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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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02/01/2009

La povertà, suprema ingiustizia rallenta la pace

Un breve commento di Piercarlo Fabbio al Messaggio per la Celebrazione della giornata mondiale della Pace del 1° gennaio, redatto da Sua Santità Benedetto XVI. La continuità con il pensiero dei predecessori a partire da Giovanni XXIII

   

La povertà, suprema ingiustizia rallenta la pace

C’è forse una dissertazione da condurre sul significato di Pace come valore. Molti tendono a considerarlo un valore assoluto, forse intendendo con quest’aggettivo la sua indiscutibilità, la non negoziabilità. In realtà la pace è valore fondamentale, ma relativo. Ho avuto più volte modo di ricorrere a questo concetto richiamando i quattro nodi della pace declinati da Giovanni XXIII, il Papa Buono, nel 1963, nella sua ultima Enciclica “Pacem in terris”.

Non si ha pace senza amore; non si ha pace senza giustizia; non si ha pace senza libertà; non si ha pace senza verità. La pace è quindi condizionata: non la si raggiunge che soddisfacendo i quattro pilastri poco sopra richiamati.
Così Benedetto XVI, nel suo Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2009 (voluta 47 anni fa da Paolo VI), isola un tema, quello della giustizia, perché le “comunità politiche hanno diritto all’esistenza, al proprio sviluppo, ai mezzi idonei per attuarlo (“Pacem in terris”, 51). Ed in questo, leggendo ancor più in profondità, trova l’elemento della povertà come grande ingiustizia planetaria. Il Pontefice offre risposte a chi, incapace o insufficiente nell’operare per ridurre la povertà, nel ritenere un’utopia la scomparsa della povertà, di fatto continua ad ingenerare condizioni di ingiustizia e quindi ad indebolire il raggiungimento della pace.
Il Santo Padre richiama la necessità di un “codice etico comune” per il mondo globalizzato che non riesce a mettere in campo una solidarietà globale fra Paesi ricchi e Paesi poveri. E quindi indica ai decisori politici di attuare cooperazioni sia “sul piano economico che su quello giuridico”, individuando uno strumento essenziale: “investire nella formazione delle persone e sviluppare in modo integrato una specifica cultura dell’iniziativa” come “vero progetto a medio e lungo termine”.
La globalizzazione, del resto, come già messo in risalto da Giovanni Paolo II, ha una “spiccata caratteristica di ambivalenza” e quindi va governata con saggezza. E saggezza è “primariamente tenere in conto le esigenze dei poveri sulla terra, superando lo scandalo della sproporzione esistente tra i problemi della povertà e le misure che gli uomini predispongono per affrontarli”.
Visione pessimistica, dunque? Direi di no. Forte impulso alla speranza riposta nella capacità dell’uomo di reagire e superare i suoi stessi errori. E la Chiesa, prima ancora che operatrice in proprio su questo terreno, si pone il problema di come sveltire i processi di riduzione della povertà nel mondo e di indicare alle istituzioni il cammino da intraprendere per raggiungere un pezzo di nuova pace attraverso la rimozione delle ingiustizie.
Ancora una volta un richiamo forte agli amministratori e ai politici a mirare al bene comune e a perseguire la Pace come valore fondamentale e non negoziabile.

Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria

 

 

 

 

 

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