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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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04/04/2005

Il ritorno di Cristo nel mondo della secolarizzazione

La maestosa realizzazione di Giovanni Paolo II con la sua continua missione verso i continenti dell'uomo compreso dall'ottimismo della tecnologia e che aveva scordato la sua dimensione spirituale.

   

Il ritorno di Cristo nel mondo della secolarizzazione

“Alla vigilia del nuovo millennio, vi rinnovo di cuore l’invito pressante a spalancare le porte a Cristo, il quale “a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Accogliere Cristo significa ricevere dal Padre la consegna a vivere nell’amore per Lui e per i fratelli, sentendosi solidali con tutti, senza discriminazione alcuna; significa credere che nella storia umana, pur segnata dal male e dalla sofferenza, l’ultima parola appartiene alla vita e all’amore, perché Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi, affinché noi potessimo abitare in Lui.” Con queste parole, Giovanni Paolo II scandiva il suo Messaggio ai Giovani e alle Giovani del Mondo in occasione della XV Giornata Mondiale della Gioventù. Riproponeva, agli albori del terzo millennio, quello slogan che aveva caratterizzato la sua prima presentazione in Piazza San Pietro nell’ormai lontano 1978 e che avrebbe, insieme alla sua grandissima figura, letteralmente riempito la nostra vita. Un dono di inestimabile valore dello Spirito Santo alla Chiesa e, immediatamente, al Mondo intero.

Se c’è una cosa che mi ha continuamente strabiliato, ed è certezza che si fortifica in queste ore ove il ricordo prende forma e cerca di modellarsi intorno ad una cifra che sintetizzi l’azione del Papa, è la sua dimensione missionaria. Non tanto missionario verso terre lontane, nonostante i viaggi che hanno scandito con frequenza impressionante e straordinaria il suo Ministero, quanto verso continenti secolarizzati che si erano progressivamente allontanati dalla dimensione spirituale dell’uomo: il continente dei giovani, quello del dialogo fra le grandi religioni monoteistiche, il continente del lavoro, quello della storia e delle sue immense trasformazioni epocali, il continente della politica e quello dei media.

Ciò ha consentito al Papa, ma soprattutto ai fedeli, di infrangere quelle barriere tra il Pontefice e loro stessi, che avevano contraddistinto la storia dei rapporti tra il Papato e il popolo dei cattolici.

E il sacro ha ripreso vigore. Lo dicono un poco tutte le statistiche sociali. Una dimensione dell’uomo che si stava perdendo, oscurata dall’ottimismo nella tecnologia e nella scienza, ora ritorna ad essere una condizione dello spirito dell’uomo moderno: consapevole della sua conoscenza, ma, altrettanto teso a conoscere le ragioni della propria fede in Dio. E se oggi, per esempio in Italia, che è solo il luogo privilegiato del cattolicesimo planetario, si regge un dibattito sulla fecondazione medicalmente assistita e se qualcuno ha capito quanto sia inutile, dannoso e inconcludente confondere un principio (la tutela della vita fin dal suo concepimento) con uno strumento tecnologico (le possibili applicazioni medicali che potrebbero conseguire dall’utilizzo delle cellule embrionali inutilizzate), ciò lo si deve all’incommensurabile nuova dimensione della presenza di Cristo fra noi, che Giovanni Paolo II ha rilanciato, ripromesso e realizzato.

Nel continente del bene comune, Giovanni Paolo II, ha iscritto a pieno titolo i governanti della Terra, con le loro responsabilità e i loro doveri verso i valori che la Chiesa, attraverso la sua voce, ricordava ad ogni occasione.

Così, come più frequenti sono stati gli incontri tra gli uomini e il loro Pastore, così lo sono stati e anche quelli del Papa con i rappresentanti delle istituzioni che operano per il bene comune. Fuori da qualsivoglia forma di ingerenza, Karol Wojtila ha sempre voluto mirare a far coniugare il patrimonio valoriale con i comportamenti e le decisioni dei pubblici amministratori. In questa maniera decisamente fedele alla separazione fra potere dei Cesari e potere di Dio.

Forse per questo, Giovanni Paolo II era riuscito, in occasione del Grande Giubileo del 2000, ad istituire e riunire il Parlamento del Mondo, un organismo composto da 5000 rappresentanti di centinaia di Paesi, che, durante un’intensa sessione di lavoro, si occupò di temi universali come quelli della Pace, del Pane, della Libertà, del Debito dei Paesi Poveri, della Giustizia, dell’Amore. Fortunatamente feci parte di tale consesso. Sentii i rappresentanti di tanti Paesi – poveri e ricchi – mi sedetti vicino ad un Parlamentare del Mondo dell’Uganda e soprattutto ascoltai il discorso di Giovanni Paolo II al Mondo.

Anche come Consigliere Nazionale ANCI ebbi l’occasione di incontrare il Papa in udienza privata. E ancora una volta, oltre alla lezione sulla grandezza dell’uomo di pace Giorgio La Pira, Sua Santità non si sottrasse a indicare ai rappresentanti dei Comuni Italiani la via verso il bene comune, la fortificazione nei valori, l’idea della politica come servizio per le proprie comunità di riferimento. Una lezione di cui vorremmo riuscire ogni giorno a cogliere i frutti.

In questo ultimo brano di tempo, purtroppo, altri grandi uomini e donne di Dio ci hanno lasciati. Come Don Luigi Giussani, ad esempio. O come Suor Lucia da Fatima. Ma nelle piccole ore dell’ampio tempo degli uomini, il momento è propizio per un’ultima domanda. Ci limiteremo a rileggere le grandi pagine scritte dalla loro immensa storia terrena oppure saremo in grado e avremo il coraggio di scriverne altre? O ancora, potremo sopportare il sacrificio di pensare con loro, riaprendoci al sempre nuovo messaggio di Cristo?

 

Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria