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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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05/04/2009

Nasce il PDL, ora il via alla fusione calda

Trionfante Berlusconi, ora il problema è come selezionare la classe dirigente in un partito che supera d'un balzo le antinomie ideologiche del secolo scorso

   

Nasce il PDL, ora il via alla fusione calda

Dopo quindici anni dalla sua “discesa in campo”, a meno di sedici mesi dal discorso del predellino, quella che Gianfranco Fini ha chiamato la “lucida follia” del Cavaliere è diventata realtà. Si è avverato il disegno che aveva intuito Pinuccio Tatarella e che Berlusconi aveva avviato con il suo ormai storico discorso della discesa in campo nel gennaio del 1994. Ed ora, per dirla con la metafora evocata nella lettera al congresso di don Gianni Baget Bozzo, “quello sgraziato e incredibile calabrone si è trasformato in una splendida aquila reale”.

E’ nato il partito del Popolo della libertà destinato a diventare, e già lo è diventato, il maggiore partito dei moderati in Europa, pilastro del PPE alla cui Carta dei Valori tutti si sono impegnati ad ispirare la propria azione.

E’ il punto di arrivo di un cammino durato quindici anni che vede fondersi insieme le esperienze politiche di Forza Italia e di AN e con loro quelle di gruppi minori, ma con non minore storia e cultura politica, tutti concorrenti con pari dignità alla formazione del nuovo partito.
Partito destinato, per dirla con Sacconi, a sintetizzare le antinomie che hanno caratterizzato lo scorso secolo e l’intera Prima Repubblica; casa comune di laici e cattolici, di credenti e non credenti che assumono come termine di riferimento, proprio, la carta dei valori del PPE.

Unanime il riconoscimento della leadership berlusconiana al cui impegno e al cui potere carismatico e popolare, per usare note categorie weberiane, si deve in larghissima parte la realizzazione di questo sogno. Così come unanime è la volontà di costruire un partito in cui le diverse antiche appartenenze dovranno costituire il patrimonio storico culturale di ciascuno, con l’impegno di tutti, tuttavia, di procedere verso un’integrazione sempre più sostanziale. Un’autentica fusione a caldo che faccia scomparire le antiche divisioni tra democristiani e missini, tra socialisti e liberali, tra repubblicani e socialdemocratici, per ritrovarsi uniti sotto la stessa bandiera del Popolo della libertà.

Un partito che nei sondaggi è già al 44% del consenso elettorale e che punta, come ha detto Berlusconi, al 51 %, ossia alla maggioranza assoluta degli elettori italiani.
Se Fini aveva indicato nei tre patti, tra le generazioni dei padri e dei figli, tra il capitale e il lavoro, tra il Nord e il Sud, gli obiettivi a medio lungo termine su cui impegnare il partito, Berlusconi nel suo intervento finale di domenica, dopo la sua elezione per acclamazione a Presidente del nuovo partito, ha precisato gli obiettivi che stanno davanti al Pdl:
a) verso il governo, che dovrà operare, come già sta attivamente operando, per far uscire l’Italia dalla grave crisi economica che ha sconvolto il mondo;
b) verso la maggioranza parlamentare, impegnata a realizzare, possibilmente in accordo con l’opposizione, le necessarie e non più rinviabili riforme istituzionali indispensabili per garantire l’ammodernamento del Paese;
c) verso il Partito, che dovrà diventare ed è già il il partito degli italiani, e nel quale tutte le diverse sensibilità e culture politiche che hanno concorso alla sua realizzazione e concorreranno al suo sviluppo avranno piena cittadinanza e garanzia di una partecipazione libera e democratica con ampia discussione interna senza che ciò possa far nascere le antiche derive correntiste.

Credo che, al di là di questa fase da statu nascenti in cui si è dovuto necessariamente organizzare con prudenza ed equilibrio la composizione tra le diverse classi dirigenti dei partiti che hanno concorso alla formazione del popolo della libertà, e in attesa di conoscere analiticamente le nuove norme statutarie, frutto di una certosina elaborazione di un vasto gruppo di lavoro, per la verità riunitosi assai di rado, e di fatto licenziate solo nella serata di sabato 28 marzo, il tema della democrazia interna e delle regole democratiche per la selezione della classe dirigente, si porrà immediatamente. Non a caso è stato il tema centrale dell’intervento assai applaudito di Roberto Formigoni al congresso.

Un tema che si porrà, soprattutto, a partire dalle realtà territoriali dove i tradizionali “unti dal signore”, ancorché rinnovati con il bilancino del 70/30, se pensassero di muoversi come elefanti nella cristalleria, come in non pochi casi è successo in passato, credo che si troverebbero di fronte a pericolosi fenomeni di disimpegno e di abbandono. E, nel frattempo, che proceda speditamente la fusione calda tra le diverse culture di provenienza per garantire al partito la massima unità.

 

 

Don chisciotte

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria