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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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02/07/2006

E se invece di far la guerra a Silvio...

Riassuntino a favore di chi si fosse perso le tre sconfitte consecutive del centro-destra. Intanto il Nord vuole il federalismo fiscale e nasce la questione settentrionale. Anziché pensare solo alla leadership forse sarebbe il caso di risolvere i problemi degli elettori. Le valutazioni di don Chisciotte.

   

E se invece di far la guerra a Silvio...

Dopo la sconfitta sospetta e indigesta alle elezioni politiche, doppiata da una più netta a quelle amministrative, è ora giunta la terza indiscutibile sentenza, con il risultato del referendum di Giugno (61,7% i NO e il 38,3 % i SI con il 53,6% di affluenza alle urne), dove il SI, sostenuto dalla Casa delle libertà, ha sfondato in sole due Regioni su 20: Veneto e Lombardia.
Se, per dirla con Gianni Baget Bozzo, nelle politiche di Aprile il miracolo di Berlusconi della risalita dei consensi, si è potuto compiere grazie alla sua proposta agli italiani di un messaggio di libertà accolto unitariamente al Nord come al Sud, nel Referendum molta parte dei consensi alla casa delle libertà è venuta meno, sia con l’astensione dal voto di molti dei propri elettori che essa non è riuscita a mobilitare, sia per i timori e la difesa del “particolare” privilegio che il sistema centralistico vigente ha sin qui garantito al meridione d’Italia.
Passi che su questo tema abbiano prevalso, soprattutto, le posizioni ideologiche proprie delle sinistre e dei loro alleati ed elettori del Nord e del centro Italia e quelle più concretamente interessate del Sud e delle isole. Assai più fastidioso è che il NO abbia prevalso in regioni del Nord, come il Friuli, il Trentino e la Val d’Aosta, da sempre gelose custodi delle loro autonomie, con annessi vantaggi e privilegi pagati dal contribuente italiano; regioni che, alla fine, si sono rivelate chiuse in un egoismo tanto più inaccettabile se confrontato con i timori assai più comprensibili delle genti del Sud.
Ora la questione settentrionale, che è soprattutto la questione lombardo-veneta, si presenta in maniera ancor più netta e non più rinviabile nell’agenda della politica italiana. E’ una questione che sembra circoscritta al vecchio quadrilatero di Radetzky, posto che il Piemonte (eccezione lodevole quella delle province nordorientali) e la Liguria hanno espresso, timidamente il primo, di privilegiare la scelta ideologica, e, in maniera assai più consistente la seconda, quella più concretamente ispirata alle convenienze dei vantaggi di un’economia assistita.
Non a caso lo stesso presidente DS della Provincia di Milano, Penati, ha immediatamente sollevato l’urgenza della soluzione del tema del federalismo fiscale, nella consapevolezza dell’indisponibilità delle genti lombarde, così come quella dei veneti, a sopportare l’iniquità di una situazione fiscale assolutamente incompatibile con gli oneri che essa comporta per le due regioni tra le più sviluppate del nostro Paese. Regioni che, peraltro, corrono quotidianamente il rischio di perdere una serie di comuni confinanti con le più protettive e remuneranti realtà trentine e friulane con i vantaggi propri dei loro statuti speciali.
Certo, un’attenta riflessione andrà compiuta in merito agli errori che si sono commessi nell’impostazione e nello svolgimento di una campagna, parlamentare prima e referendaria successiva, nella quale ha finito con il prevalere, da un lato, l’idea di una cambiale da pagare alla Lega indigesta a molti elettori e, dall’altra, l’ondivaga posizione degli alleati UDC e AN, rispetto alla coerente battaglia condotta da Forza Italia con il movimento di Bossi.
Ora bisogna prendere atto della situazione e di un Paese che non intende cambiare, illudendosi di poter continuare con una Carta, deformata dal nuovo Titolo V voluto dal centro-sinistra, che, nella sua versione attuale, rende ancor più confusa e ingestibile la conduzione politica del Paese.
Si aggiunga una maggioranza parlamentare che al Senato si regge sulla salute giornaliera dei senatori a vita e che si trascina stancamente e pericolosamente verso l’impotenza e la completa paralisi . Si va avanti a colpi di decreti e di voti di fiducia con il Parlamento sempre più ridotto, a giorni alterni, al silenzio o alla rissa.
Dalla maggioranza di centro-sinistra giungono offerte ambigue per un confronto istituzionale, di fatto, circoscritto alla sanatoria delle parti più controverse del nuovo Titolo V e alla modifica della legge elettorale.
Troppo poco per chi intendeva aggiornare il nostro sistema costituzionale, dopo vent’anni di inutili tentativi e tre fallimentari bicamerali, alla nuova situazione storico-politica del Paese. E, d’altronde, trattasi di offerte poco credibili proveniendo da una maggioranza di governo divisa su questi temi e che, dopo aver occupato tutte le posizioni di potere istituzionale, predica concertazione e procede per decreti legge, guardandosi bene dal creare fastidi ai settori monopolistici dell’energia e delle telecomunicazioni preferendo colpire commercianti, artigiani e liberi professionisti a vantaggio dei... consumatori. Scelte che, ahimè, non ebbe il coraggio di fare il governo Berlusconi, per impotenza, inesperienza e per i dissensi dei suoi alleati, una parte dei quali ora, invece, plaude al liberista Bersani!

 

Movimenti nei e tra i partiti dei due Poli

 

La situazione è in movimento. Se a sinistra, dopo l’unificazione dei gruppi parlamentari dell’Ulivo (DS e Margherita), si aperto il fronte dei favorevoli e dei contrari alla formazione del Partito Democratico, e forti fibrillazioni si registrano quoridianamente tra Rifondazione comunista, appagata nei nuovi ruoli di potere, e il partito dei comunisti italiani di Dilberto, così come all’interno della Rosa nel Pugno, tra radicali e socialisti, nel centro-destra si stanno mettendo a punto le diverse strategie da parte di Forza Italia, UDC e AN.
La Lega di Bossi, rinviato il previsto appuntamento di fine Giugno a Pontida, ha annunciato con il capo che: “bisogna andare avanti” sulla strada della devolution e del federalismo fiscale, in alleanza con chi in tutta la vicenda si è comportato lealmente.
Nell’UDC, con l’annuncio a sorpresa del voto favorevole alla mozione del governo sul rifinanziamento delle nostre missioni militari, in particolare quella in Afghanistan, si punta a contrastare l’idea del Cavaliere di portare una spallata al governo Prodi, nella convinzione che il professore bolognese avrà lunga vita e che, semmai, il tema resta quello folliniano d’antan di una spallata alla leadership berlusconiana.
In AN si è alla confusione più grande con Fini, senza reali alternative di leadership, che sembra sempre più attratto dalle posizioni tattiche di Casini e che punta a smarcarsi dal leader di Forza Italia, ipotizzando la costruzione di una grande destra che non pare prospettiva condivisa da molti dei suoi colonnelli e sostenuta dalla reale consistenza dei consensi raccolti sin qui nel Paese.
In Forza Italia, messa la sordina all’idea del partito unico dei moderati, qualcuno sembra suggerire al Cavaliere di pensare piuttosto a consolidare sul territorio la realtà di un partito che, pur non esistendo nelle forme tradizionali di confronto e di lotta politica democratica, resta pur sempre quello più votato dagli italiani.
Infine, la DC di Rotondi, più vicina alle posizioni di Forza Italia, mentre dice No ad ogni ipotesi di inciucio con la maggioranza e con le sirene rutelliane e di Mastella, sollecita gli alleati a concentrarsi sui programmi e sulle iniziative da assumere in Parlamentro e nel Paese.
Don Chisciotte osserva disincantato questi movimenti d’avvio dell’estate, limitandosi ad evidenziare che, con il sistema elettorale vigente, pensare a logiche di rigido bipolarismo e di movimenti e partiti a conduzione cesaristica e monocratica, è fuori di ogni ragionevolezza. Ciascuno è portato a difendere le proprie posizioni e a renderle ancor di più riconoscibili agli elettori. Con le elezioni politiche si è visto che il valore aggiunto di Berlusconi per il centro-destra è ancora consistente e senza alternative.
È vero che ora si apre una lunga stagione, finalmente, senza confronti elettorali in vista, prima delle prossime europee, ma chiunque pensasse di porsi in alternativa al Cavaliere a colpi di distinguo giornalieri su fatti più o meni rilevanti nel Parlamento e nel Paese, rischierebbe solo un boomerang in termini di credibilità e di consenso tra gli elettori moderati.
Assai più utile e profittevole sarebbe scrivere insieme e urgentemente un’agenda di iniziative parlamentari e nelle diverse realtà locali, coerenti con il programma indicato in campagna elettorale. E, sul fronte istituzionale, lavorare per realizzare, in primis, il federalismo fiscale, unica strada per impedire al movimento lombardo-veneto di sfociare in aperta dissociazione dal resto dell’Italia.
Anche il tema del partito unico dei moderati o della libertà va ripreso con forte determinazione e il Cavaliere dovrebbe assumerne l’iniziativa, lasciando aperta la possibilità, non solo della costruzione di un autentico partito riformatore collegato al Partito Popolare Europeo e caratterizzato da una vera democrazia interna, ma, anche, di offrire a quanti ne hanno la volontà, di mettersi in gara per conquistare una leadership sul campo e con il voto democratico di un grande congresso costituente.
Sarà questa l’occasione in cui Casini, Formigoni, Fini, Tremonti, Pisanu, Tabacci, Follini ed altri potranno giocare tutte le loro carte, non senza o contro, ma in accordo con un Cavaliere che, solo favorendo un coerente sviluppo della sua formidabile esperienza potrà dirsi sino in fondo soddisfatto di quanto da lui compiuto, dal crepuscolo della Prima Repubblica all’avvento di una “terza fase” in gestione ai suoi eredi. L’alternativa, come quella di tentare un’improbabile disarticolazione dei moderati del centro-sinistra dalle loro attuali alleanze, puntando su una conversione di Prodi per “lavorare con un’area moderata piuttosto che restare prigioniero della sinistra antagonista”, oltre che apparire velleitaria, finirebbe solo con il determinare lo sfilacciamento progressivo e la dissoluzione sicura della Casa delle Libertà, senza che riesca ad affermarsi una nuova e riconosciuta leadership politica di tutti i moderati.

don Chisciotte

 

 

dalla Mancha, 2 Luglio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria