Intervento al convegno sul documentario del 27 Settembre 2008

Grazie dell'invito e grazie per il vostro sforzo di condurre un approfondimento sul tema del documentario che è un tema sempre molto “scabroso”.
Vi dico questo perché in uno dei miei esami all'università, mi capitò di scontrarmi, - ovviamente riportando perdite e una mezza sconfitta a casa - con il mio insegnante, il professor Gianni Rondolino, che mi chiese una cosa determinante per ogni documentarista: “se tu hai la cinepresa sulle spalle e ti trovi, per esempio, sul ponte della Gran Madre e c'è una persona che si vuole buttare giù, cosa fai? Continui a filmare o lo convinci a non buttarsi?” Questa è proprio la questione nodale di ogni documentarista.
In effetti il documentarista è colui che filma la realtà cosi com'è, senza influenzarla. L'unica capacità che ha di influenzare quella realtà è il suo punto di vista. Se interviene, modifica la realtà, se poi la filma, riplasmandola con il montaggio, rischia di passare dal documentario alla finzione.
Non so se servono questi brani di discussione, però io avevo tentato di rispondere a modo mio facendo prevalere la persona rispetto al tecnico: l'avrei salvato, avrei tentato di evitare che lui si buttasse.
Avrei dunque fatto una brutta azione da documentarista, perché mi sarei sottratto alla realtà interessante che invece avrei potuto filmare. Avrei sostituito quell'interessante realtà - cinismo a parte della realtà - con la fotografia dell'esistente, che però non avrebbe più avuto grande interesse dal punto di vista documentaristico.
Il lavoro del documentarista è dunque un lavoro di forte discrimine, di forte scelta, filosoficamente più impegnativo di quello eminentemente filmico. Nel film prevale la finzione, si ricostruiscono elementi di realtà, sequenze di realtà che sono il racconto virtuale di una realtà tendenzialmente prodotto della fantasia. Sono una fiction sulla fiction. Sono diversi livelli di finzione. Nel documentario bisogna regredire rispetto a questo, perché il punto di riferimento è la realtà che io voglio raccontare. Ciò è molto più simile all'essenza del racconto, di quanto sia il lungometraggio o il film di finzione.
Il documentario è da sempre prodotto considerato minore nella cinematografia, in quanto di minor popolarità, di minore passione, di minore emozione, di minore costo ed è stato ingiustamente relegato ad una dimensione anche filosoficamente valutabile come minore.
In realtà, il concetto è completamente diverso: è maggiore l'impegno filosofico e sintattico che si deve mettere nel documentario rispetto al film di finzione ed ai lungometraggi dell'entertainment.
Quindi nel momento in cui voi vi occupate di documentari, delle nuove dimensioni del documentario, io ritengo facciate non solo cosa graditissima alla comunità della cultura, ma portiate, un considerevole aiuto a questo tentativo di sottrarre dall'angolo il documentario in termini di densità di fruizione. Del resto il cinema inizia più col documentario, che con la finzione: inizia più con Lumiere che filma la realtà, piuttosto che con Milieu che la trasforma attraverso effetti speciali.
Ringrazio l'Assessore Paolo Bonadeo e Claudio Braggio che ovviamente ha passione da vendere sull'argomento e ci porta tutti gli anni a stornare l'attenzione dalle cose della Pubblica Amministrazione verso un mondo estremamente emozionante e suggestivo, che riguardano la rappresentazione della realtà e la sua connessione alla fantasia.
Io ritengo che dovremo stare molto attenti alle risultanze dei vostri lavori, che poi presuppongo siano anche risultanze delle vostre passioni, del vostro cuore, delle vostre intelligenze e dei vostri sentimenti.
Buon lavoro a tutti.

Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria