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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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30/01/2011

Gli Internati Militari Italiani: omaggio a Erminio Martinelli e alla memoria di Battista Bottale

Ancora un'iniziativa legata al giorno della Memoria, per afrrontare un tema della "storia rimossa" del periodo 1943 - 1947

   

Gli Internati Militari Italiani: omaggio a Erminio Martinelli e alla memoria di Battista Bottale

Alessandria, 27 gennaio 2011 - Giorno della Memoria, Sala Giunta Municipio

 

In occasione del Giorno della Memoria verranno consegnati due diplomi d'onore.
Si tratta di un riconoscimento che l'Amministrazione Comunale tributa, a nome della città, a due alessandrini che sono stati testimoni dell'immane tragedia della deportazione, dei lavori forzati e dei campi di sterminio.

 

Il Primo dei diplomi d'onore è conferito al Signor Erminio Martinelli, classe 1924, di professione agricoltore – con una grande passione per il modellismo -.
Erminio Martinelli venne sorpreso da militare dell'esercito l'8 settembre del 1943 a Tortona e deportato come forza lavoro a Meppen sul confine tedesco con l'olanda.
Della sua sofferenza durata due anni, è particolarmente toccante il suo ricordo della decimazione degli ultimi giorni prima della liberazione. - Sono salvo – ci ha detto – solo perché per caso ero l'11° della fila.
 

Il secondo diploma è alla memoria.
Purtroppo Battista Bottale classe 1909 non è più tra noi e a ricevere la benemerenza abbiamo il figlio Pieralberto.
Battista Bottale è stato dipendente comunale, faceva il falegname.
L'8 settembre si trova a fare l'autiere del 2 centro automobilistico in Alessandria. Preso prigioniero viene deportato nel bacino della Ruhr in Vestfalia.
La prigionia lo debilita fino a farlo pesare 35 chili.
Per molti anni Battista Bottale dopo la sua liberazione farà fatica a nutrirsi per la contrazione del suo stomaco dopo l'inferno della prigionia.
 

Il Sindaco di Alessandria, Piercarlo Fabbio, ha voluto leggere un brano tratto dal volume di Paolo Desana "La via del Lager" (scritti inediti sull'internamento e la deportazione):

 

"Si poteva anche uscire dal reticolato con il corpo, non per evasione ma per liberazione, ma l'anima restava impigliata nel filo spinato dell'ultimo cancello. I reduci, accolti al loro rimpatrio con indifferenza e fastidio dai compatrioti di tutte le fedi ed esperienze politiche, amiche, ostili o indifferenti, si illusero di rimuovere il Lager della memoria e si chiusero nel silenzio né, gli altri, si interessarono di interrogarli. Pochi (...) si batterono per "uscire" psicologicamente dal "filo spinato": "ricordare per non dimenticare e per perdonare", "ricordare perché ciò che è stato non si ripeta", sono i motti irrinunciabili, anche se vani, dei testimoni dei Lager.

"La colpa dei prigionieri è di non essere morti": lo esternò nel 1897 un nostro Ministro al rimpatrio degli ex prigionieri italiani di Adua ed altri, più tardi, lo pensarono per quelli di Caporetto, (...); lo pensava anche Stalin dei propri ed altrui prigionieri e si comportò di conseguenza. La "storia rimossa" fu constatata con amarezza da storici e saggisti (...), ma gli internati sono stati del tutto ignorati. Come se un volontariato di massa dei Lager, di oltre 600.000 soldati con forse 50.000 caduti, che hanno anteposto per onore e dignità la Patria alla Famiglia coinvolgendo nell'angoscia altri 7 o 10 milioni di italiani, fosse un particolare del tutto "irrilevante". In verità vinti e vincitori sono usi a stendere un velo di omertà sui prigionieri, testimoni imbarazzanti di patrie vergogne. Ma i nostri internati militari in Germania non erano vinti ma volontari. I veri perdenti si trovavano, in Italia e in Germania, fuori dei Lager!"


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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria