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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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16/11/2008

Preferenze o no alle Europee? Per Fabbio occorre ripensare al ruolo dei partiti

Intervento del Sindaco in aula a seguito dell'illustrazione dell'ordine del giorno presentato dal Capogruppo Barosini. Alcune considerazioni sul dettato costituzionale e sul ruolo delle forze politiche

   

Preferenze o no alle Europee? Per Fabbio occorre ripensare al ruolo dei partiti

Grazie, Presidente e grazie anche al collega Barosini, che per altro pone l’attenzione del dibattito su un tema che è particolarmente complesso.
Questo dibattito non si risolve solamente sulla scelta “preferenza sì o preferenza no”. Occorre invece andare approfondire lettura del ruolo dei partiti nella nostra società e nel rispetto del dettato costituzionale.
Vi dico subito che rifiuto la perfetta corrispondenza tra “voto di preferenza uguale democrazia” e “priorità di lista uguale oligarchia”: devo dirlo in termini del tutto netti, perché se è vero che con il voto di preferenza si riesce a scegliere all’interno di una lista, è pure vero che quella lista, per altro limitata a una ventina di persone nella migliore delle ipotesi, è scelta da qualcuno che ce la sottopone. E conseguentemente la capacità di scegliere da parte dell’elettorato attraverso il meccanismo della preferenza è comunque ridotta. Non diversamente interpretabile è il potere dell’elettorato di offrire il proprio voto al partito, demandando al medesimo la selezione di coloro che devono essere eletti, attraverso il principio della precedenza.
Ma tutto ciò è sotteso all’interpretazione che questa assise vorrà riconoscere al ruolo dei partiti. Perché se si parla di vulnus alla sovranità popolare, un partito che sceglie o che presceglie, o che compila una lista, o che dà una priorità di lista, o che costruisce un elenco per cui alcuni li fa precedere a altri, è sostanzialmente qualcuno che tende a ledere la sovranità popolare.
Io invece ritengo che il ruolo dei partiti sia esattamente contrario rispetto a questa ferita al potere democratico: il partito è una libera associazione di liberi cittadini che decidono di assumersi un incarico all’interno del disegno e dell’ordinamento costituzionale, che è quello di intermediare rispetto alla società, ma è anche quello di fare sintesi delle migliaia di idee, di proposte, di tensioni, di esigenze e di richieste che promanano da quella società.
Non è possibile pensare che i partiti siano solo quegli istituti che hanno, nella loro storia più retriva, occupato le istituzioni. Essere partiti nulla ha a che vedere con la partitocrazia, che dimostra invece il tramonto, la decadenza del partito previsto nel dettato costituzionale. Peraltro, nel momento in cui i partiti occupano le istituzioni, cioè fanno un mestiere che non è il loro, finiscono per debilitare la loro stessa struttura, finiscono per non essere attuali rispetto alla società e finiscono per creare le condizioni per la caduta della prima Repubblica. Non è tangentopoli, che è uno schermo, è un camuffamento, a far cadere la prima Repubblica, quanto l’inadeguatezza dei partiti di rispondere alla società in modo libero e in modo distaccato rispetto alle istituzioni.
Quindi è chiaro che al partito diamo un ruolo diverso da quello che ne danno alcuni che intendono come travisamento della democrazia ciò che si fa all’interno delle segrete stanze dei partiti. I partiti non hanno segrete stanze, per effetto del loro ruolo costituzionale hanno obiettivi importanti nella nostra forma di Stato, che come si sa disegna il rapporto tra potere e libertà, tra istituzioni e cittadinanza.
Pensate solamente al disegno di Mortati, che non voleva il partito associazione, ma il partito istituzione: certo, partiva dalla considerazione prebellica di un partito unico, ma poi riattualizzò il suo pensiero nel dopoguerra al pluralismo dei partiti e sempre scelse la condizione essenziale di un partito che fosse iscritto nell’ordinamento istituzionale, che fosse regolato, anche nelle sue azioni, per legge.
I partiti democratici hanno scelto diversamente: hanno scelto di essere fuori dalle istituzioni per combattere ciò che di conservatore stava all’interno dell’istituzione e i partiti moriranno appunto nel momento in cui si fanno istituzione e perdono il nemico della loro battaglia quotidiana.
Questo organismo dello Stato, così descritto è, secondo voi, qualcuno che non può scegliere o prescegliere una lista? Qualcuno che non può sottoporre all’elettorato una prescelta di uomini che rappresenteranno quel partito, e quindi, in sostanza, quell’elettorato o parte di esso?
Nei partiti ci sono persone che hanno un voto esattamente come altri che stanno al di fuori dei partiti, non cambia il peso, ma non per questo non hanno un ruolo di tipo pubblico: ossia quello di presentare all’elettorato una selezione di persone.
Allora prego i colleghi di distogliere l’attenzione dalle considerazioni di convergenza assoluta tra “voto di preferenza uguale democrazia”, come vi dicevo prima e “priorità di lista uguale oligarchia”: entrambe sono forme della democrazia.
Capisco poi che si preferisca lasciare l’ultimissima parola di scelta e di selezione all’elettorato, ma all’interno di una prescelta che è già avvenuta. Se il sottoscritto non viene inserito in una lista per le europee, per esempio, è inutile che richiami il senso della democrazia: la democrazia è stata rispettata, perché all’interno di quella lista compilata da un partito, che è parte dell’ordinamento dello Stato per effetto delle competenze costituzionalmente ricevute, vi sono uomini e donni che svolgono il loro diritto di elettorato passivo.
E allora risulterebbe molto limitativa la voce del sottoscritto come non-candidato, se dovesse richiamare la democrazia solamente se lo candidano e richiamare l’oligarchia solamente se candidano altri.
Questa vicenda mi pare funzioni da premessa a tutto il resto e che possa aiutare il Consiglio Comunale a discutere meglio. È chiaro che la posizione della Giunta Comunale in questo momento è una posizione attendista e conseguentemente chiederà ai gruppi consiliari di maggioranza di astenersi sull’ordine del giorno urgente del gruppo consiliare dell’Udc, ma lo farà solamente perché ci sono queste considerazioni da rispettare, perché non crediamo a queste formule semplificatrici di un disegno che è molto, molto complesso e che va alle origini della nostra democrazia.
Il resto mi appare quale strumentazione dell’attualità.
È chiaro poi, è netto, è logico che un sistema a preferenze è molto più costoso e molto più sprecone e molto meno economicamente efficiente di un sistema a priorità di liste: le spese per una campagna elettorale basata su quattro regioni come nel nord-ovest per raggiungere milioni di cittadini sono enormi.
Se mi basassi esclusivamente su questa modalità di valutazione della democrazia, farei come quello che misurava la bontà della democrazia dalla capacità del suo borsellino.
Ho sempre detto che la democrazia non si fa né con l’orologio, né tanto meno con il borsellino e ritengo di confermarlo ancor più in questa occasione.
Però sappiano i colleghi che nel momento in cui si pongono questioni di questo genere, si pone forte il tema di cosa sia un partito, di che ruolo debba svolgere, di che rapporto abbia con la società e che tipo di fiducia da parte dei suoi elettori possieda, per poter esprimere una selezione che effettivamente avviene nel momento in cui prepara una lista per qualsiasi livello di rinnovo elettivo.
Se non si risolve tale problema, se non chiariamo la nostra idea di partito, forse parlare di preferenze e di modalità per esprimere il voto, diventa mera esercitazione scolastica.

 

 

Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria

 

 

Consiglio Comunale – 11 novembre 2008

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria