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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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28/10/2008

Dopo lo tsunami finanziario, il dialogo deve prevalere

Le valutazioni del professor Guarino sull'economia reale e la liberalizzazione bancaria. Don Chisciotte però...

   

Dopo lo tsunami finanziario, il dialogo deve prevalere

Qualche mese fa, con il prof. Guarino ed altri esperti avevamo dedicato molta attenzione al problema del debito pubblico italiano, alla vigilia della ratifica del trattato di Lisbona, schierandoci dalla parte di coloro che sostenevano l’opportunità di non procedere a quella ratifica che avrebbe determinato una situazione iugulatoria per l’Italia.

Un nostro caro amico, esponente di una delle imprenditorie più serie e mature del Veneto produttivo, condividendo la posizione anti Lisbona espressa dal prof. Guarino, nel giugno scorso, ci scrisse da buon “eretico” (lo pseudonimo con cui cela la sua identità il Nostro) la sua opinione, con una frase lapidaria del saggio Bertoldo: “Banca ricca, Paese povero.”

E, aggiungeva: “Se il debito pubblico è veramente insostenibile, allora bisogna ridurlo. Se la situazione è grave, allora servono misure drastiche e immediate. Quali?L’enormità della rapina conseguente al cambio suicida “Lira-Euro” ha svalutato il reddito e rivalutato il debito.

Risultato: le categorie produttive sono in ginocchio; quelle finanziarie, invece, rigurgitano di ricchezza monetaria (ossia, virtuale), mentre l’economia reale manca di liquidità, quindi di investimenti, dunque di sviluppo.

Il “denaro”, in realtà, non è scomparso; bensì si è accumulato concentrandosi “fuori circuito”. Non resta che andare a riprenderselo là ove si trova – tassando i sopraprofitti finanziari – per rimetterlo nel giro restituendolo alle “buste paga”, prima che sia troppo tardi.

I realizzi patrimoniali, il taglio della spesa e il conseguente aumento del P.I.L. faranno il resto, ma col tempo però; subito, invece, la “speculazione” deve restituire il maltolto.”
Insomma sembrava vero l’assunto: Banca ricca, Paese povero.

La situazione in cui è precipitato l’intero sistema finanziario internazionale è la dimostrazione di quanto assai più gravi sono stati gli effetti di una liberalizzazione senza freni che ha garantito immense praterie alla speculazione finanziaria sempre più avulsa dall’economia reale. Ora sono andate in default molte istituzioni bancarie e assicurative, anche quelle sino a qualche tempo fa considerate tra le più solide, mentre con il blocco del credito si sta verificando un rallentamento dell’economia reale che porterà il nostro Paese ad una situazione di stagnazione-recessione dagli effetti economici e sociali del tutto imprevedibili.

Se il malessere, in gran parte artificiosamente fomentato dall’estremismo politico, in campo studentesco ed universitario è solo il sintomo di un disagio sociale e culturale che copre le miserie di un corporativismo senza più giustificazioni, sarà dal lato dell’economia reale e produttiva che potranno venire i più forti dolori.

Nonostante le punture di ottimismo che il Presidente del Consiglio giustamente non si stanca di risparmiare e le sin qui positive decisioni assunte dal governo per far fronte ad una crisi finanziaria che, almeno sino ad ora, sembra preservare il sistema bancario italiano dallo tsunami che ha sconvolto con ben più forte consistenza realtà che sembravano assai più consolidate, è dalle imprese e dalle famiglie che ora giungono con sempre più forte insistenza gli alti lai.

Le prime alle prese con un blocco del credito in una fase in cui, soprattutto, le piccole e medie imprese, ma non sono diversamente posizionate anche quelle più grandi, risultano fortemente sottocapitalizzate e nella necessità di liquidità sempre meno disponibile; le famiglie, con redditi fissi erosi quotidianamente da un’inflazione che ne riduce progressivamente il potere d’acquisto sino a determinare un aumento progressivo dell’area della povertà.

Inflazione e stagnazione, ossia quella pericolosissima stag-flation, foriera di possibili scontri politico-economici e sociali dalle imprevedibili dimensioni ed effetti.

Non solo alla FIAT e alla Indesit, ossia alle auto e agli elettrodomestici, ma ad intere filiere produttive dovranno essere concessi sgravi fiscali e facilitazioni creditizie, ripristinando la Legge Tremonti di esonero fiscale per gli utili reinvestiti; mentre alle famiglie va assicurato l’immediato sgravio fiscale delle tredicesime, avendo consapevolezza che se non si pone mano ad una revisione delle politiche salariali in funzione dell’aumento del potere d’acquisto e conseguente incremento della domanda interna, la situazione potrebbe precipitare.

Tutto ciò comporta una profonda revisione degli stessi atteggiamenti e comportamenti sin qui assunti dalle più importanti formazioni politiche. I nascenti poli dell’inevitabile bipolarismo italiano o riprendono un dialogo interrotto per reciproche seppur diverse responsabilità o saranno seri guai per tutti.

Guai, infatti, se il Paese dovesse diventare terreno di conquista degli sfascisti dipietrini e dei votati al “tanto peggio tanto meglio”. Sono in ballo i fondamentali della stessa nostra convivenza sociale, economica e politica, mentre a livello internazionale, saltati tutti gli schemi tradizionali, si tratta per noi europei di ripensare dalle fondamenta lo stesso processo di costruzione europea che con questo tsunami ha ricevuto un colpo apoplettico al limite della sua stessa sopravvivenza.

Speriamo che, dopo lo sfogo con la manifestazione del PD al Circo Massimo di Sabato scorso a Roma, si ritorni a dialogare, al di là degli slogans bolsi, vecchi e stantii ripetuti da Walter Veltroni nel suo comizio di chiusura.

don Chisciotte

 

Radioformigoni 27 ottobre 2008



 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria