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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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14/11/2009

Vivere con libertà senza menzogna

A vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, Teresa Curino traccia una breve ma intensa riflessione

   

Vivere con libertà senza menzogna

L’89 è l’anno “formidabile” in cui esplosero tutte le tensioni politico-sociali maturate nel blocco dei paesi del socialismo reale dell’Europa dell’Est e molti popoli riacquistarono la libertà perduta dal dopoguerra.

Il 9 novembre del 1989 cadde “il simbolo”: il Muro di Berlino. Fu proprio distrutto: buttato giù blocco di cemento per blocco di cemento, da uomini che avevano bisogno di questa opera fisica e simbolica per poter respirare a pieni polmoni. Come ci hanno ricordato le manifestazioni di questi giorni il primo gesto non fu spargere sangue, come le rivoluzioni fanno sempre, ma la musica. Mstislav Rostropovich, il violoncellista amico di Solgenitsin, improvvisò un concerto. Andò sotto ciò che restava del muro e inondo di armonie l’aria di Berlino, il mondo intero. Solo la musica, solo la bellezza poteva spiegare, penetrare, proporre l’essenza di quanto accadeva. Gli uomini e i popoli hanno dentro di sé una scintilla che i tiranni si illudono di aver spento, o di controllare con gli assassinii o i lager, ma quando tutti paiono stanchi ci si accorge che vivere da uomini esige di poter vivere secondo le dimensioni piene della libertà e della verità.

Verità, libertà e democrazia erano diventate, in quegli anni, parole d’ordine dei movimenti del dissenso nell’Europa orientale.

Per questo mi sembra doveroso ricordare, tra i tantissimi, il premio Nobel Aleksandr Solgenitsin. che spiegò proprio a Stoccolma che in Russia c’erano uomini che avevano cominciato a “vivere senza menzogna”,o come fecero gli operai polacchi di Danzica, radunati intorno al Papa e alla potenza dirompente del suo messaggio o a Jan Patocka e Vaclav Havel (Charta ‘77) capaci non solo di teorizzare una critica politica, ma capaci di creare istituzioni educative e culturali che animavano il mondo del dissenso.

Mi piace concludere con le parole di E. Bettiza (La fine del novecento) che ben sintetizza una verità che in questi giorni non tutti tengono nella giusta considerazione: “L’unico che, all’epoca, dava impressione di muoversi come un veggente fra una marea di ciechi era il perspicace Pontefice venuto dal freddo, che teneva il passo alla storia e non dava mostra di temere l’imminente cataclisma.
Karol Wojtyla era il solo a volere che precipitasse al più presto ciò che stava per precipitare sulla Vistola e di là dalla Vistola”.




Teresa Curino

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria