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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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12/05/2008

Tremonti: ora servono idee nuove per un'economia in difficoltà

Don Chisciotte spiega come con i sistemi proposti dalla Unione Europea in quindici anni il debito è aumentato anziché diminuire. Cosa fare? Molto sta nelle mani del nuovo Ministro dell'Economia

   

Tremonti: ora servono idee nuove per un'economia in difficoltà

Con la nomina dei viceministri e dei sottosegretari, oggi si completa la formazione del IV Governo dell’On Berlusconi, che si avvia ad essere il più longevo Presidente del Consiglio della storia repubblicana.

Al primo consiglio dei ministri che si terrà, come promesso a Napoli, il ministro Giulio Tremonti ha garantito che, come da programma elettorale, si delibererà l’abolizione dell’ICI sulla prima casa e la detassazione degli straordinari insieme ad un pacchetto di misure sulla sicurezza.

Al potente ministro dell’economia spetterà il compito di affrontare e tentare di risolvere il rompicapo, che dal 1992 ci perseguita: il debito pubblico.

Il trattato di Maastricht, come è noto, impone ai Paesi che fanno parte del sistema dell’euro (sono 13 sui 27 che fanno parte del mercato comune) un tetto invalicabile: il debito delle pubbliche amministrazioni non deve superare il 60% nel rapporto con il PIL. In Italia il debito pubblico al 31 dicembre 2006 era pari al 106,8 %, ossia circa 47 punti in più del limite consentito. Questi 47 punti hanno comportato nel 2006 un onere per interessi di 30 miliardi di euro, pari a circa il 2 % del PIL.

Se è chiara la patologia (insufficienza delle risorse) e così pure la diagnosi (la causa va riposta nel volume del debito pubblico) manca la terapia. Spetta al ministro dell’economia indicarla con il presidente del Consiglio. Sino ad ora, però, si è rimasti silenti, da molti governi a questa parte, preferendo trattare il problema in maniera tale da non creare allarmismi. Ci si è basati sull’avanzo primario (ossia il saldo attivo del bilancio esclusi gli interessi sul debito) fiduciosi di un avanzo annuale tale da garantire negli anni la riduzione del debito sino al suo annullamento.

L’avanzo primario avrebbe dovuto derivare per effetto combinato della crescita del PIL, attesa quale naturale conseguenza della stabilità dei prezzi, e a seguito della ristrutturazione della spesa (leggi riduzione) che avrebbe riguardato i settori più incidenti: contrattazione salariale, pensioni, sprechi nella sanità, riduzione degli organici della PA.

Ebbene le vendite di patrimonio societario pubblico effettuato e gli avanzi primari che ne conseguivano, specie negli anni 1995-2000, hanno attenuato l’impatto del debito, ma non hanno risolto il problema. Anzi nei quindici anni dal 1 gennaio 1992 al 31 dicembre 2006 (moneta 2005) gli interessi corrisposti per la parte del debito eccedente il 60% del PIL (limite massimo consentito dal Trattato di Maastricht) hanno raggiunto l’astronomica cifra di 728 miliardi di euro ai quali vanno aggiunti i 191 miliardi di euro ricavati dalle privatizzazioni, Insomma un totale di 919 miliardi di euro. Un salasso che sta per portarci alla bancarotta e che non ha risolto, ma anzi aggravato il problema. In 15 anni di costante applicazione del criterio dell’avanzo temporaneo, quello sin qui suggerito dall’UE, se al 1 gennaio 1992 l’Italia presentava un rapporto debito/PIL pari al 98%, a fine del 2006 lo stesso rapporto era aumentato al 106,8%.
Vale la pena di ricordare che per ridurre il volume del debito del 2 per cento all’anno occorrono nell’immediato 30 miliardi. Con i chiari di luna sull’andamento probabile del PIL non ci resta che una soluzione nuova e immediata: vendere in maniera intelligente il patrimonio pubblico ricorrendo alle armi del diritto privato.
E’ quanto da tempo va suggerendo il prof Giuseppe Guarino, già ministro nel governo Amato ed uno dei più illustri studiosi del debito pubblico.

 

 

 

Don chisciotte
Radioformigoni,12 Maggio 2008

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria