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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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09/02/2007

Calcio malato? I fatti di Catania ci interrogano

Se chi muore è uno di quelli che indossa il passamontagna, si può essere santificati e magari gli intitolano anche una sala del Senato

   

Calcio malato? I fatti di Catania ci interrogano

I fatti di Catania hanno poco a che fare con lo sport.
Sono atti di guerra di gruppi di teppisti contro onesti lavoratori quali sono i poliziotti.
Non chiamiamo questi delinquenti tifosi, perché le parole hanno bisogno di ritrovare il loro significato originale: il tifoso è colui che va allo stadio per assistere ad una gara sportiva, ad una partita, per tifare per la propria squadra del cuore.
Quelli che abbiamo visto in televisione con il passamontagna in testa tirare sassi, petardi e bombe carta alla polizia non erano tifosi, erano delinquenti che, con la scusa del derby se la prendevano con la polizia.
Polizia che non può sparare, non può usare gli idranti; se poi chi muore è uno di quelli che indossa il passamontagna, si può poi essere santificati e magari gli intitolano anche una sala del Senato.
Invece, i fatti di Catania hanno a che fare molto con l’educazione.
Ogni padre, ogni madre, ogni insegnante, ogni politico, tutti, dobbiamo chiederci la mattina quando ci alziamo “che educatore sono?”.
Perché non si fa l’educatore, si è educatore.
Si educa vivendo, attraverso le scelte che facciamo, attraverso il modo di giudicare le cose che accadono, attraverso il modo di lavorare e di vivere, attraverso le parole che usiamo, attraverso i giudizi che si scrivono sul giornale.
Qualcuno da tempo grida che nel nostro paese c’è una “EMERGENZA EDUCAZIONE” e i fatti che accadono non sono altro che la conferma che è dall’educazione che si deve ripartire.
Non è il calcio ad essere malato, non è solo il calcio, siamo noi, solo che si corre ai ripari quando qualcuno perde la vita, ma la guerriglia fuori dagli stadi, le liti per il posteggio, le intemperanze degli alunni nei confronti degli insegnanti, i genitori che difendono i loro figli quando gli insegnanti danno loro una nota, le trasmissioni dove per un po’ di notorietà si è pronti a scusare tutto.
Sono segni di un degrado educativo che non può che portare frutti marci.
Nell’Angelus di domenica scorsa il Papa ha detto moltissimo perché ha parlato della difesa della vita, della famiglia e del suo compito educativo.
Perché un popolo non educato al rispetto della vita umana in tutte le sue forme può arrivare a pensare (anche se si è deputati del Parlamento) che la vita di chi fa il poliziotto valga meno di chi fa il delinquente.
Ma più di tante mie parole chiudo con il toccante messaggio della vedova Raciti: ‘‘Lui era un educatore alla vita. Vorrei che mio marito ora sia un educatore alla morte, che il suo sacrificio possa portare al cambiamento, perché nessuna famiglia possa vivere questo grande dolore’’.

Teresa Curino

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria