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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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04/06/2006

Dalle Amministrative l'ectoplasma di mani pulite

Don Chisciotte valuta la situazione politica dopo il voto di maggio. Perché la Casa delle Libertà fatica nelle elezioni locali e cosa dovrebbe fare. L'importanza del SI' referendario

   

Dalle Amministrative l'ectoplasma di mani pulite

Con l’elezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica si è consumata, probabilmente, una delle ultime possibilità di accordo post elettorale tra i due schieramenti in cui si è divisa l’Italia.
Triste il ruolo giocato in questa partita dai senatori a vita che, con la loro scelta univoca a favore del centro-sinistra, hanno perduto ogni residua credibilità di rappresentanza, almeno loro, di tutti gli italiani. Il peggio sarebbe se, come appare, finissero per rendersi complici della maggioranza nelle prossime scelte delle presidenze delle commissioni parlamentari al Senato.
Intanto, tra domenica 28 e Lunedì 29 Maggio, si è consumata la seconda delle scadenze elettorali di questo 2006 destinato a modificare profondamente gli assetti politici del Paese.
L’auspicata spallata del centro-destra con annuncio di sfratto a Prodi non c’è stata: riconferma in volata a Roma, Torino e Napoli dei sindaci ulivisti uscenti e conferma del centro-destra a Milano, in molti comuni veneti e alla Regione Sicilia. Ovunque assai alta l’astensione dal voto rispetto alle politiche, con forte penalizzazione per la Casa delle Libertà.
Da questi risultati, che hanno visto chiamati alle urne oltre 20 milioni di italiani in varie parti d’Italia, bisogna ripartire con le nostre analisi, consapevoli che senza un più consistente insediamento territoriale dei partiti del centro-destra risulterà assai difficile risalire la china, mentre sempre più diffusa si va affermando la capacità di costruire situazioni di dominio, al limite del regime, da parte delle assai meglio attrezzate componenti della sinistra.
Non si comprenderebbe altrimenti un risultato come quello della Rosetta Jervolino a Napoli, dove alla vecchia egemonia dei Gava, Scotti e Pomicino, è subentrato un combinato disposto bassolinian-demitiano da far impallidire quello della vecchia corrente del golfo democristiana con variante andreottiana e appendici socialiste e liberali d’antan.
Una cosa sono le elezioni politiche giocate sulla dicotomia bipartitica e nella quale la leadership popolare e carismatica di Berlusconi, parlando al cuore e al cervello dei moderati, ha potuto compiere il miracolo del sorpasso numerico, dopo un trend che dava la Casa delle Libertà sotto di almeno sei, sette punti percentuali. Altra cosa sono le elezioni amministrative nelle quali, scelta adeguata dei candidati e presenza capillare sul territorio sono le precondizioni fondamentali per giocarsi la partita alla pari.
Altrimenti, con candidature catapultate dall’esterno e di risulta, come quella di Buttiglione all’ultimo momento a Torino, o frutto di divisioni intestine e mal digerite come quella di Alemanno a Roma, contro sindaci uscenti a capo di blocchi sociali e di potere “particulari”, come a Torino e a Roma, per non parlare di Napoli, ogni partita è persa in partenza. E così è stato. Ed ora si attende il prossimo turno del referendum sulla riforma costituzionale di fine giugno.
A livello locale, la Casa delle Libertà paga ovunque la distruzione delle vecchie classi dirigenti democristiane, socialiste e degli altri partiti anticomunisti della prima repubblica, soprattutto in quelle città e province dove non ha subito, invece, alcuna erosione il vecchio personale politico del PCI-PDS-DS ed affini, ai quali si sono immediatamente associati gli esponenti della vecchia corrente della sinistra DC di base, miracolati dallo tsumani giudiziario di “mani pulite”, e in grado di costruire un blocco sociale e politico e di personale esperto ed attrezzato di rara efficacia. Il sindacato, peraltro, bianco, rosso o verde che sia, è sempre pronto a fornire i necessari ricambi. E basta osservare la composizione parlamentare delle due Camere e i nomi di alcuni amministratori regionali e provinciali ulivisti, per rendersi conto di questi apporti. Certo, in realtà come Milano e la Lombardia, e in quasi tutte quelle del Veneto, grazie anche ad una candidatura prestigiosa come quella di Letizia Moratti, contro cui una sinistra milanese bolsa e incapace di leadership ricorre ad un vecchio commis d’ètat, un prefetto di polizia, nella città di Turati e di Craxi, nonostante un forte calo di votanti, la Casa delle Libertà tiene e vince alla grande. Lo stesso accade in Sicilia, dove Totò Cuffaro vince alla grande, contro un centro-sinistra incapace di una leadership autonoma e che si affida ancora una volta, con Rita Borsellino, agli abusati e ricorrenti richiami giustizialisti. Guai se, però, non esaminassimo con occhi attenti e critici la situazione di intere regioni, province e comuni, dove non è più azzardato parlare di autentiche situazioni di regime.
Un regime tanto più pericoloso in presenza di un governo che, sebbene diviso pressoché su tutto, riesce a restare unito dall’odio per il Cavaliere e nella volontà di accaparrarsi ogni residua posizione di potere, dentro e fuori le istituzioni.
Anche per questo il prossimo turno elettorale confermativo della legge di modifica costituzionale assume un rilievo straordinario. È una scadenza per la quale si tratterà di spendere queste settimane che ci separano dal voto per chiarire esattamente agli elettori i termini della partita, contrastando quella vulgata falsa della sinistra, per cui con la legge votata in doppia lettura dal parlamento nella passata legislatura si stravolgerebbe la costituzione. Sì una modifica profonda si intende realizzare: il superamento di tutte le contraddizioni e i limiti di quel nuovo Titolo V, frutto del risicatissimo voto di maggioranza del centro-sinistra nel 2000 e causa di tutti i conflitti aperti tra Stato e Regioni, al vaglio di un’intasatissima Corte Costituzionale. L’obiettivo resta quello di un federalismo fiscale in cui il controllo delle uscite deve fare i conti con la capacità di raccolta delle diverse amministrazioni, superando quelle diffuse irresponsabilità di governo, che anche il neo ministro dell’economia Padoa Schioppa, ha dovuto in questi giorni richiamare, verso sei regioni che hanno sforato per diversi miliardi di euro le loro politiche di spesa nella sanità. Un’irresponsabilità oggi garantita dalla separazione tra raccolta delle entrate centralizzata e politiche della spesa diffuse tra una miriade di sportelli locali incontrollati ed incontrollabili.
Se malauguratamente il referendum decidesse per il NO, torneremmo indietro di decenni, al tempo delle numerose improduttive bicamerali e con una Costituzione vigente, vecchia e stantia; essa sì, vulnerata da un Titolo V foriero solo di impotenza politico-amministrativa a tutti i livelli istituzionali.
In ogni caso, dopo il voto del prossimo 28 Giugno, fatti nuovi sono destinati ad accadere nei e tra i diversi partiti.
E, per quanto riguarda noi moderati, non si potrà più rinviare il tema della costruzione del nuovo partito della libertà di cui andiamo predicando incessantemente da oltre cinque anni, con queste noterelle mensili e per il quale, ci impegneremo con tutte le nostre forze insieme a quanti hanno condotto con noi tante battaglie e, soprattutto, con i giovani che hanno saputo mantenere viva la volontà di partecipazione e ai quali vorremmo poter fornire almeno dei “buoni consigli”, considerato che, fortunatamente, non siamo più in grado di offrire loro… dei “cattivi esempi”.

 

don Chisciotte

dalla Mancha, 5 Giugno 2006

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria