’ufficio sopra l’androne di Palazzo Rosso, di piccole composizioni floreali in vetro di Murano: le murrine, fermacarte multicolori dalle forme ovoidali. A chi le chiedeva perché tenesse tanto a quei soprammobili, rispondeva semplicemente "perché mi piacciono" e a voler conoscere immediatamente il parere dell'interlocutore aggiungeva "e a te?".
Forse le motivazioni di quella scelta stavano nella somiglianza di quell'oggetto con il suo carattere: un cuore di fiori stagnato nella scorza dura di un vetro impenetrabile, inattaccabile. Perché il mito del Sindaco Calvo, il primo capo dell'Amministrazione Comunale ad essere votato direttamente dai cittadini, nasce nella temperie della rivoluzione, si alimenta nel dramma dell'alluvione, si ciba della stagione dei Sindaci superstar, si inerpica per un'instancabile voglia di decisione.
Sono momenti di un'esperienza che è innervata - tutta - da una relazionalità alta ed intensa, polemica e loquace, netta e sorridente con i suoi concittadini e gli intermediatori dell'opinione pubblica, i mezzi di comunicazione sociale.
Francesca Calvo diventa sindaco grazie ad un'errata parametrazione alessandrina del bipolarismo incipiente nel sistema politico italiano. Grazie alla difficoltà di leggere il mutato bisogno della società da parte di forze politiche ormai arrivate al capolinea, ma incapaci di rendersene conto, forse proprio perché troppo sicure di detenere da tempo un efficace rapporto di fidelizzazione del consenso, forse perché troppo arroganti per poter accettare l’idea della obbligatorietà della trasformazione.
La Lega, ma in sostanza la sua eroina, coglie da una parte la necessità del cambiamento, dall'altra la collocazione alternativa alla sinistra di un elettorato da sempre abituato a votare DC e PSI e che si trova di un tratto, senza riferimenti.
È il novembre 1993. Di lì a poco sarà un nuovo contenitore, Forza Italia, nella primavera 1994 a afferrare lo stesso percorso. Ma il cammino amministrativo della rivoluzionaria Calvo non è facile, irto di uno scontro tra il nuovo e le procedure vincolanti della Pubblica amministrazione.
Non se ne esce. La voglia di decidere e di cambiare il tranquillo tran tran della propria città è alto, ma le mani sembrano legate. La Giunta dei neofiti non aiuta la "signora Sindaco". Quella Giunta ove La Calvo sceglie di innovare il personale politico di punta, proponendo una nuova classe dirigente.
È però in agguato un'accelerazione improvvisa. Ad un anno dalla sua elezione il Tanaro travolge Alessandria. Siamo in guerra e l'eroina esce dalla trincea incurante di tutto: delle accuse sulle colpe di non aver evacuato la città; delle polemiche sulla ricostruzione, delle autorità che sfilano in quelle ore sotto il porticato del Comune. Per tutti è la grande protettrice dalla tragedia. Sarà la protagonista di una ricostruzione che non ci consegna un'Alessandria più ricca, ma senz'altro più bella, più colorata, più decorosa, più vivibile.
In quel periodo la Calvo si trova catapultata fra i Sindaci Superstar d'Italia, con i Bianco, gli Albertini, i Cacciari, i Rutelli, gli Orlando, i Bassolino, le Sironi e quant'altri riempiono con le loro gesta urbane le cronache di una politica nazionale povera e alla ricerca di punti di riferimento.
Diventa vicepresidente dell'ANCI, resiste alle spinte separatiste della Lega, quasi anticipa la sua uscita dal partito di Bossi in nome di una dignità della borghesia che ritorna ad essere rappresentata politicamente da figure come le sue. È il sussulto della middle class che ritorna ad occuparsi di politica dopo anni di estraniazione e di abdicazione alle ideologie classiste. È la scossa che la maggioranza silenziosa vuol dare a se stessa e al paese.
Ma il suo spirito ribelle non trova casa. Nasce l'Ape, poi, la Lista Calvo. Poi ancora il ritorno nella Lega dopo il 2002. L'arma della Calvo, come detto, è la middle class. Non può che essere risolutiva al punto da cogliere, ancora, nel 1997, la rielezione, inaugurando un trend particolarissimo attraverso il quale il centro destra vota se stesso alle politiche, ma buona parte di quell'elettorato si sposta sulla "signora Sindaco", quando scende in pista per l’Amministrazione Comunale.
Se dovessi individuare un segno tipico della sua azione, lo troverei nella morbosa propensione al prendere decisioni. E forse di stupire, come nel caso del Ponte Meier… Una caratteristica che la conduce anche a sbagliare gli approcci a talune problematiche, ma con un elemento particolarissimo: la capacità di recedere sotto i colpi inferti dalla disapprovazione altrui, se questa non era venata dalla strumentalizzazione partitica, ma realmente interpretazione dell’immaginario collettivo della pubblica opinione. Piuttosto fedele all’orientamento delle esigenze dei semplici; piuttosto disdegnante le arzigogolate costruzioni ideali degli intellettuali.
Resisteva più che recedere, ma non era insolito, nel suo agire, il considerare le idee del prossimo come migliorative di una decisione che aveva assunto in fretta. Così si trasformava nei rapporti e nelle relazioni: quante volte mi disapprovò, quante volte mi chiese di mettere a punto qualche progetto per la città. Non so.
Ora, in una biblioteca, dobbiamo solo sperare che riviva il suo spirito, che un autore disegni la sua parabola esistenziale e la fissi con l’inchiostro sulla carta. E che un nuovo libro vada ad arricchire questi scaffali. Un volume dal titolo semplice, diretto, preciso, immediato: Francesca Calvo.

Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria


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