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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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06/11/2008

Gelmini e università: quanti equivoci! Tutti in buona fede?

Emanuele Locci spiega gli articoli della legge 133 che fanno infiammare gli atenei. Eppure c'è molto di buono e una dimensione nuova appena accennata per l'istruzione superiore in Italia. Ma ci vorrà una vera riforma...

   

Gelmini e università: quanti equivoci! Tutti in buona fede?

Innanzi tutto vorrei fare chiarezza intorno alla preoccupazione che riguarda la “privatizzazione” dell'Università. Con la Legge 133/08 si dà la possibilità alle Università che lo vogliano di trasformarsi in fondazioni, cioè in istituzioni private riconosciute come persone giuridiche che hanno a disposizione un patrimonio da destinare a determinati scopi senza fini di lucro. Possibilità, non obbligo. La trasformazione in fondazioni è vincolata ad un voto a maggioranza assoluta (50% +1 dei votanti) del Senato Accademico e all’approvazione del Ministero dell’Istruzione e delle Finanze. Cosa più importante è che la struttura di amministrazione delle Università non varierà, rimarranno quindi CdA, Senato Accademico, Consigli di Facoltà e tutte quelle strutture in cui è presente anche una rappresentanza studentesca. Il riscontro è nel primo e nel quattordicesimo comma dell’art. 16. Da questa preoccupazione ne discende un'altra, l'ingresso dei privati sottointende la finalità di un profitto economico? No, perchè la possibilità di trarre degli utili dai finanziamenti alle Università è, di fatto, non permessa dalla natura stessa delle fondazioni che sono istituzioni senza scopo di lucro. La legge dice esplicitamente che non è ammessa in nessun modo la distribuzione di utili, questo proprio per non permettere alle aziende che penseranno di finanziare l’Università di guadagnare grazie al lavoro svolto dai ricercatori e dagli studenti. Per rimarcare ancora di più la cosa, la legge specifica anche che eventuali proventi derivanti dalle attività della fondazione debbano essere utilizzate solo ed esclusivamente per finanziare le attività scelte dall’Università, quindi più soldi per il mantenimento di aule, servizi agli studenti, laboratori, biblioteche, nuovi docenti e altro. Il riscontro lo abbiamo dal quarto comma dell'art.16. Proseguendo nel ragionamento, si arriva talvolta a sostenere che la Legge 133 abolisce di fatto i finanziamenti pubblici. La risposta arriva dal comma 9 dell'art. 16 che enuncia: “La gestione economico-finanziaria delle fondazioni universitarie assicura l'equilibrio di bilancio. Il bilancio viene redatto con periodicità annuale. Resta fermo il sistema di finanziamento pubblico; a tal fine, costituisce elemento di valutazione, a fini perequativi, l'entità dei finanziamenti privati di ciascuna fondazione”. Dai termini “fini perequativi” si evince che i finanziamenti pubblici diminuiranno proporzionalmente all’aumentare dei finanziamenti privati, ma è anche vero che viene confermato il finanziamento pubblico, quindi una quota base di finanziamenti pubblici sarà sempre garantita. Quota che non sarà purtroppo fissa, per questo credo che sia giusto farsi sentire per chiedere al Governo l’introduzione di una quota minima di questi finanziamenti che sia nota e garantita dallo Stato. Questo sistema di redistribuzione dei fondi è stato pensato per evitare che Università meno conosciute, quindi meno oggetto di attenzione da parte dei privati, si trovino in svantaggio rispetto ad altre Università più grandi e famose. Sono azzardate anche le preoccupazioni riguardo il rischio che lo Stato perda il controllo delle Università a favore dei privati. Ogni singola Università che sceglierà di trasformarsi in fondazione dovrà redigere un proprio statuto e questo statuto deve essere approvato dal Ministero dell’Istruzione: sarà questo statuto che potrà prevedere l’ingresso di rappresentanti delle aziende negli organi di gestione dell’Università e che regolerà il loro potere. Oltre a questo, le Università che si trasformeranno in fondazioni saranno costantemente sottoposte al controllo della Corte dei Conti, che vigilerà sul loro bilancio e sulla gestione. I riscontri di quanto detto li si trovano nel sesto, nono e undicesimo comma dell'art.16.
L'altro argomento fortemente controverso è il turn over dei professori universitari. Si dice che ci sarà un ridimensionamento del corpo docente, dato oggettivamente vero. Bisogna però contestualizzare questo provvedimento tenendo conto della situazione dell'Università italiana. Grazie all’autonomia e alla riforma del 3+2 si è prodotto un incremento del numero di corsi e di cattedre totalmente fuori da ogni criterio logico: esistono così decine di corsi di laurea che sono seguiti da uno studente soltanto e centinaia di Facoltà con non più di dieci iscritti. Situazione che ha portato ad una triplicazione dei costi dell’Università e che ad oggi si è riuscita ad indirizzare verso una soluzione con la legge 270/04 che obbliga le Università ad eliminare questi corsi di laurea e queste cattedre, inutili e dispendiose. Questo naturalmente ha portato ad un abbattimento della richiesta di docenti da parte delle Università, abbattimento che la legge ha cercato di regolare per evitare che continuino le assunzioni di professori scollegate da ogni logica legata al fabbisogno.
Per quanto riguarda i tagli, anche questi rappresentano un dato oggettivo della Legge 133/2008. Le precedenti riforme dell’Università (prima con i requisiti minimi introdotti dal decreto Moratti e in seguito con il nuovissimo ordinamento da Mussi) hanno portato ad una diminuzione della richiesta e del fabbisogno del corpo docente e questa diminuzione è stata accompagnata a una diminuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario che lo stato dà alle università. Il FFO è il fondo statale con il quale sono pagati i nostri professori e i servizi primari, cioè acqua, luce e gas. Non sono fondi che sono indirizzati alla ricerca, né a servizi come laboratori, aule studio e biblioteche. Ciò che deve essere chiesto al Governo è che questi tagli non siano generalizzati ma contestualizzati per colpire gli enormi sprechi di molte Università senza penalizzare ingiustamente le Università virtuose.
La Legge 133/2008 introduce quindi molti elementi positivi per arginare alcuni fenomeni degenerativi dell'Università italiana. Ma la 133 da sola non è sufficiente per colpire gli sprechi se non viene completata da una riforma organica dell'Università. Le fondazioni possono rappresentare una risorsa per l'Università a patto che sia garantita una percentuale fissa di finanziamento pubblico che tuteli il diritto allo studio. Il finanziamento privato – sotto il controllo degli organi universitari e statali – deve essere un'opportunità di sviluppo ed un ponte verso il mondo del lavoro e non un mezzo di controllo da parte delle imprese. Il turnover del corpo docente non deve essere stabilito con cifre percentuali decontestualizzate decise aprioristicamente. Il turnover è positivo se segue criteri razionali mirando a garantire la soddisfazione delle reali esigenze delle Università, colpendo solo gli sprechi. Allo stesso modo i tagli – non radicali se si pensa che si passerà dall'1% sul FFO del 2009 al 7% sul FFO del 2013 – sono opportuni se non generalizzati e se vengono completati da una ridistribuzione razionale delle risorse. Il dato certo è che è giunto il momento di una riforma strutturale dell'Università, dove le razionalizzazioni siano accompagnate da un rafforzamento della cooperazione tra Università, istituzioni locali e mondo del lavoro.

Dott. Emanuele Locci
Consigliere Comunale PDL Alessandria
Coordinatore Regionale di Azione Giovani

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria