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Mercoledì 25 dicembre 2024

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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15/01/2003

Federalismo monco. Quali svantaggi per il cittadino?

2° puntata della rubrica "Non solo per panchine" Radio BBSI. Titolo V, devolution, revisioni costituzionali, ma i Comuni si sentono pronti?

   

Non è questione di poco conto discutere oggi del ruolo che i Comuni, piccoli o grandi che siano, hanno nel nostro ordinamento repubblicano, perché, a seguito della modifica del Titolo V parte II della Costituzione italiana, le cose sono molto cambiate pur se, all'apparenza, non molto si è fatto fin qui per concretizzare la novità della Carta. Su tutte pongo la problematica dell'equiparazione dei livelli di governo. Nel primitivo disegno costituzionale lo Stato era sovraordinato agli altri Enti. Oggi la Repubblica è costituita da Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, e dallo Stato. Tutti sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni. La stessa Costituzione detta le differenze fra i livelli in termini di potere legislativo, ma affida le funzioni amministrative ai Comuni, che diventano titolari di funzioni amministrative proprie, oltre a quelle che verranno loro conferite dalle leggi dello Stato, delle Regioni o di Stato e Regioni assieme. Cosa significa per i cittadini un cambiamento così drastico, anche se ci tengo a dire che il disegno di trasformazione in senso federalista della Repubblica è monco ed incompleto e che lo stesso disegno di legge di devolution, sostenuto a viva forza da Umberto Bossi, finisce per incastonarsi in un'architettura costituzionale che lascia intravedere ampie falle? Che i cittadini potrebbero vedere meglio soddisfatti i propri bisogni, perché l'Ente atto a conferire loro i servizi ha un maggiore potere all'interno delle gerarchie repubblicane ed è più vicino a capire e a soddisfare tali necessità. Per fare un esempio, in un immediato futuro, lo Stato dovrebbe rilasciare maggiori ricchezze laddove vengono prodotte (cioè sul territorio ove i primi Enti sono Comuni e Province), e ridurre consequenzialmente i trasferimenti alle Regioni e agli Enti Locali. Il problema del reddito generato dalle singole comunità locali non è dunque un fatto asettico e neutrale. Se Alessandria, tanto per stare a casa nostra, continuerà a non salire su nessun vagone dello sviluppo, rischierà due volte: perderà consistenza in termini di prodotto interno lordo, al punto da impoverirsi in minor tempo rispetto a quello che è successo dagli anni Settanta ad oggi, e si esporrà ad essere risucchiata da aree più dinamiche, flessibili e moderne, ma soprattutto ove le condizioni di welfare saranno più alte e più facili da raggiungere. Nella Repubblica del centralismo statale ai Comuni bastava mantenere un significativo trend di abitanti per partecipare al gioco dello Stato con pari dignità. Nella Repubblica di segno federalista, invece, le città rischieranno di più. Un po' come succede alle imprese sul libero mercato, che è altra cosa rispetto al mercato controllato dagli Stati o quello delle aziende assistite. C'è dunque una necessità: visto che si dovrà competere con altre realtà territoriali, e vincere la gara, occorrerà munirsi di sistemi che minimizzino i rischi delle scelte pubbliche e che non facciano pesare sulle spalle dei cittadini gli eventuali errori delle classi dirigenti. Ma oggi i Comuni, e segnatamente quello di Alessandria che ci interessa più da vicino, non paiono essere in grado di gestire la modernità. E attendono. Che cosa? Che il Parlamento non turi le falle dell'architettura costituzionale consegnataci dall'Ulivo o che ci metta più tempo. Federalisti sì, ma a passo di lumaca. Più per necessità, per inconsapevolezza, che per indole…

Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria