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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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21/05/2014

LMCA: briganti in Monferrato Bartomlino e Mamlone

Insorgenze antifrancesi nella trasmissione di Fabbio all'epoca di Napoleone. L'altra faccia della medaglia che porterà al bandito più famoso: Mayno della Spinetta

   

LMCA: briganti in Monferrato Bartomlino e Mamlone

E’ il tempo della rivoluzione francese e delle sue conseguenze in terra alessandrina, tra fine Settecento e inizio Ottocento, quello della battaglia di Marengo del 14 giugno 1800 nella piana della Fraschetta, il fulcro della puntata del 13 maggio de ‘La Mia Cara Alessandria’, trasmissione curata e condotta da Piercarlo Fabbio, in onda ogni martedì dalle 12,15 alle 13,15 dalle frequenze di Radio Bbsi e disponibile nella sezione podcast dei siti www.fabbio.it e, per la parte storica, www.ritrattidallalba.it. Un tempo complesso, di nuove idee, nuove classi sociali che si impongono come la borghesia; un tempo, però, che non manca di mantenere ingiustizie e povertà. Tempo di leggende popolari, di racconti invernali nelle ore buie a farsi scaldare dal calore delle bestie nelle stalle, alle cui finestre si era messo un telaio con i vetri per riparare animali, uomini, donne, bambini dal freddo, ma non dagli spifferi…
E tempo di leggende - “che sono un poco gli spifferi della storia, un modo per sfuggire dalle sue costrizioni” - come quelle dei briganti gentiluomini, che rubano ai ricchi per tornare ai poveri. Oppure rubano ai ricchi, ma sono talmente poveri anche loro che moriranno per mano dell’autorità prima di diventare a loro volta ricchi. Da Robin Hood a Zorro, da Diego Corrientes Mateos a Louis Mandrin, Stefano Pelloni detto il Passator Cortese.
Oppure - per restare dalle nostre parti - Giuseppe Mayno della Spinetta, il Bartomlino e il Mamlòne. Originari di San Salvatore, gli ultimi due banditi venivano dal Borgo di Bagliarda, uno dei più poveri del Paese, che – come racconta Elio Gioanola - era una contrada che occupava luoghi bassi, dove l’umidità penetrava nei muri, il cesso era una chiudenda di canne sulla letamaia, l’antro della cucina dava direttamente nella stalla”. Per anni avevano evitato la cattura dei gendarmi nascondendosi nelle fitte boscaglie di San Salvatore Monferrato e dei suoi dintorni. Avevano ucciso gente da soli o in coppia. Poi via a nascondersi tra i boschi, dove ora ci sono solo vigne. Dal 1797 al 1802 terrorizzano il territorio su cui operano. Uccidono almeno sette persone e altre ne feriscono a scopo di rapina ma l’ultima azione, la più temeraria, la più sfacciata sarà quella che li farà perdere. Avevano rapito un ricco commerciante di Casale, bloccando il suo biroccino nei pressi di Mirabello. Avevano poi fatto sapere alla famiglia il prezzo del riscatto mentre il prigioniero era stato sapientemente occultato nei soliti boschi, al Casot Dij Sassìn. Mille scudi o la vita del sequestrato. La famiglia aveva accettato. Un gendarme in borghese si era recato al posto convenuto con i danari, ma aveva trovato un biglietto che lo rimandava ad una riva del Po, vicino a Valmacca, nei pressi di un ceppo portato dalla corrente. La notte seguente il solito gendarme aspettava i banditi per la consegna dei mille scudi, mentre tra le piante era appostata un’intera compagnia di guardie. Passa il tempo e dal buio, silenziosa, spunta una barca che accosta, ne esce un’ombra armata fino ai denti, strappa la sacca al gendarme mezzo addormentato e fila via. I soldati non avevano neanche fatto in tempo ad accorgersi di ciò che era capitato. L’azione era dunque riuscita ai due, che però si tradiscono. Un filo di fumo, infatti, esce dal Casot dij sassìn e viene visto, all’imbrunire, da un contadino che girava per vigne su una collina vicina. I gendarmi ne sono prontamente informati. Prendono immediatamente la decisione di circondare il luogo e si fanno aiutare da una compagnia di fanteria con tanto di guastatori. Bartomlino, al secolo Bartolomeo Caroglio, del borgo di San Salvatore, di statura ordinaria, corporatura compressa, capelli color castagno, faccia grassa e rozza, nella prigione di Alessandria tenta il suicidio, ma non muore. Si pente e confessa al prete tutte le sue colpe. Mamlòne, al secolo Gioanni Batista Prevignano, anche lui del luogo di San Salvatore, di statura grande, compresso di vita e largo di petto, capelli color castagno, faccia bianca rotonda, occhi scuri e ciglia castagno oscuro, resiste e pensa a scappare, ma non riesce. Nel 1802 il patibolo è approntato in piazza d’armi ad Alessandria. I banditi vengono portati là, dove c’è tantissima gente, anche di San Salvatore.
E mentre delle loro azioni si occupa anche il Senato Piemontese con una ‘Nota de’ Banditi per gli anni 1797, 1798 e 1799’, a sopravvivere sarà proprio la leggenda, “raccontata chissà quante volte in quegli inverni contadini nelle stalle accalorate dalle bestie per far strabuzzare gli occhi e la fantasia dei bambini e ricordare agli adulti i valori dell’onestà, della legge, della vita, ma anche la disperazione della miseria”.

Dopo le rubriche – in qualche modo anche loro tra storia e leggende - ‘Ferro e poltiglia ovvero Eventuali riferimenti a fatti, persone o cose sono decisamente voluti, proverbi piemontesi affidati alle inflessibili parole di un poco immaginario Vittorio Alfieri: “Magg piuvus ani erbus, magg suc bon per tuc, mag ventus abundansius” e ‘L’almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria’, la puntata si chiude con la playlist della settimana che propone la Hit Parade 1978, curata da Fabbio con Roberto Cristiano: ‘Gianna’ di Rino Gaetano, ‘Generale’ di Francesco De Gregori, ‘Figli delle stelle’ di Alan Sorrenti, ‘Pensiero stupendo’ di Patty Pravo, ‘Una donna per amico’ dell’immancabile Lucio Battisti, ‘Il Triangolo’ di Renato Zero.

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria