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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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04/08/2003

Alle europee, meglio divisi, ma con onestà!

14° puntata di "Non solo per panchine" rubrica su Radio BBSI. Di scena la proposta Prodi. Ma tutti assieme appassionatamente non è poco democratico?

   

L'idea di Romano Prodi di presentare un'unica lista per l'Ulivo alle prossime elezioni dell'europarlamento (primavera 2004) è stata variamente commentata nel centro sinistra italiano. Pochi però hanno approfondito la questione dal punto di vista del tasso di democrazia che tale decisione potrebbe nettamente far diminuire o, comunque modificare. Ovviamente il centro destra, che organizzativamente tende alla specularità, se non altro per competere a pari livelli comunicativi, sarebbe esso stesso pronto a scegliere la medesima strada. Primo problema. Il sistema elettorale. Proporzionale pieno con liste di candidati, che vengono scelti con il sistema della preferenza. In totale il nostro Paese esprime 87 parlamentari europei. Una pattuglia tutto sommato ridotta, ma che discende da una selezione corposa. Proprio partendo dalla parcellizzazione dei nostri partiti, i candidati che di norma si propongono all'elettorato sono oltre mille, divisi tra liste e circoscrizioni elettorali (cinque, in Italia). Con questo sistema ogni singola forza politica propone i suoi migliori candidati e l'elettore sceglie fra una vasta offerta. Prima del voto non si fanno tanti calcoli: ieri è stato possibile per Forza Italia mettere insieme più di venti eletti; nulla vieta che nel 2004 siano l'UDC e AN, tanto per rimanere nel Centro destra, a poter fare altrettanto. Decidere prima significa ridurre la possibilità di scelta degli elettori e conferirla ancora maggiormente alle leadership di partito. Già succede per la Camera e il Senato, dove la cernita del singolo candidato nel collegio uninominale è dovuta a valutazioni che, molte volte, esulano dalla mera popolarità ovvero dalla qualità. In questi anni di mattarellum è sembrato che a contare nella pre-scelta fosse più la corte e i cortigiani dell'elettore. Poi quest'ultimo ratificava con il proprio voto, magari consapevolissimo, ma obbligato alla sintesi: o scelgo quello che mi propone la coalizione che prediligo oppure nulla. Posso sempre cambiare schieramento, ma, per esperienza abbiamo verificato che si preferisce confermare la valutazione dei vertici e la mobilità elettorale è assai modesta, salvo clamorosi e un po' cialtroneschi errori tattici (e anche di questi ve ne sono stati). Invece che tra oltre mille candidati e la possibilità di sovvertire i rapporti tra i partiti - alle ultime europee vi fu il fenomeno Emma Bonino - l'elettore potrebbe trovarsi a decidere fra poco più di duecento, massimo trecento. E un sistema di fatto bloccato. Certo, il panorama è più semplificato, ma chi si è arrogato il diritto di semplificare per noi? Il leader o la corte? Passi il primo, ma l'altra… Secondo problema. La collocazione nel Parlamento Europeo è assai diversa da quella italiana: Forza Italia siede nello stesso gruppo dei Popolari, Guido Bodrato sviluppa la stessa politica di Guido Podestà e di Marcello Dell'Utri. I rifondatori di Bertinotti sono sodali di Cossutta, Rutelli sta con Di Pietro e Formentini, An sta per proprio conto, mentre Lega e Radicali sono tra i non allineati. Riproporre all'elettore la diatriba destra contro sinistra di sapore italianissimo, non è un po' come truccare le carte, visto che gli eletti poi si siederanno variamente tra i banchi di Strasburgo? Certo non è facile - e forse sarebbe anche concettualmente sbagliato - non portare la nostra diversità politica in Europa, ma a me pare più onesto presentarsi divisi e sicuramente identitari agli elettori. Perlomeno non ci si tradisce sull'essere se stessi. Poi dove ci si siede a Strasburgo è problema vecchio e riguarda anche la nostra atavica anomalia politica. Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria