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Martedì 5 agosto 2025

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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03/11/2003

Finanziaria 2004:
i Comuni chiedono più risorse

Ripercorro il ragionamento di Gian Luca Galletti, Presidente della Consulta nazionale per la Finanza Locale ANCI. Sui provvedimenti in favore della famiglia capisco e comprendo, ma i Comuni potrebbero avere un ruolo più attivo.

   

Ogni anno, più o meno di questi tempi, nella politica italiana, va in scena la magica rappresentazione della finanziaria, che ci occuperà fino a Dicembre inoltrato. All'interno di questo teatrino un po' smunto (da tempo è aperta la discussione sul senso della "finanziaria" nel nostro sistema legislativo e di governo) un particolare segmento è dedicato al rapporto tra Stato ed Enti Locali. Inoltre da qualche anno, in ossequio all'ordinamento in senso federale della Repubblica, si è acuita la tensione che contraddistingue questo rapporto: da una parte uno Stato poco propenso a scucire quattrini, dall'altra Comuni e Province che reclamano a gran voce risorse per sostenere il raggiunto livello dei servizi ai cittadini. Di norma il braccio di ferro autunnale viene risolto, come è giusto, dal Parlamento, che, attraverso emendamenti alla proposta governativa tende a riequilibrare il sistema. Ma quest'anno i Comuni, riuniti per la ventesima volta in Assemblea ANCI a Firenze tra il 15 e il 18 ottobre, cosa hanno fatto osservare, al di là della pittoresca protesta di alcuni Sindaci di mettersi in mutande di fronte alle più alte cariche dello Stato? Ripercorro il ragionamento di Gian Luca Galletti, assessore al Bilancio del Comune di Bologna e Presidente della Consulta nazionale per la Finanza Locale. Prima questione: il patto di stabilità. Da tempo i Comuni vanno chiedendo di compartecipare al contenimento del disavanzo con una percentuale pari all'incidenza della spesa del sistema dei Comuni sul totale della spesa dell'intera Pubblica Amministrazione. In soldoni i Comuni dovrebbero compartecipare per 1392 milioni di euro (8,7%). Invece vengono fatti segno di una riduzione di spesa pari a 1800 milioni di euro, equivalente all'11,56% sulla spesa dell'intera P.A. I Comuni, cioè finiscono per accollarsi un pezzo del debito maturato da altri comparti pubblici. In più vi è il problema di come rispondere a questa diminuita possibilità di spesa: i piccoli Comuni non hanno grandi strumenti a disposizione. Meglio va per i grandi ed i medi che potranno intervenire su sprechi, razionalizzazioni, tagli, maggiori ricorsi ai Fondi europei, stabilizzazione delle assunzioni, recuperi sul costo del denaro da indebitamento. Si crea quindi un sistema che sperequa ancor più. Seconda questione: la famiglia. Il Governo è intenzionato a stanziare 308 milioni di euro per le famiglie italiane con il conferimento di 1000 euro per il secondogenito. Capisco e condivido l'obiettivo dell'esecutivo che tende a trovare un sistema per superare le difficoltà economiche che frenano molte coppie ad arrivare al secondo figlio e che decrementano così i livelli demografici del Paese. Ma i Comuni, che poi dovranno garantire servizi ad un più alto numero di cittadini - pure se in erba - come mai dovrebbero da soli subire la contrazione? Quegli stessi Comuni che lo Stato utilizzerà per la distribuzione dell'assegno. C'è un ulteriore problema, quello dell'abitudine alla provvidenza. È successo per il contributo agli affitti. Alcune Regioni non hanno più finanziato i fondi; così i cittadini si sono rivolti ai rispettivi Comuni per avere il riconoscimento del contributo. Ai Comuni non è rimasta altra strada che finanziare con fondi propri la provvidenza. Terza questione: quest'anno il Governo ha annunciato che non riconoscerà più il tasso d'inflazione programmato sui trasferimenti erariali. Anche di ciò comprendo la ratio, visto che i trasferimenti dovrebbero essere sostituiti progressivamente dal prelievo sul gettito IRPEF. Ma i Comuni, in assenza di progetto più deciso in tal senso, chiedono la reimmissione di tale recupero anche per il 2004 (circa 175 milioni di €). Tra le ulteriori richieste di un certo peso, occorre segnalare quelle che prevedono la richiesta di maggiori risorse per i piccoli Comuni (-112 milioni di Euro per il 2004), che, come ho detto, fanno più fatica a reagire alle contrazioni dettate dalla Finanziaria e la proposta di maggiore autonomia nella redazione dei bilanci, in specie per i grandi ed i medi Comuni. Tra le questioni che interessano: la gestione del catasto e la revisione delle rendite catastali al fine di una corretta applicazione dell'ICI; le plusvalenze che si generano nel momento in cui si alienano immobili; il credito d'imposta sui dividendi nel caso di partecipazione agli utili in imprese. Insomma una ragionevole posizione, quella della Consulta dell'ANCI, che Governo e Parlamento potrebbero tenere in considerazione, tant'è vero che anche il vicepresidente del Consiglio Fini ha dichiarato potersi aprire il confronto. Ricordo che, oltre alla gestione di molti servizi che i cittadini reclamano, il sistema delle autonomie locali garantisce oltre il 40% di spese per investimenti sul totale delle spese della P.A. E ciò costituisce un ulteriore elemento di pregio per l'economia nazionale e per l'indotto che si genera. Piercarlo Fabbio

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria