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Sabato 11 gennaio 2025

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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10/05/2014

LMCA e quel simbolo di Alessandria ‘descritto’ nel tempo da Napoleone fino al regime fascista

Continua la storia dello stemma di Alessandria. Le modifiche più vicine a noi e il tentativo di datazione

   

LMCA e quel simbolo di Alessandria ‘descritto’ nel tempo  da Napoleone fino al regime fascista

Tutti gli aspetti della storia della nostra città sono complessi e suggestivi. Anche quando si parla dello stemma che lo rappresenta. Iniziata nella puntata precedente, l’analisi delle sue origini e del significato prosegue in quella del 29 aprile de ‘La mia Cara Alessandria’, in onda ogni martedì dalle 12,15 alle 13,15 dalle frequenze di Radio Bbsi e disponibile nella sezione podcast dei siti www.fabbio.it (puntata 86) oppure www.ritrattidallalba.it, dove Piercarlo Fabbio mette a confrontato altre tesi ancora. Servendosi – come sempre - della parola scritta, si affida al racconto di Giuseppe Ottaviano Bissati, lo storico da cui spesso sono tratte buone informazioni, e che ritiene che il primo stemma non fosse sorretto dai due Grifoni (o Griffoni, alla medioevale) controrampanti, cioè figure mitologiche con la testa d’aquila e il corpo di leone, ma da due putti. Uno con la spada e la scritta “bellicosa in Marte”, l’altro con un libro aperto e il motto “studiosa in Tritonio”. Marte era il Dio della guerra, mentre Tritone, figlio di Poseidone quello dei fiumi, quindi, qualcosa con Alessandria c’azzeccava. “Difficile però pensare a qualcosa legato alle origini. Più facile ritenere lo stemma con gli angeli come ad un’invenzione barocca, seicentesca dell’annalista Giuliano Porta. Ma non sussistendo alcun originale, anche questa parrebbe un’illazione. Esiste però un disegno di come avrebbe potuto essere. Appunto un po’ barocco e assai meno medioevale di quanto ce lo offra il duo Bissati-Porta”. Interessante – per la scritta – anche la testimonianza del Cognasso: “Gli alessandrini si ricordarono un giorno del famoso versetto del Magnificat: Deposuitpotentes de sede et exaltavithumiles. Giudicarono che la loro città poteva ben servirsene e scrissero nel loro stemma Deprimitelatos, levat Alexandria stratos”. Il che ci fa proprio pensare che la penna fosse quella del Papa o di un suo curiale.
In realtà lo stemma è anche un segno di pacificazione, con lo scudo guelfo, ma la corona di città di cui è cinto ha cinque torri a coda di rondine, simbolo ghibellino. “Dopo centinaia di anni di lotte nel simbolo della città si trova una sintesi che permarrà nei secoli, forse con la sola esclusione dell’attuale Palazzo Rosso ove, caduta la corona per la consunzione nel tempo dei segni, nessuno ha provveduto a reinstallarla. Segno che l’ignoranza non sempre premia, specie chi se ne fa vanto!” Uno stemma cambiato nel tempo, di cui si occupa anche Giovanni Sisto, letterato, studioso di storia locale, parlamentare negli anni Settanta, presidente della Provincia, comandante partigiano bianco: “(…) lo stemma delle origini può essere così datato: 1168 per lo scudo e i grifoni, 1175 per la divisa”, cioè il cartiglio con la scritta attribuita ad Alessandro III. Nel corso dei secoli si è, però, lievemente modificato, addirittura anteriormente al Seicento se ne riconosce uno molto particolare, che si ritrova anche ad ornamento di due preziosi reliquari d’argento che contengono un osso di San Baudolino e uno di San Valerio, i protettori di Alessandria, custoditi presso l’odierna parrocchia di San Baudolino in via Bonardi, al Cristo. E’ di forma ovale con croce bianca in campo d’argento, ornato da tre teste umane.
Di particolare interesse è lo stemma napoleonico, concesso alla “bonne ville d’Alexandrie” il 13 giugno 1811, direttamente dal Bonaparte divenuto imperatore che sigillò la descrizione, in francese, del nuovo stemma. “Inquadrato; nel primo e quarto d’azzurro al castello cimato da una torre a tre merli, d’argento e caricato di una M (= Marengo) di nero; nel secondo e terzo d’oro al grifone di nero, armato e linguato di rosso; sul tutto d’argento alla croce scorciata di rosso. Capo delle BonnesVilles dell’Impero (= città di prim’ordine) che è di rosso a tre api poste in fascia. Vogliamo che i fregi esteriori consistano in una Coronamurale a sette merli, cimata da un’aquila nascente”. Fino al 1815 quando il Congresso di Vienna restaurò l’ordine costituito dopo la rivoluzione francese e, sancendo da noi con il ritorno dei Savoia, pure quello dello stemma crociato di rosso in campo argento sorretto dai grifoni controrampanti. Arrivando agli anni trenta del XIX secolo, in pieno regime fascista. Con un Regio Decreto del 12 ottobre 1933 viene istituito il cosiddetto ‘Capo del Littorio’, una striscia che copre il terzo superiore dello stemma. “Color porporata caricato di un fascio littorio, circondato da due rami di quercia e di alloro, annodati dai colori nazionali”.

Salto nel tempo – in questo caso indietro come ormai consuetudine – con ‘L’almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria’, in particolare al 29 aprile 1554, quando “…Si fortificò la città di Alessandria come propugnacolo e frontiera di tutto lo Stato di Milano…”.

La puntata si chiude con la playlist, questa settimana dedicata a ‘Le Orme’, dal 1970 al 1980 con il progressive rock made in Italy di ‘Sguardo Verso Il Cielo’, ‘Era Inverno’, ‘Figure Di Cartone’, ‘Felona’, ‘Gioco Di Bimba’, ‘Storia O Leggenda’, ‘Canzone D'Amore’.

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria