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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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04/09/2006

L'eredità di Berlusconi tra velleitarismi e realtà

Mentre le nostre truppe stanno completando il loro dispiegamento e i pacifisti sfilano a favore dell'intervento militare... Don Chisciotte si riprende l'attualità.

   

L'eredità di Berlusconi tra velleitarismi e realtà

Mentre le nostre truppe stanno completando, in diretta Rai TV, il loro dispiegamento nella fascia meridionale libanese, l’operazione di interposizione tra Israele ed Hezbollah che fa gonfiare il petto a Prodi e a D’Alema e con i pacifisti che sfilano ad Assisi a favore dell’intervento militare (militare sì, ma solo poco poco e, in ogni caso, da intendersi in funzione antiisraeliana e antiUsa) è tutta un’agitazione di fine estate tra le file dell’Unione e quelle del Polo.
Da un lato, se la ritrovata unità d’azione di Roma con Parigi fa gridare al centro-sinistra l’avvio di una nuova stagione della politica estera italiana, meno collegata agli Stati Uniti (con i quali bastano le telefonate confidenziali del nostro ministro degli esteri con Condoleeza Rice) e in chiave più strettamente multilaterale ed europea, quanto è avvenuto nell’ultimo consiglio dei ministri, in cui il titolare del tesoro, Tommaso Padoa Schioppa, ha presentato le linee operative su cui costruire la finanziaria 2007, ha evidenziato le ben note distinzioni tra le diverse anime che compongono quella coalizione,
Dall’altro, continua la fibrillazione dell’UDC che, respinta dalla sua direzione la proposta di Berlusconi di procedere alla formazione del partito unitario della libertà, incassa il dichiarato e imprevisto forfait di Follini dall’appuntamento settembrino di Fiuggi, dopo che al convegno di Telese dell’UDEUR, non bastassero le rivelazioni di Mastella sulle mancate promesse di Casini di attraversare il guado alla vigilia delle ultime elezioni politiche, lo stesso Follini ha invitato il partito a dichiarare finita l’esperienza della Casa delle Libertà.
L’analisi folliniana, fondata sul riconoscimento di quattro presunte categorie politiche tra loro incompatibili (la destra populista e il centro moderato, la sinistra riformista e quella radicale), assegna a Forza Italia una connotazione che non rappresenta correttamente quella complessa e variegata realtà.
Il congiunto richiamo, fatto a Telese, da De Mita e da Amato ad una scelta definitiva dell’UDC a favore del centro-sinistra, con il vecchio Ciriaco, sempre più ostile all’idea del partito democratico, se, da un lato, provoca la risposta risentita del segretario UDC Lorenzo Cesa, con il perdurante silenzio del dominus Casini, che parlerà solo a Fiuggi, ci incuriosisce assai per quanto potrà accadere.
Conoscendo assai bene quei giovani, già compagni di tante battaglie nella DC, posso solo consigliare loro molta prudenza e una lettura meno superficiale della realtà per non cadere in velleitarismi infantili.
Primo: non credo che la finanziaria sarà la tomba del secondo governo Prodi. Alla fine, con i sindacati, sin qui finti strilloni e pazienti come non mai, l’equilibrio si raggiungerà al ribasso, e con loro finiranno per concordare anche le sinistre radicali, e, così, il peso della manovra si scaricherà in massima parte sul ceto medio produttivo in larga misura facente riferimento al Polo delle libertà. E, di riffe o di raffe, con i propri voti e quelli dei senatori a vita compiacenti e, magari, di qualche senatore moderato pentito, Romano Prodi, anche stavolta la sfangherà. E sarà proprio dopo quel voto che, come bene ha profetizzato Clemente Mastella a Telese, comincerà a suonare la nuova musica.
Secondo: è proprio la sommaria analisi di Follini che non convince. Spiace che alla testa più lucida di quella covata di ex giovani DC, sembra far aggio sull’intelligenza una mai sopita volontà di rivincita, innanzi tutto contro i suoi amici di partito che non lo hanno capito e voluto seguire, prima ancora che con l’odiato Cavaliere di Arcore. Certo pensare che il centro moderato sia o possa essere rappresentato in via preferenziale dall’UDC (un partito di cui non sarebbe male ricordarsi ogni tanto la vera genesi e i successivi sviluppi per valutarne il grado di maggiore o minore credibilità ed affidabilità) piuttosto che da Forza Italia, sembra a don Chisciotte un’operazione più da intellettuali disorganici che frutto di una corretta analisi politica.
Dovrebbe costituire motivo di riflessione critica e di una onesta valutazione dei rapporti di forza, non solo il divario nei consensi tuttora esistente tra i due partiti, ma anche la straordinaria e imprevista rimonta berlusconiana nelle elezioni di aprile.
Se poi il populismo dovesse essere una categoria da collegare alla leadership di Silvio Berlusconi, basterebbe aver assistito alla sua performance al recente meeting di Rimini, di fronte ad un’assemblea di oltre settemila persone, soprattutto giovani di ogni estrazione sociale, per rendersi conto, che ci si trova di fronte ad un tipo di leadership che, non solo dura da oltre dieci anni, ma che permane intatta nella sua attrattività e non sembra, onestamente, avere alternative credibili a breve all’interno dei partiti del centro-destra.
Marco Follini, da attento lettore studioso dei maestri del pensiero politico e sociologico, dovrebbe onestamente riconoscere che, nel caso di Berlusconi, ci troviamo di fronte ad una leadership popolare e carismatica, anche se non potente, secondo la classica tripartizione weberiana.
E da politico scafato, perché la politica l’ha intrapresa sin da ragazzo senza soluzione di continuità e ad una scuola efficacissima quale quella di Moro prima e di Bisaglia e Forlani poi, dovrebbe anche considerare che le leaderships non si votano né si auspicano, ma si impongono nel riconoscimento esplicito degli iscritti ad un partito e degli elettori.
Stando così le cose, con un centro-sinistra che percorrerà ancora un tratto di strada non breve, seppur accidentato, pensare di scalciare a ripetizione con scarti improvvisi e non meditati, può solo far del male a se stessi e agli altri. Insomma un autentico regalo alla stupidità.
Molto più intelligentemente Roberto Formigoni, con l’invito rivolto a Berlusconi a riprendere l’iniziativa ripartendo proprio dal meeting di Rimini, ha lanciato l’idea di una rete Italia e di una scuola di formazione politica per i giovani, che la dice lunga su come il governatore lombardo intende sviluppare la propria iniziativa nei prossimi mesi ed anni.
Di mesi e di anni si tratta, infatti, considerato che, certo le leaderships, tutte le leaderships nascono, si impongono, declinano e tramontano; così sarà anche per quella di Berlusconi, ma, nella politica come nella vita, est modus in rebus….
Da tempo sosteniamo l’idea del partito della libertà collegato al PPE, caratterizzato da regole democratiche per il proprio funzionamento interno e, soprattutto, da modalità trasparenti di selezione della classe dirigente, lontane dalla cooptazione verticistica attuale, generalizzata in tutti i partiti. È un processo che non può partire dall’alto, ma richiede una forte spinta dal basso, da tutti quei vari centri di rappresentanza politica ed amministrativa locali e nei quali si sviluppa il dibattito politico culturale tra i moderati. Ecco perché guardiamo con molto interesse all’iniziativa delle rete formigoniana, convinti che un’evoluzione positiva ci sarà, collegata realisticamente ai tempi che la politica internazionale e italiana detterà. Tempi che, come classe dirigente, si dovrà concorrere a declinare, tuttavia senza stravolgimenti e forzature, per non restarne, come è già accaduto (e Follini ne sa qualcosa), stritolati.
E, intanto, mentre la prossima finanziaria svelerà a giorni tutto il suo potenziale distruttivo contro i ceti medi di nostro riferimento, con il rafforzamento della lottizzazione annunciata della Rai che dovrebbe completare l’occupazione generalizzata del potere da parte del centro-sinistra a Roma e in periferia, nuovi ambiti di lotta politica si aprono per la Casa delle libertà e non tutti ubicati nel Parlamento.
Il Paese, stavolta, o almeno quella parte che si trova all’opposizione, non starà passivamente a guardare una risicatissima e contestata maggioranza che, con supponente arroganza pensa di fare strame dell’altra metà dell’Italia.
E, intanto, del decuius berlusconiano è prematuro, anche se non improprio, discutere.

 

don Chisciotte

 

dalla Mancha, 4 Settembre 2006

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria