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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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18/08/2010

Cossiga: la lucida analisi della politica malata

Scomparso il Presidente emerito della Repubblico, Ettore Bonalberti ne propone un ritratto da vicino. Da chi, come lui, lo aveva personalmente conosciuto nel Consiglio Nazionale della DC

   

Cossiga: la lucida analisi della politica malata

E’ morto Francesco Cossiga
Oggi, 17 Agosto, ci ha lasciati il nostro amato simpatico “picconatore”, il presidente emerito, Sen. Francesco Cossiga.
È morto un altro “democristiano non pentito” che prima di tutti noi aveva saputo intuire la fine della Prima Repubblica.
È stato la coscienza critica della Democrazia Cristiana, ahimè inascoltata e, talora, vilipesa per le dolorose verità che, agli inizi degli anni’90, quasi quotidianamente seppe evidenziarci con toni accorati, in alcuni casi, male interpretati e attribuiti ad una sua personale follia.
Cossiga, dotato di un’ironia straordinaria che coniugava un’intelligenza fine e una sensibilità squisita degna di un gentleman inglese, alla ruvidezza di un sassarese di nobili ascendenti, così replicò, nel 1990, a chi sentenziava sulla sua follia : “ Io non sono matto, faccio il matto. Io sono il finto matto che dice le cose come stanno”.
Era la lucida follia di un politico di straordinaria capacità dimostrata sin da quando iniziò la sua carriera che lo portò, da giovane e affermato docente universitario, a deputato, sottosegretario, ministro, presidente del Consiglio, Presidente del Senato e, infine, alla Presidenza della Repubblica.
Da sempre nel Consiglio nazionale della DC, prima con i “pontieri” di Paolo Emilio Taviani al X Congresso di Milano della DC del 1967 e, quindi, nella corrente di Aldo Moro di cui fu amico e intimo confidente.
Un’amicizia drammaticamente interrotta da quegli sciagurati assassini brigatisti di Via Fani, proprio al tempo in cui KoSSiga era ministro degli interni. Sì proprio quello con la K iniziale e la doppia esse runica delle SS naziste, così raffigurato nelle iscrizioni murali dai fanatici estremisti di allora.
Un uomo che da quel rapimento e assassinio, per il quale nulla poté nonostante gli sforzi compiuti da esponente di governo, deriverà una depressione psico fisica destinata a non abbandonarlo più per il resto della sua vita.
Improvvisamente i suoi capelli sbiancarono e la sua vitiligine già pronunciata si accentuò, espressione di un dolore immenso che lo porterà alle dimissioni da Ministro degli interni del governo Andreotti III, che aveva retto dal 1976 al 1978, assumendosi la responsabilità di quell’insuccesso dello Stato nella lotta contro le BR.
Appena un anno dopo, esaurito il difficile e contraddittorio periodo della solidarietà nazionale, diventò Presidente del Consiglio dei ministri (1979-1980) di un governo tripartito (DC-PSDI-PLI). Anche quella un’esperienza dolorosa segnata dall’accusa di aver rivelato all’amico Carlo Donat Cattin, allora V.Segretario della DC, retta da Benigno Zaccagnini, che suo figlio Marco era indagato e prossimo all’arresto. Un’accusa di favoreggiamento personale e di rivelazione del segreto di ufficio che, sostenuta in aula dal partito di suo cugino, il PCI, quello del ramo nobile del ceppo familiare condiviso, Enrico Berlinguer, il Parlamento in seduta comune ritenne manifestamente infondata.
Il suo governo cadde per opera dei “franchi tiratori” della DC che impallinarono il suo “Decretone economico” con cui si sarebbe dovuto celebrare il matrimonio Nissan-Alfa Romeo, per un solo voto. E qualcuno scrisse: “ Fiat voluntas sua”…
Dopo un periodo di allontanamento dalla vita politica attiva, nel 1983 fu eletto Presidente del Senato, e nel 1985, con un’amplissima maggioranza parlamentare (752 voti su 977 votanti) frutto di un’intelligente operazione politica del segretario nazionale della DC, Ciriaco De Mita, fu eletto Presidente della Repubblica succedendo a Sandro Pertini.
Fu l’ottavo presidente della Repubblica italiana, giunto al Quirinale in uno dei momenti più travagliati della storia della Prima Repubblica, con una DC divisa a metà tra i sostenitori del “preambolo” vincitori al congresso della DC del 1982, e la composita alleanza anti preambolare costruita attorno a De Mita (1984-1989). Una divisione che permarrà e riprodurrà i suoi effetti ben oltre quell’infausto decennio, sino all’epilogo con la segreteria Martinazzoli e la fine della DC.
Se sino a quella Presidenza, Cossiga aveva conservato una posizione distaccata e prudente all’interno della DC, impegnato più sul fronte di governo al quale diede un contributo essenziale, soprattutto per la riforma dei servizi segreti che rimase intatta sino alle modifiche intervenute nel 2007, da Presidente della Repubblica mise a nudo le irrisolte contraddizioni e i rischi mortali cui andava incontro, come di fatto avvenne, la Prima Repubblica.
Se per i primi cinque anni svolge prudentemente il suo alto ruolo di Notaio della Repubblica, dal 1990, sull’esempio di Sandro Pertini, il primo esternatore del Quirinale, cambia stile e diventa “ il picconatore” che attacca il CSM, da lui presieduto, la Corte Costituzionale, il sistema dei partiti, incapaci di vedere ciò che stava per accadere e accadeva, sollecitando un riforma profonda dello Stato, di cui ancora stiamo attendendo la realizzazione.
Oggi tutti rendono omaggio alla figura esemplare di questo Presidente emerito, anche coloro che furono direttamente coinvolti o indirettamente ancora collegati a quelli che nel 1990, quando Giulio Andreotti rivelò l’esistenza di “ Gladio” con l’allora PDS, guidato da Achille Occhetto avviarono la procedura di impeachment che fu liquidata in commissione bicamerale a larga maggioranza.
Attese le elezioni del 1992 e si dimise due mesi prima della sua scadenza naturale, con un discorso memorabile alla TV il 24 aprile, alla vigilia dell’anniversario della Liberazione.
Nominato, in virtù di un Decreto del governo Presidente emerito, non mancherà di fornire i suoi consigli e di partecipare attivamente al dibattito politico, talora da autentico king maker, come nella nomina di D’Alema a Presidente del Consiglio, dopo il ribaltone del governo Prodi, ed ancora, con cadenze mirate in questi ultimi diciassette anni di seconda repubblica.
Noi che l’abbiamo conosciuto e avuto per molti anni collega nel Consiglio nazionale della DC, continuando a leggerlo nei suoi numerosi interventi sulla stampa e nei libri da lui scritti negli ultimi anni, partecipiamo commossi al dolore dei suoi cari ed eleviamo una preghiera per l’amico che ci ha lasciati ancora più poveri di maestri autentici, quale lui lo fu per molti di noi dentro e fuori della Democrazia Cristiana.
 

Ettore Bonalberti
Presidente di ALEF (Associazione dei Liberi e Forti)


Venezia, 17 Agosto 2010

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria