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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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27/09/2003

Alessandria dedica una piazza a Palatucci

La proposta di intitolazione, inoltrata nel luglio 2002 da Fabbio e sottoscritta da Olivieri, ha svolto il suo iter. L'area è compresa tra via Lelio Basso e via Palmiro Togliatti, in zona 14 al rione Cristo, vicino alla Scuola di Polizia.

   

La proposta di intitolazione, inoltrata nel luglio 2002 da Piercarlo Fabbio e sottoscritta da Gian Paolo Olivieri, ha svolto interamente il suo iter. L'area verde scelta dalla Giunta è compresa tra via Lelio Basso e via Palmiro Togliatti, in zona 14 al rione Cristo, nei pressi della Scuola di Polizia come avevano chiesto i proponenti. Fabbio ha dichiarato che "nel processo di approfondimento della storia, specialmente di un periodo alquanto contrastato in sede interpretativa come quello che si riferisce agli anni Quaranta del secolo scorso, esistono alcuni punti fermi che non hanno necessità di discussioni. La figura di Giovanni Palatucci ha queste caratteristiche ed è giusto che la nostra città, sull'esempio di quanto hanno già fatto a Ramat Gan (presso Tel Aviv), a Torino, ad Avellino, a Genova e a Montella (paese natale), gli abbia dedicato una piazza. Aver scelto un'area nei pressi della Scuola di Polizia, è ulteriore elemento che lega l'esperienza eroica di Palatucci alla quotidiana formazione dei giovani agenti". Giovanni Palatucci è stato l'ultimo questore di Fiume, deportato e morto nel campo di sterminio di Dachau. È in corso una causa di beatificazione.

Note biografiche
Giovanni Palatucci nacque a Montella - in provincia di Avellino - il 31 maggio 1909 Nel 1932, a ventitré anni, si laurea in giurisprudenza presso l'Università di Torino. Il 16 settembre 1936 è a Genova dove formula promessa di volontario Vice Commissario di Pubblica Sicurezza. Dal 15 novembre 1937 è a Fiume presso la cui Questura assumerà la responsabilità dell'ufficio stranieri, che lo porterà a contatto diretto con una realtà di rara umanità ed in particolare con la condizione degli Ebrei. "Ho la possibilità di fare un po' di bene, e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare". È quanto scriveva l'8 dicembre 1941 in una lettera inviata ai genitori. Niente di speciale davvero, se non fosse che quel "po' di bene", compiuto nel più totale sprezzo del pericolo e in tempi difficili, significò la salvezza di centinaia di ebrei; oltre cinquemila, secondo quanto riferito dal delegato italiano Rafael Danton alla prima Conferenza ebraica mondiale tenutasi a Londra nel 1945. Giovanni Palatucci era un cattolico di profonda fede. Egli non volle allontanarsi da Fiume neanche quando il Ministero dispose nell'aprile del 1939 il trasferimento a Caserta. Giovanni Palatucci, responsabile dell'ufficio stranieri in una delle più calde zone di confine, era un ingranaggio della burocrazia che, ogni qual volta doveva funzionare a danno dei profughi ebrei, si inceppava. Un ispettore catapultato nell'ufficio di Palatucci il 23 luglio 1943, trovò solo elenchi di stranieri non residenti più in Italia da moltissimo tempo e ne trasse la convinzione che il giovane funzionario non si fosse mai curato di seguire gli stranieri con la dovuta vigilanza. A Palatucci giunse il biasimo per aver reso praticamente inefficiente il servizio stranieri. Gli ebrei presenti a Fiume l'8 settembre 1943 erano 3500, in gran parte profughi della Croazia e della Galizia. Con la creazione della Repubblica Sociale ed il disfacimento dell'esercito italiano, Palatucci rimane solo in quella città a rappresentare la faccia di un'altra Italia che non voleva essere complice dell'olocausto. Diventa capo di una Questura fantasma, si rifiuta di consegnare ai nazisti anche un solo ebreo, anzi continua a salvarne molti rischiando la vita. Prende contatto con i partigiani italiani e, sotto il nome di Danieli, concorda con loro un progetto, da far giungere agli alleati, per la creazione, a guerra finita, di uno Stato libero di Fiume. Nel febbraio Palatucci viene nominato Questore reggente di Fiume. In questo modo però poteva aiutare gli ebrei solo clandestinamente: fa sparire allora gli schedari, dà soldi a quelli che hanno bisogno di nascondersi, riesce a procurare a qualcuno il passaggio per Bari su navi di paesi neutrali. I nazisti, messi sull'avviso da spie, non fidandosi più di lui, gli perquisirono la casa. Il 13 settembre 1944 però, Palatucci venne arrestato dalla GESTAPO e tradotto nel carcere di Trieste; il 22 ottobre poi fu trasferito nel campo di sterminio di Dachau dove trovò la morte a pochi giorni dalla Liberazione e a soli 36 anni, ucciso dalle sevizie e dalle privazioni o - come anche fu detto - a raffiche di mitra. Di Giovanni Palatucci vogliamo ricordare ancora una parola detta nelle ore buie; sapendo che una donna ebrea era minacciata di imminente arresto, la affidò ad uno dei suoi colleghi dicendogli: "Questa è la signora Scwartz. Trattala, ti prego, come se fosse mia sorella. Anzi, no: trattala come se fosse tua sorella, perché in Cristo è tua sorella" (Estratto da:"A Dachau per amore", Goffredo Raimo; "Gli ebrei a Campagna durante il secondo conflitto mondiale", Gianluca Petroni)

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria