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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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18/03/2005

Tra Bush, Moore e la verità

Gli studenti del Liceo Scientifico dibattono in Assemblea i temi della Pace e della Guerra. Può esistere la pace come valore assoluto oppure il male assoluto è uguale al bene assoluto?

   

Tra Bush, Moore e la verità

Dopo circa due anni sono nuovamente stato invitato dagli studenti del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Alessandria, per partecipare ad una loro Assemblea. Il tema scelto è stato quella della pace, a diversità dei loro colleghi di maggiore età che, nell’aprile 2003, mi avevano impegnato sulla “critica della critica critica al pacifismo”. Probabilmente oggi la guerra in Iraq ispira ad un maggiore pragmatismo ed è un vero peccato che la sala del Cinema Alessandrino non fosse gremita, visto lo snodarsi dei ragionamenti, ma, soprattutto vista la buona predisposizione degli studenti di fare domande – particolarmente interessanti quelle del giovane Davide Battista - e considerazioni a relatori, che certo non erano stati scelti con il manuale Cencelli dell’invito o con il sistema della lottizzazione proporzionale, vista la preponderante presenza di esponenti del mondo comunista: Lotta Comunista (Giulio Mottosi), Partito dei Comunisti Italiani (Piera Mastromarino) e la Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza, sen. Carla Nespolo, che nonostante il ruolo istituzionale, è donna di pensiero ed azione comunista. A ciò si aggiunga un intervento “organico”, dall’Assemblea, di un giovane esponente degli ex Disubbidienti e si avrà un quadro un poco sbilanciato, che a fatica il prof. Massimo Cellerino, in qualità di moderatore, ha cercato di equilibrare.

Gli studenti, però, mi pare non cercassero la perfetta consonanza tra il pluralismo delle voci della politica su un tema così scottante, quanto un coro a voci sfalsate, un insieme di punti di vista divergenti su un contrasto antico: guerra e pace.

Devo ammettere che, nel tentativo di comporre il racconto della realtà di oggi, nessuno degli esponenti comunisti che mi stavano intorno, si è sentito di citare l’attacco alle torre gemelle di New York, piuttosto che quello al Pentagono delle stesse ore di un drammatico 11 settembre 2001, facendo così galleggiare in una sorta di limbo storico la guerra in Afghanistan e quella in Iraq. Me lo aspettavo e avevo richiamato proprio all’inizio i relatori al rispetto di una convenzione: accettare i fatti per quello che sono o per come ci vengono di norma raccontati, perché alterare questa regola avrebbe significato perdere l’unico punto di contatto su cui sviluppare il dibattito. Ma, si sa, la tentazione dello slogan è sempre più forte del ragionamento e quindi non mi è restato che ascoltare una rassegna ripetitiva ed inutile di frasi della serie: tutto il male sta in Bush e tutto il bene – non potendo stare in Saddam – sta in coloro che spingono alla pace. Che non so se siano i pacifisti, ma è certo che come identikit vi si avvicinano. Oppure che l’Italia, che costituzionalmente dovrebbe ripudiare la guerra, manda in Iraq soldati armati di tutto punto e dotati di autoblindo al solo fine di soddisfare il solito, impenitente Presidente americano.

Del resto la giornata non poteva che iniziare con la proiezione di alcune sequenze del paradocumentario di Michael Moore, Faherenheit 9/11, come icona di una realtà gravata da quel punto di vista e da null’altri, e non poteva che continuare con Berlusconi che non rispetta il Parlamento e con l’insinuazione del dubbio che la nostra scelta di un’alleanza con gli States sia puramente opportunistica.

Peccato, perché parecchio stimolante mi era parsa la possibilità di far superare al dibattito le limitazioni del pensiero convenzionale, magari incominciando a discutere sul fatto che la pace non è valore assoluto, in quanto non vi è pace se non vi è libertà, giustizia, amore, verità. Oppure verificare se negli ultimi sessanta anni di storia, percorsi tra Yalta, una immane e interminabile guerra fredda, la caduta del muro di Berlino, il frazionarsi infinitesimale del monoblocco dell’Est, la crescita vigorosa dell’Unione Europea e quant’altro ancora, non potesse considerarsi guerra la scientifica decisione dei vertici dell’URRS, per esempio, di non garantire ai propri popoli né libertà, né evoluzione economica, né sviluppo. Oppure, ancora, chi la storia dovesse salvare tra l’errore e l’errante. O ancora se è da considerarsi legittimo (attenzione, non giusto) favorire l’imporsi della democrazia, scacciando i tiranni e restituendo la libertà con la forza oppure si debba, nel diritto internazionale, lasciare che l’autodeterminazione dei popoli sia l’unico elemento lecito di scelta nell’allocazione dei poteri.

Ovviamente le risposte sono un poco mancate, ma per quelle ci sarà tempo. Per ora penso che una prima idea io abbia potuto fornirla: la complessità della realtà è tale, la verità così difficile da individuare, l’intrico così contorto, che non sono certo gli slogan a poterla dipanare.

 

 

Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria