Una Chiesa di città. Questa era l’ambizione di Don Massimo Marasini, quando divenne parroco di San Rocco. Mai espressa con sfrontatezza e fuori misura, ma perseguita con azioni intelligenti e costanti: il recupero del “Lingiardi”, l’Accademia di Musica, la Missa in Musica, l’evento espositivo del Presepe, il restauro della Chiesa brano a brano, i concerti, il barocco come leit motiv delle performance e delle installazioni, un dialogo serrato con le istituzioni che vedevano in questo progetto un tentativo di costituire in San Rocco quello spirito originale che aveva dato il via alla costruzione stessa della Chiesa.

Così, al terzo appuntamento con il Presepe d’Autore, per festeggiare ancora quella Pasqua di Natale, che è mistero che ancora ci affascina e ci travolge, quella idea di “Chiesa di città” si è ancora più fatta avanti, tra la modernità di un presepio che rispetta la più genuina idea di Francesco d’Assisi, quando, volendo fare omaggio al Natale del Signore, ebbe l’ardire di rappresentare la vita dell’Umbria medievale. Non la grotta di Betlemme a Betlemme, ma la grotta di Betlemme a Greggio. Già allora Francesco traspose e dichiarò così l’universalità del disegno di Dio. Oggi il presepe che presentate, compreso tra astrattismo, fotografie dell’uomo che drammaticamente è povero di fronte alla grandezza del Cristo e di cui ha bisogno di protezione e tra immagini riflesse di un io e di un altrui che costituiscono la magniloquenza del momento, è il miglior testimone di Francesco. È l’interpretazione più completa del suo omaggio al Vangelo.

Piercarlo Fabbio