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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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20/01/2008

Fabbio: un paradosso. Per vendere un'azienda se ne devono fare due!

In corso una profonda irizzazione degli Enti Locali. Il Sindaco interviene al convegno organizzato da Ugo Cavallera e spiega contraddizioni, malfunzionamenti e rapporto tra pubblico e privato

   

Fabbio: un paradosso. Per vendere un'azienda se ne devono fare due!

Sintesi dell’intervento di Piercarlo Fabbio al Convegno “Servizi pubblici locali tra liberalizzazione e gestione diretta” – Taglieria del Pelo – 18 gennaio 2008 (organizzazione: Associazione culturale Sviluppo e Libertà)

In questi ultimi anni siamo stati spettatori di una progressiva “irizzazione” degli Enti Locali. Segnatamente il Comune di Alessandria, in un solo quinquennio, cioè dal 2002 al 2007, è passato da una decina di aziende partecipate a quasi quaranta. È il risultato di un processo innescato dal Ministro Tremonti e rimasto, purtroppo monco per svariate ragioni, non ultime quelle connesse alla resistenze degli Enti Locali che, nel momento in cui gestiscono un qualsiasi servizio d’interesse pubblico, poi tendono a non disfarsene, neppure se quest’ultimo termina la sua funzione strategica.
In realtà quel percorso presupponeva due passaggi: il primo era quello della liberalizzazione a cui sarebbe dovuto seguire il più agognato intervento di privatizzazione, al fine di consentire a capitali non pubblici di intervenire direttamente per l’erogazione dei servizi pubblici locali direttamente ai cittadini.
Le già indicate resistenze hanno però generato, in assenza di provvedimenti legislativi conseguenti alla riscrittura dell’art. 113 del Testo Unico degli Enti Locali, una incredibile deriva verso la negazione della concorrenza di mercato e verso il monopolio pur se in aree territoriali ristrette, che ha finito per ingessare la dimensione d’impresa e a non produrre alcun risparmio reale per i concittadini fruitori.
La gestione in regime di privativa dei servizi è stata affidata alle vecchie municipalizzate al solo costo di mutare condizione societaria e alla sola sanzione (peraltro aggirata non poche volte) di operare esclusivamente nel territorio d’appartenenza. Il privato è stato tenuto attentamente fuori dalle porte delle città, premiando la continuità e, di fatto, ponendo le condizioni per la implementazione di enormi carrozzoni, oggi difficili da scalzare e ridurre a numeri più gestibili.
Oggi, ad esempio, il Comune di Alessandria si occupa di rifiuti, di mense industriali, di farmacie, di strategie sovra regionali per la logistica, di pastorizzazione e distribuzione del latte, di ricerca sui materiali plastici, di trasporti, di gestione di impianti termici, di cultura, di teatro, di interventi socio-assistenziali e via di seguito. Peraltro alcune aziende non hanno un reale valore di mercato, in quanto vincolate al fatto di avere – proprio per effetto della totale pubblicità del capitale – contratti con altri Enti pubblici che non potrebbero essere confermati se solo un privato decidesse di scegliere di entrare nella compagine societaria. “Sono”, “esistono” in quanto pubbliche. In caso diverso dovrebbero rimettersi in gioco, partecipare a gare ad evidenza pubblica, competere con il mercato, pur avendo teoricamente acquisito una posizione di privilegio, ma inutilizzabile.
Viene dunque assai difficile ridurre il numero delle partecipazioni. Lo abbiamo promesso in campagna elettorale; lo abbiamo conseguentemente inserito nel nostro programma di mandato, ma oggi ci appare difficile – salvo un intervento del legislatore – giungere ad una situazione più semplificata con le sole forze del Comune. Certo rimane un obiettivo, ma non sarà centrato in tempi rapidissimi, anche perché l’alienazione di alcuni settori tende a moltiplicare le società, piuttosto che a diminuirle come vorremmo. È il caso della razionalizzazione delle farmacie comunali i cui atti si stanno compiendo in questi giorni. L’Aspal è una società pluriservizi: occorre staccare il sevizio delle farmacie, collocandolo in una newco per poter soddisfare le previsioni della legge e far sì che il Comune, direttamente, possa condurre la gara per alienare l’80% della gestione delle stesse. Insomma da una società, pur in un quadro di retrocessione parziale da un impegno, se ne avranno due.
È uno dei paradossi di questo sistema, che abbisogna – è chiaro – di una profonda riforma.
I cardini del cambiamento quali potranno essere? Sicuramente non possiamo consentire che i monopoli pubblici si sostituiscano alla concorrenza di mercato che, abbiamo visto, migliora il servizio, abbatte i costi e riduce i disagi ai cittadini. A ciò si aggiunga che il mercato non è l’antagonista del Comune, ma il luogo ove si può coniugare il principio di sussidiarietà: non faccia, cioè, il Comune quello che già fa o potrebbe fare il mercato.
Seconda questione intollerabile: alimentare la sensazione che i concittadini possano ritenere che non vi sia un limite alle attività del Comune e che qualsiasi espansione di servizi sia lecita o legittima. Ne conseguirebbe un peso insopportabile della macchina pubblica in termini di tassazione e di tributi sulle finanze delle famiglie.
È chiaro che altre due regole andranno affermate. La prima: pubblico e privato sono due facce della stessa medaglia, si possono integrare ed interallacciare, ma non si può affermare per partito preso che tutto ciò che è pubblico è buono e tutto ciò che è privato è speculativo, quindi cattivo. La seconda: il pubblico deve progressivamente ritirarsi dai servizi non strategici ed occuparsi invece di quelli che, di fatto, oggi occupano la sua sfera d’interesse: meglio un Comune che spenda i suoi soldi in sicurezza e in sviluppo delle aree cittadine, piuttosto che vagare alla ricerca di compartecipazioni in settori produttivi a carattere industriale, in cui c’entra ben poco la sua missione sociale.

Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria