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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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26/12/2008

PD, un amalgama mal riuscito

La definizione è di D'Alema. Intanto il partito è ai minimi storici e non si vede in giro la possibilità di dare una direzione diversa alla sinistra socialdemocratica italiana. Il commento di Don Chisciotte

   

PD, un amalgama mal riuscito

Se non fosse stata fatta da D’Alema questa descrizione pessimistica del Partito Democratico sembrerebbe frutto della solita polemica degli avversari.
Ed, invece, è proprio la diagnosi impietosa del leader diessino svolta nella direzione del PD di venerdì scorso. Una direzione apertasi con una relazione “ma - anchista” del segretario Veltroni e conclusasi con il rito tradizionale del vecchio PCI e della peggiore DC dorotea della finta unanimità su una mozione predisposta dal mediatore Fassino.
Dimissioni annunciate e poi ritirate dell’indeciso Sergio Chiamparino, mentre l’unica proposta politica degna di questo nome avanzata dal “fedifrago” Follini, con cui si chiedeva di abbandonare l’infausta alleanza con l’IdV di Di Pietro, veniva sonoramente bocciata; così come respinta era pure quella dei giovani Mario Adinolfi, Giovanni Bachelet e Luca Sofri, che reclamava il mantenimento delle primarie e l‘avvio del ricambio generazionale sin dalle prossime elezioni europee.
Colpito duramente dalle inchieste della magistratura che da Trento a Catanzaro, passando per Genova, Firenze, Perugia, Napoli, Pescara, Potenza, Bari e Foggia, sta rapidamente arrivando nella stessa capitale che fu già regno indiscusso di Rutelli e dello stesso Veltroni; dopo il drammatico risultato elettorale abruzzese con un PD ridotto sotto la soglia del 20%, ci si attendeva molto di più da un partito che conferma l’ambizione di porsi in alternativa al governo di centro-destra.
Ed, invece, scarse indicazioni sono venute sulla crisi economica e finanziaria e sui problemi reali del Paese, per i quali ci si limita all’auspicio che, con l’aggravarsi della stessa crisi, possa finalmente cambiare il vento oggi favorevole alla politica dell’odiato Cavaliere.
“Siamo un partito di gente per bene” continua a salmodiare come uno stonato muezzin Walter Veltroni, e “non accettiamo lezioni da Berlusconi”, come se rinfacciando sempre agli altri i casi della “questione morale” su cui sta affondando larga parte della classe dirigente diessina e dell’Ulivo che ha guidato la maggior parte delle amministrazioni locali in questi ultimi quindici anni, si potesse superare il gap di credibilità politica, culturale e morale che spinge il PD ai minimi storici della propria rappresentanza.
Meno male che al Quirinale siede Giorgio Napolitano che in questi giorni, con Fini e Bossi si pone al vertice di un triangolo che punta alla ripresa di un dialogo che faciliti quelle riforme della giustizia e del federalismo che sono al centro, con la politica economica, delle scelte non più rinviabili del Governo e del Parlamento.
Ad esse si aggiunga la necessità di decidere se e quale legge elettorale adottare sia per le prossime europee, che, ancor più decisiva, per quelle politiche generali, onde evitare il referendum sulla proposta Segni-Guzzetta e salvare con la scelta bipolare la stessa ragion d’essere delle due formazioni maggiori.
A soffiare sul fuoco, quasi a solleticare l’attenzione dell’ordine divenuto potere dei magistrati inquirenti, come nel 1992-93, la solita “Repubblica” di Carlo De Benedetti e Eugenio Scalfari; prima scesa in campo a favore di Veltroni, ed oggi intenzionata a mettere da parte lo stesso leader romano, finendo con il portare acqua a quel Tonino Di Pietro, non credibile araldo di una falsa moralità ammantata da un giustizialismo intollerabile da stato di polizia piuttosto che di diritto. Riusciranno i nostri interlocutori democratici ad uscire dal tunnel in cui si sono cacciati, avendo scelto l’alleanza con questo ex magistrato che li sta cannibalizzando, forte dell’appoggio che all’interno dello stesso PD ritrova nei suoi ex colleghi: Lanfranco Tenaglia, ministro ombra della Giustizia, Felice Casson, Donatella Ferranti e Gerardo D’Ambrosio?

Intanto Luciano Violante, aspirante giudice costituzionale, e Anna Finocchiaro, aspirante al soglio della cattedra oggi occupata da Veltroni, sembrano prendere le distanze dalle posizioni passate e rendersi disponibili al dialogo sollecitato dal Presidente Napolitano. Ci sarà spazio per un accordo bipartisan?
Con questo interrogativo si chiude il 2008, con la speranza che il nuovo Anno possa riportare il confronto su posizioni di corretto dialogo democratico senza il quale il nostro Paese rischia un futuro gravido di incognite pericolose.
 

 

Don chisciotte

 

radioformigoni 22 dicembre 2008

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria