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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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22/01/2006

Finanziaria 2006. Comuni e Province al setaccio

Confronto tra il sen. Enrico Morando e Piercarlo Fabbio sul tema in un convegno promosso dalla Provincia, assessorato assistenza agli Enti Locali.

   

Finanziaria 2006. Comuni e Province al setaccio

Anche quest’anno doveva andare in scena – promosso dalla Provincia – il deja vu-confronto fra il sen. Enrico Morando (DS) e l’on. Guido Crosetto di Forza Italia sul tema della Finanziaria. Purtroppo un concomitante impegno nazionale non ha consentito all’esponente azzurro, peraltro relatore di maggioranza sulla Finanziaria alla Camera, di essere presente ad Alessandria. È quindi sfumata l’occasione. Ma, chiamato indegnamente a sostituire l’on. Crosetto, non ho fatto mancare all’uditorio un pacato ragionamento sulla filosofia che sta dietro a quelle norme della finanziaria sul bilancio degli Enti Locali, che hanno fatto scaturire parecchie polemiche da parte dell’ANCI, che, ormai da alcuni anni, pone, prima ancora che una questione di merito, un problema di metodo. Perché il Governo non concerta con l’ANCI le norme che riguardano i Comuni (e con l’UPI quelle che riguardano le Province)?
In effetti quest’anno la situazione nei rapporti tra l’esecutivo e le Associazioni degli Enti locali è nettamente migliorata, ma i risultati rispetto al disegno dettato dal Governo e confermato dal Parlamento non sono stati quelli desiderati. L’ANCI ha buone ricette per tentare di raggiungere le medesime risultanze, anche se la migliore parrebbe essere, a prima vista, quella di non considerare le spese per investimenti tra i vincoli del patto di stabilità, ma è altrettanto vero che il panorama di efficienza che gli Enti Locali rilasciano attraverso i loro comportamenti collettivi non è tra i migliori.
Mi è parso interessante leggere, da questo punto di vista, i dati in possesso dello Stato, che vengono esposti, annualmente, nella Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese, presentati dal Ministro dell’Economia e delle Finanze al Parlamento.
Bene, cosa è successo negli ultimi tre anni (2002 – 2003 – 2004)? Che la spesa di Comuni e Province, nonostante i tanti vincoli (primo fra tutti quello trasferito da Maastricht del debito su PIL che non deve superare il fatidico 3%), si è dilatata da 73 miliardi di euro a 78. Qui gli Enti Locali tendono a sostenere che tale dilatazione della spesa è dovuta alla maggior mole di investimenti da loro messa in campo, quindi da un maggiore impulso che hanno fornito allo sviluppo del Paese. Vero? Non del tutto. Gli investimenti sono effettivamente aumentati dai 16,3 miliardi di euro del 2002 ai 19,6 del 2004. È quindi chiaro che non sono i soli ad aver fatto incrementare la spesa. A questa concorrono altre voci: il 30,6% della spesa media annua di Comuni e Province è rivolta ai consumi intermedi, che rappresentano, insieme al 22,3% delle risorse che se ne vanno in stipendi al personale, i costi per il funzionamento delle strutture. Quindi oltre il 50% delle risorse si spende per poter fare il 23,7% di investimenti. Se un’azienda privata funzionasse così sarebbe presto in difficoltà. Basterebbe però che le spese generali si contraessero tra il 20 e il 25% per poter parlare di sistemi economicamente efficienti.
Stante questo quadro, cosa dovrebbe fare lo Stato? Consentire una spesa senza controllo? Questo non lo chiedono neppure i più perfidi detrattori del Governo e, ovviamente non l’ha chiesto il sen. Morando, ma far sì che il sistema delle autonomie locali si autogoverni da sé, si individui le proprie istruzioni per l’uso, questo sì. Il problema – dettato costituzionale più o meno interpretabile in questa direzione – è che il sistema dei saldi, che comunque è stato in vigore fino al 2004 (Morando sostiene erroneamente “fino al 2001”, ma si sa, per i DS, con il Governo Berlusconi, è finita la storia, che riprenderà alla prossima vittoria del centrosinistra), non ha garantito il rispetto del patto di stabilità e ha favorito l’incremento della spesa come dimostrano le cifre precedenti.
Se poi gli investimenti sono un sistema per promettere tanto e realizzare poco – ma la promessa comunque funziona da effetto annuncio ed è essa stessa una realtà che sposta nel tempo il giudizio della popolazione sui propri amministratori – è giusto che anche questi si dilatino (consentito dalla finanziaria + 8,1 sul 2004), ma al netto delle promesse. Perché, fatto uguale a cento ciò che un Comune promette ai propri cittadini in termini di investimenti, mediamente vengono realizzati il 40% degli interventi ed in corso d’anno di previsione solo il 10% viene messo in pratica. Mi pare più serio promettere ciò che si può effettivamente concretizzare. Finanza a parte, anche la politica ha necessità di una migliore sincerità nei rapporti coi cittadini.

Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria