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10/10/2004

Rimborsi alluvione: i DS in loop

Ecco perché lo Stato non deve utilizzare nuovi fondi, ma ha solo rimodulato i vecchi stanziamenti…

   

Rimborsi alluvione: i DS in loop

In informatica, quando un programma continua a ripetere le stesse istruzioni, senza riuscire a definire un processo, si parla di loop. Corrisponde un po’ al nostro “essersi incartati” oppure al “cane che si morde la coda”. Ma volete mettere la sintesi inglese…

 Bene, i DS sono finiti in un loop politico parlamentare, presentando una pregiudiziale di costituzionalità al decreto legge 3 agosto 2004 n. 220, in fase di conversione in legge alla Camera, dopo il voto favorevole del Senato, recante, tra l’altro, disposizioni a favore delle imprese danneggiate dagli eventi alluvionali del 1994. Finora le imprese potevano contare su un risarcimento a fondo perduto del 30% dei danni subiti, per un massimale di 300 milioni di lire e di mutui da restituire per la restante parte. Se il decreto verrà convertito, invece, potranno contare su contributi non restituibili pari al 75% per un limite massimo di 259.000 euro. Le imprese che hanno provveduto a rilocalizzare la propria attività, avranno i loro mutui prorogati da dieci a quindici anni, compreso il periodo di tre anni di preammortamento.

Ovviamente le imprese che hanno subito ingenti danni dall’alluvione 1994 hanno espresso la loro soddisfazione per i risultati raggiunti, così come i cosiddetti “promotori” instancabili indicatori di richieste ed esigenze, anche se rimangono aperte alcune questioni: per esempio l’utilizzo della tassa alluvione istituita nel 1994, mai abolita e che solo nel 2002-2003 ha consentito un incasso di circa 780 milioni di euro per le casse dello Stato, oppure la vicenda dei privati che non hanno avuto rimborsi a causa di mancanza di fondi.

E fino alla presentazione della questione pregiudiziale dei DS si era assistito ad una significativa convergenza fra parlamentari locali di diverse aree politiche, nonché di un certo lavorio delle Amministrazioni comunale e provinciale a favore delle imprese alluvionate.

Tutto si è infranto, però, su un ragionamento che i parlamentari locali DS, dopo un primo attimo di smarrimento, hanno incominciato a diffondere, al solito offrendo un’immagine di credibilità alla loro azione, che potrebbe anche stare in piedi per chi non conosce il provvedimento.

Anzi, potrebbe anche ingenerare nell’opinione pubblica una sorta di reazione nei confronti delle imprese alluvionate, ree di “pompare” illegittimamente risorse che lo Stato non ha, nonché di sfondare il fronte abbastanza compatto delle aziende stesse, mettendo in dubbio la capacità dello Stato di offrire veramente a loro questo stock di contributi. La questione pregiudiziale infatti batte sulla non copertura finanziaria del provvedimento. Peccato che non sia così e, peccato che magari i DS sappiano come sia difficile spiegare perché lo Stato non debba cacciare neppure un soldo e su tale speranza cerchino di camparci, in attesa che passi la buriana.

Cerchiamo di porre rimedio al deficit informativo. Perché lo Stato non deve coprire con nuove risorse il provvedimento? La storia è complicata. Quando lo Stato conferì la possibilità alle imprese di accedere ai finanziamenti, da restituire con mutuo, ovviamente costituì una sorta di assicurazione. Un fondo rischio - cioè risorse accantonate - che sarebbero servite nel caso, durante i dieci anni finora previsti per la restituzione dei finanziamenti, alle imprese fossero successi particolari guai tipo chiusure di attività, difficoltà economiche, fallimenti e via di seguito. Riducendosi il tempo e i rischi, il fondo accantonato, ora sovradimensionato, può essere utilizzato per coprire le nuove condizioni che lo Stato stipula con le imprese e che sono contenute nel decreto in fase di conversione. In aggiunta a ciò, lo Stato contribuiva al pagamento degli interessi sui mutui delle imprese, che ora si ridurranno decisamente, stante l’ampliamento della quota di risarcimento a fondo perduto dal 30 al 75%.

Due ragionamenti, quindi, una prestidigitazione ragionieristica, di cui dovremmo essere grati all’on. Stradella per l’invenzione, ed una forte tensione verso l’equità, visto che le condizioni proposte sono pari a quelle concesse dallo Stato agli alluvionati del 2000. Si tratta quindi non di un nuovo stanziamento, ma di una diversa modulazione di quello già avvenuto.

Eppure i DS, non so quanto consapevoli, avendo ormai innalzato una cortina fumogena tale sui loro pensieri più reconditi da non far riuscire ad intravedere ad altri la loro verità, hanno giocato tutto su una legge speciale. Forse sarebbero d’accordo, a patto che lo strumento fosse un altro. No a un decreto legge frettoloso, pur se efficace. Meglio un lungo percorso per giungere alla rinegoziazione delle condizioni. Peccato che le imprese, che domani hanno scadenze a cui non possono far fronte, per attendere la bella calligrafia legislativa dei DS (che peraltro avendo governato il Paese per sette anni non hanno innovato tale materia) rischierebbero di chiudere, prima che arrivi il provvedimento “post mortem”.

Ecco il loop. E quando un computer si trova in una condizione del genere tanto vale spegnere e ricominciare. Del resto in politica non si possono fare gli interessi di tutti ed i DS, come altre forze politiche, piacciono solo ad alcuni: l’essere ecumenici è concesso a pochi eletti. Capisco sia un consiglio di poco conto per gli onorevoli Rava e Dameri, ma è sempre meglio del niente che hanno messo faticosamente in piedi loro.

Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria