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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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02/03/2009

Il bipolarismo imperfetto

Sostituisce il bipartitismo imperfetto della prima repubblica e apre una nuovo Fattore K. E il PDL va a congresso senza che il sistema politico italiano abbia deciso il suo destino

   

Il bipolarismo imperfetto

Il mio vecchio professore di Trento, Giorgio Galli, nel 1967, scrisse quel suo bel libro, diventato un best seller della cultura politica italiana: “Il bipartitismo imperfetto- Comunisti e democristiani in Italia”.
Era lo sviluppo logico e storico politico di quell’anomala situazione italiana che Alberto Ronchey dalle colonne del “Corriere della sera”il 30 marzo 1979 sintetizzerà nel cosiddetto fattore K ("La sinistra e il fattore K”, dove K stava per “Kommunizm”, in lingua russa), ossia nell’improbabilità, se non impossibilità, che il Partito comunista potesse giungere al potere nel nostro Paese, destinato così a vivere sotto la perenne egemonia della DC e con i comunisti che si auguravano di “ non morire democristiani”.
Dopo il crollo del muro di Berlino, alla Bolognina, Achille Occhetto tentò di traghettare il PCI fuori delle secche in cui era finito con la fine dell’URSS, passando dal PCI al PDS, poi DS, Ulivo ed oggi PD, senza tuttavia mai compiere quella trasformazione socialdemocratica che l’avrebbe reso veramente alternativo allo schieramento moderato secondo i canoni prevalenti politici europei.
In realtà. gli ex comunisti al governo ci arrivarono con Prodi e con D’Alema e se anche non sono morti democristiani, hanno, tuttavia, finito con lo scegliersi come leader proprio un ex democristiano, il giovane-adulto Dario Franceschini da Ferrara.
Se nella Prima Repubblica si poteva parlare e scrivere di “bipartitismo imperfetto” nel senso su indicato, oggi siamo in una situazione di “bipolarismo imperfetto.” Se prima funzionava in senso limitativo il cosiddetto “fattore K”, oggi la situazione è assai più complessa poiché la fusione a freddo tra cultura comunista e cultura delle vecchia sinistra dossettiana DC sembra non riuscire a compiersi con il risultato di un PD che non è più, nè il vecchio PCI, con il suo tradizionale retroterra sociale e culturale, né quel partito radicale di massa auspicato dai mentori della Repubblica scalfariana- debenedettiana.
Ne è uscito uno strano ircocervo privo di un solido blocco sociale, economico e culturale che si è andando progressivamente sfaldando e con l’aggravante di tragici errori politici che hanno finito con l’assegnare a Di Pietro il ruolo di sanguisuga permanente di un consenso elettorale in continua erosione.
Di qui la condizione della coalizione PdL-Lega necessitata a governare poiché non solo realizza, come è necessario in democrazia, il consenso maggioritario degli elettori, ma anche perché è l’unica coalizione fondata su un blocco sociale, culturale, economico e politico sufficientemente omogeneo e solido. Insomma gli interessi e i valori su cui si fonda la politica, ogni politica, sono più omogenei nel centro-destra che a sinistra.
E’ regola generale della politica che i partiti si organizzano al proprio interno con regole di funzionamento strettamente correlate al tipo di sistema elettorale esistente. E’ derivata da questa elementare constatazione, mattarellum in corso di gestazione, la scelta del Cavaliere nel 1993-94 di scegliere la forma del partito-azienda al posto del partito-società al quale pure era invitato ad orientarsi da parte di alcuni autorevoli consigliori politici; così come è in funzione dell’esistente porcellum, che i partiti, tutti i partiti, hanno accentuato progressivamente al loro interno il carattere cesaristico, con pieni poteri concentrati sui leader.
Se con il mattarellum, la residua quota del 25 % proporzionale permetteva una assai ridotta possibilità di scelta da parte degli elettori, con il porcellum, il 100% della selezione dei candidati e, dunque, degli eletti, viene decisa senza alcuna procedura democratica dai vertici di partito e la possibilità di scelta degli elettori è del tutto annullata.
Con le prossime elezioni europee la musica cambia, o, meglio, si torna all’antico di sempre: proporzionale con uno sbarramento al 4% e voto di preferenza. Lì si misurerà la forza effettiva di ogni formazione politica e da lì si muoveranno le carte della nuova partita.
Referendum sulla legge elettorale nella stessa data (6 e 7 Giugno) o, fatto slittare verso una più estiva, con il desiderio di alcuni di puntare a far saltare il quorum, sarà l’altro passaggio politico destinato a mutare la natura stessa del nostro sistema politico-istituzionale.
Per adesso si andrà al congresso di formazione del PdL senza alcuna certezza di cosa accadrà dopo e, quindi, giocoforza con un sistema di regole interne provvisorio, da risistemare in funzione della nuova legge elettorale che o dal referendum o da un accordo parlamentare si finirà con l’adottare.

Don Chisciotte

radioformigoni 2 Marzo 2009

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria