Dimensione del carattere 

Venerdì 10 gennaio 2025

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

Ricerca avanzata

25/03/2015

LMCA: Papa Pio VII cena in Alessandria

Cosa fa un Pontefice quando visita una città? E soprattutto cosa fa una città come Alessandria quando il Santo Padre la raggiunge ben 5 volte?

   

LMCA: Papa Pio VII cena in Alessandria

Durante le passate trasmissioni de ‘La Mia Cara Alessandria' – curata e condotta da Piercarlo Fabbio, in onda dalle frequenze di Radio Bbsi il martedì e disponibile nella sezione podcast dei siti www.fabbio.it oppure (solo per la parte storica) www.ritrattidallalba.it - si è parlato di Pio V, da Bosco Marengo, l’unico Pontefice di questa zona. Poi si è ‘inciampati’ più di una volta in un Alessandro III, che non solo diede il nome ad Alessandria, ma al quale la città fu dedicata in spregio all’imperatore Federico Barbarossa. Poi è successo che, per rendere omaggio al neocardinale Giuseppe Versaldi, in allora vescovo di Alessandria, si prende la macchina del tempo per fare un rapido volo tra i secoli per trovare cardinali di origine o acquistati, che comunque si contano sulle punta delle dita di una mano o giù di lì.

Ma mai mi è capitato di raccontare la visita in città di un Papa, ma soprattutto di scoprire come un Pontefice occupi il tempo quando non è a Roma. Lo si può fare seguendo la puntata del 17 febbraio.
1804. Anno napoleonico. È freddo e uggioso, non manca neppure la nebbia in quella domenica 11 novembre, pur se il tempo dovrebbe registrare un giorno di sole, l’estate di San Martino. Nelle prime ore del pomeriggio qualche raggio di sole è riuscito a spezzare la coltre grigia della nebbia, così il corteo di carrozze di gran gala, sulle quali hanno preso posto le autorità cittadine e del Dipartimento, muove sicuro da piazza Reale.

La nuova piazza centrale non è ancora del tutto sgombra dalle ultime rovine della Cattedrale di San Pietro. Il corteo si dirige verso Porta Marengo ed è preceduto da un drappello di cavalieri della Guardia Nazionale in alta uniforme. Chi merita un’accoglienza così prestigiosa? Un Pontefice, Pio VII, in viaggio verso Parigi, dove avrebbe incoronato Napoleone Bonaparte, imperatore dei francesi. Ormai è l’imbrunire e il Papa ancora non arriva. Giunge che ormai è sera e a Marengo lo aspetta il Maire di Alessandria, Cristoforo Lombardi, che lo accoglie con un breve ma ben assestato discorsetto. Del resto il Maire è un facente funzione, non è neppure titolare.

Il seguito di Pio VII è poderoso e la notizia ormai si era talmente diffusa in città che due ali di folla plaudente si erano riversate lungo la strada che da Marengo porta in città. Appena arrivato in Alessandria, sono però i cannoni a farsi sentire. Salva a festa. Poi l’alloggiamento a Palazzo Ghilini, non dopo aver accordato alcune udienze.

Al secolo Barnaba Niccolò Maria Luigi (in religione Gregorio) Chiaramonti, era nato a Cesena nel 1742, da nobile famiglia, e venne eletto Papa il 14 marzo 1800 a Venezia, perché Roma era occupata dai francesi, dopo un conclave burrascoso durato quasi quattro mesi. Ma volle ritornare a Roma, quando i napoletani scacciarono i francesi, anche se la situazione romana non faceva inclinare all’ottimismo.

Ora, dunque, che Pio VII lasciasse nuovamente Roma per far meta su Parigi lasciava più di una perplessità. Ma tutti i mali non finivano per nuocere, almeno ad Alessandria, che così poteva registrare la visita di un Papa in un momento in cui il clero non era certo saldo in sella, visto il giacobinismo imperante. Quella sera, l’11 novembre, Pio VII cena con alcuni commensali. Scrutando tra le padelle e i fuochi della cucina, affidata al signor Paschal, si vedono passare, dalle mani dei cuochi a quelle di indaffarati camerieri, una zuppa, un cappone, una frittura. Ci sono poi leccornie come una lingua salata e un paio di piccioni con le triffole. Del resto è stagione di tartufi. Non può mancare la cacciagione: due pernici e una beccaccia, una dozzina di quaglie. Pesce? Una trota, anzi una trutta come si diceva allora del peso di 28 libbre. Da bere? Latte alla crema, vino vecchio, vino forestiere. Infine frutta, dolce, formaggio: liquidi canditi, gelati, pastiglie e cioccolato.
Beh, non tutto questo ben di Dio mangia il Pontefice, ma in compenso i commensali non si erano risparmiati, così come salato era stato il conto del Signor Paschal: ben 260 lire. Il Comune, che aveva offerto il desco, però non si era fatto commuovere e aveva saldato il totale scontandosi 100 lire e pagando solo, si fa per dire, 160 lire. Il Papa si era accomiatato dagli alessandrini la mattina del 12, non dopo aver ascoltato la Messa nella Cappella di Palazzo Ghilini ed essere apparso a salutare la folla dal balcone incastonato nella facciata disegnata da Benedetto Alfieri.

Dopo alcuni mesi, trascorsi a Parigi, ritornò a fermarsi ad Alessandria. Questa volta viaggiava in forma privata, ma appena si diffuse la notizia della sua presenza in città, anche stavolta la folla si mise a premere nei pressi di Palazzo Cuttica, ove il Papa alloggiava.

Pio VII era stato accolto dai Padri Barnabiti, nella Chiesa – ora Sant’Alessandro - che fungeva provvisoriamente da Cattedrale. Che alloggiasse prima a Palazzo Ghilini, poi a Palazzo Cuttica, è altra questione che approfondiremo in altra occasione.

La vicenda umana di Pio VII passa attraverso l’esilio per la strenua resistenza ai francesi e quando viene trascinato a Grenoble è il 4 luglio 1809. Passa da Alessandria, così come cinque anni dopo, il 21 marzo 1814, finalmente liberato è di nuovo nella nostra città. Pio VII viaggiava da Savona a Bologna. Il 22 maggio 1815, partendo da Torino per raggiungere Roma liberata, il Papa volle rifermarsi ad Alessandria. Il popolo non stava nella pelle. Era terminato il periodo bonapartista e Pio VII andava risarcito dopo tante vicissitudini: staccati i cavalli dalla carrozza, questa venne sollevata e portata a braccia fino alla Cattedrale provvisoria fra le vibranti acclamazioni degli alessandrini. Persino qualche verso venne coniato per questo ultimo passaggio del Papa che venne 5 volte in Alessandria:

Quand’il Tanaro udì scuotersi il ponte
Dal Cocchio portator di quel gran Pondo,
A cui pari vantar non puote il mondo,
Con tali accenti alzò l’algosa fronte:
Ben ti ravviso ai prischi danni, all’onte,
Inclito Pio, che da fierduol profondo
Sorgi di nuovo al dolce aer profondo
Libero a aprirci di Tue grazie il fonte.


Come ormai tradizione da tempo, anche in questa puntano tornano i proverbi – “Bsogna fé la medesima vita, tont a Carvé cme an Quaresima (Bisogna fare la stessa vita a Carnevale come in Quaresima)”; “Semel in anno licet insanire (Almeno una volta all’anno è lecito dare di matto); “Chi cu fa trop grass el carvé u fa magra la Quaresma”. E poi ancora, ‘Chi cui fa nenta a Carvè, ui fa an Quaresma (Chi non le fa a Carnevale, le fa in Quaresima)”; “Ognuno faccia che vuole, intanto il proverbio giusto glielo troviamo, sebbene Nenta tuc i son scherzé (Non tutti sono capaci a scherzare e soprattutto ad accettare gli scherzi)”. E “Se fevrar a l’è sec e bel, tena el fen per i meis chi venu (Se a febbraio c’è bel tempo, tieni il fieno per i mesi che vengono, potrebbe fare brutto tempo)”; “La piova ad fevrar l’ampinissa el grané (La pioggia di febbraio favorisce un buon raccolto di grano)” – e, per la seconda volta, la nuova rubrica sulle ‘Reclame d’annata’, con i cappelli di Borsalino in città e nel mondo.

Quindi, l’Almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria, per chiudere con la playlist della settimana.

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria