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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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27/12/2004

La politica del cuculo

Nei sogni della Sindaco ci stanno lo spostamento del carcere e il nuovo ospedale. Ma sono competenze di Stato e Regione, tanto per cambiare...

   

La politica del cuculo

Ho preso buona nota dei desideri per l’Alessandria di domani che la Sindaco Scagni ha snocciolato nel “tradizionale” (sic) incontro di Natale con i giornalisti.

Ora, intanto per rispettare il clima di buonismo natalizio, poi perché da tempo chiedo alla prima cittadina dove intenderebbe far proseguire la città, non sarebbe il caso di intervenire in modo necessariamente critico. Ma la Sindaco ha utilizzato il metodo della politica del cuculo con così grande sprezzo del buon senso, che probabilmente tacere equivarrebbe ad assentire o, ancor di più, ad essere additati dall’opinione pubblica come complici della fumisteria concettuale messa in campo con innegabile suggestione. Perché la Sindaco parla sì di grandi progetti, ma nessuno di questi attiene alle competenze dirette del Comune. Le cose desiderate - quasi promesse - si potranno fare o non fare, ma toccheranno ad altri ed il ruolo del Municipio sarà del tutto residuale o poco più. Il carcere di piazza Don Soria, ad esempio, che io per primo auspicherei essere spostato in una zona meno abitata - per ragioni di sicurezza innanzi tutto - è questione direttamente nelle mani del Ministero di Giustizia, che, per altro, pochi anni fa, ha addirittura fatto costruire nello stesso sedime una nuova caserma per il personale addetto. Le continue migliorie apportate alla struttura, poi, farebbero declinare il ragionamento verso altri lidi, ma è giusto non scartare alcuna ipotesi. Neppure quelle che appaiono meno realisticamente accessibili in tempi medi o brevi.

Altro pezzo di bravura quello dell’Ospedale nuovo, che troverebbe una sua collocazione “naturale” nei pressi dell’ex sanatorio Teresio Borsalino. Ovviamente anche questa è competenza di altri, cioè della Regione Piemonte, ma che conta? Più volte interpellato l’Assessore regionale alla Sanità ha mostrato di condurre la riflessione con i piedi di piombo. Forse quella del nuovo Ospedale, che di per se stessa non fa una grinza visto che l’attuale immobile di via Venezia costa moltissimo in termini di ammodernamento e messa a norma, è un’idea che bisognerebbe coltivare con una rete di positive relazioni politiche, e comunque a quattro mesi dal rinnovo dei vertici regionali tende a sembrare più un pezzo obbligato per i candidati di ogni schieramento al Consiglio Regionale, piuttosto che un vero banco di prova ove misurare la capacità della nostra classe dirigente di rappresentare degnamente Alessandria a Torino ed incidere affinché la sua realtà possa essere mutata.

E poi, una volta spostati - grazie ad altri “munifici benefattori” - i due immobili, che fare nei siti lasciati liberi? Non penso proprio a bucolici ruscelletti, ma ad un utilizzo delle aree con pari o superiore livello di redditività rispetto a quella oggi fornita. C’é poi il secondo ponte sulla Bormida, di cui ho già parlato e ritornerò sull’argomento, per il quale la Provincia ha deciso di chiedere 57 milioni di euro di finanziamento a totale carico dello Stato ed il Comune, che dalla ex Statale 10 ricava il problema quotidiano dell’entrata in città di migliaia di concittadini, non si sogna neppure di definire una qualsivoglia linea di cofinanziamento.

Nemmeno un sogno piccolino per problemi che ci competono: i parcheggi in centro, la fiera, la città dello sport, la logistica non genericamente intesa, il parco urbano, i servizi avanzati da fornire ad un’area vasta, anziché confliggere come in pieno medioevo con Casale piuttosto che con Novi Ligure; il riutilizzo dei contenitori dismessi, sia quelli militari, sia quelli industriali; come far respirare l’università con una città che la contiene ma non la vive; come risolvere il problema dei servizi pubblici locali ed il loro rapporto con il mercato; quali altre dimensioni dare ai servizi avanzati, come la sicurezza, ad esempio, da offrire ai cittadini.

Le rade idee “di casa nostra per casa nostra”, oltre alla scarsa disponibilità della Sindaco a rimboccarsi le maniche ed uscire dalla manieristica del pensiero partitico applicato alla istituzione municipale, dimostrano comunque una cosa: da alcuni anni si sentiva infatti la necessità di ripensare ad Alessandria e al suo sviluppo. Si era fatto già qualche passo in avanti. Poi una pausa lunga metà mandato del centrosinistra. Sarebbe il caso di riprendere il cammino, perché senza una consistente idea di cambiamento difficilmente si riesce a governare una città. Magari si può esserne governati, ma non penso che questa sia la mission di una classe politica che abbia la legittima ambizione di servire la propria Comunità e non tirare a campare. Ah, buon anno.

 

Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria