Dimensione del carattere 

Venerdì 10 gennaio 2025

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

Ricerca avanzata

15/07/2015

LMCA: il gelataio della Cadorina

Personaggio tipico della città. Girava con la moto e il biroccio che ricodava una gondola. Ma dietro di lui una grande storia di migrazione, simpatia e professionalità...

   

LMCA: il gelataio della Cadorina

Si parla dei venditori dei cibi di strada nella puntata del 21 aprile de ‘La Mia Cara Alessandria’, trasmissione ideata, curata e condotta da Piercarlo Fabbio, come sempre in onda il martedì dalle frequenze di Radio Bbsi e disponibile nella sezione podcasti dei siti www.fabbio.it oppure (solo per la parte storica) www.ritrattidallalba.it.

Siamo negli anni Sessanta, in piazza della Libertà, dove tre giorni la settimana si svolge il mercato ambulante, prima che, a fine anni Ottanta, il sindaco Mirabelli ne decreti lo spostamento in piazza Garibaldi. “Un mercato che è lì da secoli, ma che motivi imperscrutabili, verrà bellamente allontanato, per far posto a un parcheggio, che certo sarà più comodo e redditivo, ma quanto a fascino lascia desiderare assai”.

Il monumento a Rattazzi non c’era più e non c’era neppure ancora il suo rifacimento. Ma il mercato si dipartiva a raggiera da quell’ideale centro, che non veniva occupato da nessun banco, e quindi era disponibile per le più disparate attività: dai crocicchi di instancabili parlatori tuttologi e logicamente nasometrici o spannometrici, per i quali realtà, fantasia, aggiunte personali valevano uguale, fino all’insediamento di un colorato biroccio spinto da una potente moto, che faceva presagire un’alta velocità negli spostamenti. Sul fianco del banchetto con ruote a motore si leggeva una scritta colorata ‘Gelateria Cadorina Alessandria’ e la forma era aguzza come quella di una nave. O meglio, a prua, si inalberava un fac simile della punta di una Gondola, con tanto di cappello del Doge, il ponte di rialto, il canale della Giudecca e via di seguito. Era lì anche un uomo abbastanza alto, simpatico, essenziale, che si riparava dal vento della velocità con semplici occhiali – il casco obbligatorio era di là da venire –. Mi portava il gelato, anche ai giardini pubblici, per imperscrutabili ragioni di conoscenza dei miei spostamenti, sancendo intervalli mai pronosticati, e offrendo coni di diversa misura oppure sorbetti su stecchi, che poi facilmente chiamavamo stick. “Cercavo di imparare, pur giovane, l’arte della vendita e del montaggio e dello smontaggio del banco da piazza, un complicato intersecarsi di teli, bastoni tondi, innesti precisi e lisi per l’uso, che, per miracolo, una volta svolti sembravano una capanna dalle dimensioni maestose. E una volta riposti, smontati ed ordinati, tenevano lo spazio di un ombrellone o poco più. Io avevo due zii, Paolo (Palen) e Gina, che mi aiutavano a capire quel mondo fatto di sacrifici, sveglie all’alba, guanti bucati sulle dita, scialli girati e rigirati, foulard da cui sbucavano a malapena gli occhi e le bocche, smontaggi frettolosi, carichi pesanti di scatole di cartone o legno. Uno dei primi furgoni Fiat o Alfa Romeo, aveva sostituito il primitivo carretto, ancora più faticoso, poco capiente e soprattutto da spingere senza neppure l’aiuto di una bestia da soma”. Il gelato della ‘Cadorina’ era il premio più ambito. “Più volte avevo cercato di carpire il segreto di ciò che già allora mi sembrava un fatto strano. Ma se tutte le gelaterie, come l’insuperabile Cercenà, avevano un negozio, perché il biroccio con la testa di gondola e una lampada per l’eventuale vendita notturna, finiva e iniziava lì? Il negozio c’era, ma era al Cristo, quanto di più lontano potesse esserci per la mia età, con annesso laboratorio in cui il gelato che zia Gina e zio Palen mi regalavano (mi pare che il costo partisse da 30 lire e raggiungesse le 100), veniva preparato e poi portato direttamente ai consumatori. Al Cristo nei pressi di piazza Ceriana. “Quello che è certo che il mio interlocutore ogni tanto cambiava. Ne arrivava uno più anziano oppure una donna ma il gelato, sapete, sente la mano del padrone e i coni non sono proprio tutti uguali. Non è solo una questione di quantità. Anzi, però qualcosa di diverso succedeva in quella confezione open air”. Quella figura non spuntava dal nulla ma aveva una lunga storia che racconta Francesco Mastriani (1866):
“Egli ha presso al piede destro un secchione da pozzo pieno d'acqua per isciacquarvi le diverse maniere di bicchieri contenuti in un arnesepoggiato sul medesimo secchione, e diviso in parecchi scompartimenti;al lato manco riposa a terra un recipiente di legno, ove contiensi la neveper raffreddare e congelare la massa de' sorbetti racchiusi in altro vasocilindrico di stagno, al quale egli imprime sovente un moto di rotazioneper maggiormente compiere l'opera della congelazione. Nella destra mano sta baldanzoso un conico bicchiere con dentro un bianco sorbetto piramidale alla cui cima vedesi una striscia rossa di altro sorbetto... L’altra mano del sorbettiere ambulante stringe uno strumento di stagno, dirame o di altro metallo, con quale attinge dall'imo del vaso i sorbetti, econ grazia particolare li adagia su i bicchieri porgendoli maestosi e con la punta ritta a qualche tarchiata nutrice o a qualcuno dei laceri monelliche gli fan corona”. (‘Valli Carlo G, C’erano una volta cibi di strada’).
Ne era passato di tempo, ma la loro storia non lasciava dubbi. A iniziare il girovagare del gelato ci avevano pensato, sul finire dell’800 i valligiani del bellunese, principalmente i montanari della Val di Zoldo, la piccola valle dolomitica dominata dal Monte Civetta (3218 metri). Li aveva spinti a valle l’estrema rarefazione delle produzioni agricole ed una sicura povertà. Ma la loro emigrazione era stagionale e avevano cominciato a vendere per strada caldarroste, pere cotte, gli zalet (cioè i biscottini di farina di mais cotti al forno). Non si sa perché ma sostituirono progressivamente questi cibi da strada con i gelati, che invasero le nostre città – in Alessandria i Cercenà, i Pieruz; a Valenza i Soban e perché no gli ambulanti della Cadorina appartengono a questa storia – poi l’Europa, approdando addirittura oltre atlantico. In Inghilterra – Londra e dintorni ve n’erano circa 1000. Li chiamavano hokeypokey, nomignolo derivato dall’orecchiamento della frase: “eccone un poco” (di gelato). In America, invece, dove nacque lo stick, erano più bonariamente conosciuti come “good humour junker” (uomini del buonumore). Il ghiaccio, magari in pani, e il sale costituivano il frigorifero rudimentale con il quale mantenere freddo il gelato contenuto in recipienti di rame, di porcellana e poi di acciaio inox. Il cono di cialda venne inventato proprio da un cadorino ai primi del Novecento. Prima si usavano sempre i coni, ma di carta. Un mestiere, in apparenza semplice e poco faticoso, ma che in realtà durava almeno 18 ore il giorno: il carretto andava spinto, poi guidato per il resto del tempo. Prima ci si svegliava presto per prepararlo e poi per venderlo si trascorrevano ore. La stagione era breve e il caldo amico-nemico del gelato. Amico perché ne creava il bisogno. Nemico perché tendeva a scioglierlo in fretta e, quindi, ancor più in fretta occorreva venderlo. “E forse è questa la ragione per la quale l’ambulante cadorino mi scovava sempre durante le mie libere uscite”.

Per reclame d’annata: Pastiglie Bertelli, Opeptol.

Per la rubrica ‘Stra per stra’ ci troviamo in via Guglielmo Lanzavecchia, da via Giotto alla Stephenson. Si sa che nel 1191 fu presente all’atto con il quale i consoli di Alessandria rinfeudarono il Castello di Ponzano ai figli di Berengario. In quel periodo è presente a molti fatti che contraddistinguono la storia della città appena nata come l’alleanza con i genovesi e il trattato di pace con Guglielmo di Monferrato: Fu podestà di Alessandria, poi nel 1203 Console della città e nel 1204 Podestà di Torino. Fu più volte ambasciatore per la città ed ebbe, personaggio dotato di grandi capacità diplomatiche, incarichi politici di rilievo.

Dopo l’Almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria, la playlist della settimana chiude la puntata con Emerson Lake and Palmer ELP: Promenade, The Gnome; The Sage; Blues Variation; Pictures At An Exhibition Medley abstract; Nutrocker.

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria